Celano. In merito all’approvazione dell’emendamento che non impone più ai Comuni di dover cedere le reti dell’acqua al servizio idrico integrato e gli permette di poter cedere le reti a società miste pubblico-privato, con un comunicato stampa, Gianvincenzo Sforza – portavoce del comitato cittadino “A tutela di Celano – Acqua nostra” – interviene sulla materia: “Quanto contano i ventisei milioni di italiani che nel lontano giugno del 2011 votarono “sì” ai due referendum sull’acqua pubblica? Poco o niente. Il Parlamento sta per votare una nuova legge che contiene l’emendamento con il quale, la commissione parlamentare ambiente della Camera, stabilisce che la gestione dell’acqua potrà essere fatta anche dai privati o da società pubblico-privato. Da pochi giorni questa è non solo la realtà, ma anche la risposta ufficiale del Governo Renzi: la gestione dei servizi idrici non deve essere pubblica, ma di mercato. Ciò vuol dire che con l’abolizione della volontà popolare tutto torna in discussione. Innanzitutto va detto che la legge che si sta approvando contiene il principio espresso in questi anni anche dal comitato “Acqua nostra” che l’acqua è un “diritto umano” e, come tale, garantisce a tutti una fornitura minima di cinquanta litri al giorno pagata, se serve, dalla fiscalità generale. Il cuore del ddl è l’articolo 6 che ora prescrive l’affidamento del servizio idrico solo a enti di diritto pubblico pienamente controllati dallo Stato o dai Comuni associati (come è il Cam e cioè: niente spa pubblico-privato). Il problema è che la legge, ora che si comincia a votare in commissione ambiente per portarla in aula, a qualcuno non va più bene: martedì 8 marzo i resoconti di Montecitorio danno conto dell’esistenza di due emendamenti di Enrico Borghi e Piergiorgio Carrescia (deputati Pd come gli altri firmatari) che chiedono di “sopprimere” l’articolo 6, cioè il cuore della legge. Il 9 marzo, poi, il relatore Massimiliano Manfredi (Pd) “esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Borghi e Carrescia”. Qualche giorno fa la sottosegretaria Silvia Velo, a nome del Governo, “concorda” e approva l’emendamento. L’esecutivo, insomma, cancella l’articolo centrale della legge, quello che invera la volontà di ventisei milioni di italiani (oltre la metà degli aventi diritto). Per noi celanesi cosa cambia? Questa volta da un fatto negativo si potrebbe arrivare a uno positivo. Pur nella condivisione che l’acqua deve essere gestita da strutture pubbliche, non si può non sottolineare che la gestione affidata al Cam (ente pubblico) è stata fallimentare e continua ad esserlo almeno per una buona parte dei celanesi. Con l’abolizione dell’articolo 6, paradossalmente, il Comune di Celano non avrà più l’obbligo di rimanere nell’Ato e può dar vita a una società pubblico-privato che torni a gestire le proprie reti senza essere obbligato a sottostare al Cam. Così facendo i celanesi torneranno, lo prevede la nuova legge in approvazione con l’emendamento approvato in commissione, a poter gestire in una propria società la propria acqua. Ora più che mai è auspicabile che il Comune, attraverso il sindaco Santilli, si prepari all’evento e che l’onorevole Piccone si impegni in Parlamento a costituire un gruppo che faccia sì che la legge venga approvata e, speriamo, che questa volta sia la volta buona per liberarci di carrozzoni inutili e costosi”.