Avezzano. A chi darò quest’anno il mio 8 per mille? Se lo è chiesto don Claide Berardi, parroco della cattedrale e docente di religione. La sua riflessione, postata su Fabebook, ha innescato una discussione tra i marsicani che hanno voluto dire la loro rispondendo alla provocazione del sacerdote. Il punto, infatti, è che don Claide si interroga sulle figure professionali all’interno della Chiesa che vengono retribuite per il loro lavoro. Se il parroco della cattedrale ha, però, qualche dubbio sulla retribuzione di chi opera nel mondo del volontariato, i suoi “amici” virtuali invece ritengono che c’è ancora chi può fare la carità senza essere pagato.
“Sono nato da persone semplici”, ha scritto don Claide nel suo post su Facebook, “educato con il buon senso della saggezza popolare, senza grandi analisi psicologiche o fini progetti pedagogici. “Chi dice male del suo convento non è buon frate”, “i panni sporchi si lavano in casa”. A queste regole banalmente mi sono sempre conformato, anche nei miei rapporti dentro la “famiglia” Chiesa. Per indole non sono un caudatario, ho sempre espresso con franchezza il mio giudizio, con tutti, soprattutto con i superiori, sempre però “intra moenia”. Ci sono tempi in cui l’amore ci costringe tuttavia a parlare e ci impedisce di chiudere gli occhi e far finta di non vedere. Da qualche tempo, anche nella Chiesa, è comparsa una nuova figura professionale; qualcuno che, con un brutto neologismo, potremmo definire un “efficientatore” della Carità. Uno che sa di strategie più appropriate, di strutture più idonee a rispondere al semplice precetto evangelico di fratellanza con tutti. È chiaro: le figure professionali vanno retribuite, assunte, valorizzate anche dal punto di vista economico, chiaramente con risorse che, forse, a chi ha bisogno, farebbero comodo. Alla obiezione di chi ritiene che la Carità sia per sua natura realtà gratuita, è triste sentirsi rispondere: “Altrimenti non c’è nessuno che lo fa”. È l’ammissione del fallimento pieno di tutta la nostra azione pastorale. Lo dico con dolore; dopo trent’anni mi porrò il problema di coscienza: a chi destinare l’8×1000 della mia dichiarazione dei redditi”.