Avezzano. E’ stato condannato a dieci anni di reclusione per il tentato omicidio della moglie con un colpo di taglierino alla gola e poi con una coltellata verso il cuore pugnalata alle spalle con un coltello a serramanico. Si tratta dell’architetto Carlo Scoccia, 71 anni, ex marito della donna, Adalgisa Patriarca.
La condanna è arrivata in tarda serata ed è allineata con quanto chiesto dal procuratore Andrea Padalino, cioè dieci anni di reclusione. Il movente, secondo quanto emerso dalle indagini, era legato a questioni passionali riguardanti il rifiuto della ex a riconciliarsi con lui. E’ stata esclusa dal collegio del tribunale di Avezzano, composto dal presidente Zaira Secchi e dai giudici Maurizio Sacco e Marianna Minotti, l’aggravante della premeditazione. E’ stato inoltre condannato a una provvisionale di 80mila euro.
I fatti risalgono alla sera del 13 gennaio. La moglie lavora all’Ufficio del registro di Avezzano. Fu proprio fuori a un’uscita secondaria che l’uomo decise di attenderla, a pochi passi dal comando della Guardia di Finanza.
Le disse che doveva solo parlarle e invece l’epilogo fu drammatico. Lei probabilmente non aveva intuito il pericolo. Aveva salutato i colleghi e timbrato regolarmente il cartellino. All’uscita c’era il marito e avrebbero cominciato a parlare. Poco dopo sarebbe scoppiata una ennesima discussione. Secondo il racconto di alcuni testimoni, le tensioni nella coppia erano frequenti ma nessuno avrebbe immaginato che si sarebbe arrivati a tanto.
Quel pomeriggio Scoccia, accecato dalla rabbia, estrasse il taglierino e colpì la moglie senza darle il tempo di reagire. Subito dopo la raggiunse con un fendente alla schiena, vicino al cuore. Subito dopo si allontanò ritenendo che la moglie fosse oramai agonizzante. In soccorso della donna intervenne una persona. La donna fu subito soccorsa da un infermiere in pensione che si trovava nei paraggi. Un aiuto tempestivo che probabilmente le salvò la vita.
Subito dopo l’architetto avezzanese andò a costituirsi in commissariato dove fu arrestato. Lui nell’ultimo periodo, prima del ferimento, dopo la separazione, sembra fosse molto scosso.
Non si era rassegnato a perdere la moglie. I due infatti erano separati da un mese e forse proprio la sofferenza dell’uomo lo aveva portato a compiere un gesto disperato. “Senza mezzi termini, orientamento decisamente colpevolista”, ha commentato la sentenza l’avvocato Roberto Verdecchia, difensore dell’imputato, “sarà l’appello a ristabilire la realtà processuale della vicenda protrattasi per dodici anni e qualche mese”. La parte civile era rappresentata dall’avvocato Franco Colucci.