Avezzano. Il Centro abruzzese dell’Accademia di Storia dell’Arte sanitaria, con origini romane ma ramificazioni in tutta Italia, ieri mattina, ad Avezzano, ha inaugurato il primo anno accademico. È stato il sindaco della città, Giovanni Di Pangrazio, a rivolgere per primo il saluto ai presenti. Lo scorso anno, il professor Ferdinando Di Orio divenne direttore del Centro abruzzese e diede ufficialmente il via ai lavori dell’Assemblea Costitutiva di questa realtà, che si è occupata nel corso della diffusione e della promozione degli studi storici dell’arte sanitaria abruzzese, in tutti i suoi aspetti e rapporti. “Ci fa immenso piacere che questa istituzione – ha commentato Di Pangrazio – abbia scelto il capoluogo della Marsica per illustrare pubblicamente il suo primo anno di vita. Avezzano è sensibile nei confronti di queste iniziative.
Il professor Di Orio non è solo uno studioso illuminato, ma è anche un amico della nostra città: ci conosciamo da tempo e con la sua associazione “Veronica Gaia Di Orio”, da quattro anni opera nei nostri uffici comunali di via Treves per aiutare i giovani in situazioni di fragilità col primo Centro di ascolto della Regione”. L’inaugurazione dell’anno accademico è avvenuta all’interno del Palazzo municipale, nella nuova sala multimediale, alla presenza anche del consigliere regionale Massimo Verrecchia, che ha portato il saluto della Regione Abruzzo che ha ringraziato Di Orio per il suo impegno.
Da un lato, quindi, l’approfondimento del patrimonio culturale sanitario dell’Abruzzo e, dall’altro, la costruzione di una preziosa rete di interscambi tra esperti e professionisti sanitari di diverse provenienze, con background conquistati nelle Università e negli Ospedali: questa è l’anima dell’Accademia. Ha affermato il professor Di Orio: “A Roma esiste la più antica Accademia medica d’Italia, che ha sede presso L’Ospedale Santo Spirito in Sassia. Qui, spalanca le sue porte alla società contemporanea il Museo Storico Nazionale dell’Arte Sanitaria, uno dei più importanti a livello nazionale, edificato nel 1920, che annovera fra i suoi reperti, unici al mondo, anche il tavolo sul quale è stata eseguita l’autopsia di Mameli. L’attivazione del Centro accademico abruzzese è stata una pratica complessa e di non facile successo. – ha continuato il professore – Dopo una lunga battaglia durata due anni e mezzo, noi ci siamo riusciti. Nel corso di questo anno, io ho sollevato riflessioni importanti, che hanno goduto anche di una eco nazionale, come quella relativa all’esistenza, ancor oggi, di malattie eponimiche, legate alle efferatezze condotte dai medici nazisti sulle cavie umane dei campi di sterminio. Si tratta di malattie note col nome di chi le ha scoperte, il cui percorso medico-scientifico però non è stato deontologicamente corretto. I medici nazisti, ad esempio, hanno utilizzato il materiale umano dei campi di concentramento per le loro indicibili sperimentazioni. Ebbene, quei nomi vanno cancellati”.
Lo scopo del Centro è anche quello di alimentare il dibattito sull’arte sanitaria regionale, disegnando linee cronologiche e orizzonti futuri. “Ieri ad Avezzano abbiamo spiegato il caso della brucellosi nel Medioevo, – ha concluso l’accademico – ovvero di una malattia batterica che colpisce bovini, suini, ovini e caprini e che divenne una vera e propria piaga per l’uomo nel 1200. I suoi segni sono ben visibili, infatti, sui cadaveri del Medioevo”. Hanno partecipato all’evento, anche il vicepresidente dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria, professor Pier Paolo Visentin e il professor Luca Ventura, dirigente medico di Anatomia patologica presso il San Salvatore dell’Aquila.