Celano. “Non è mai riuscito a capire come abbia contratto il virus. Non lo abbiamo capito nemmeno noi. Se n’è andato a pochi giorni da quell’ultimo accesso su whatsapp, dove ci annunciava che lo avevano intubato e che lo stavano trasferendo a Giulianova. Mio padre è morto, mia madre ha vissuto il dolore immenso, sola, in casa, in quarantena. Senza poterlo salutare, come noi tutti. C’è ancora chi non crede a quanto sia letale questo virus? Io tutto quello che abbiamo passato e che ancora stiamo passando non lo auguro a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico. A nessuno”.
Emilio è il figlio di Claudio Gigante Colaprete, l’autotrasportatore di Celano, morto a 69 anni per le complicazioni derivategli dalla contrazione del covid19. Il suo messaggio, a pochi giorni dalla scomparsa del padre, è chiaro: “Il virus non va sottovalutato, bisogna stare attenti”.
Gigante Colaprete aveva lavorato alla Kromoss di Celano, poi alla Hydro, era un autotrasportatore. Era un motociclista, amava i motori, una passione che poi aveva passato anche al figlio. Sapeva lavorare sui motori e anche con il ferro e il legno. Non stava fermo un attimo.
“Spesso in questi mesi ho sentito parlare di malasanità e ho letto tante cose in merito. Io mi sento invece di ringraziare le persone che hanno tentato in tutti i modi di salvare nostro padre”, racconta Emilio Gigante, “ha scoperto di essere positivo dopo essersi sottoposto a uno screening organizzato dal Comune di Celano. Anche mia madre fece il tampone ma in quell’occasione risultò negativa. Dopo qualche giorno è risultata positiva anche lei. Insieme a mia sorella e alla famiglia abbiamo sempre frequentato la domenica la casa dei nostri genitori insieme ai bambini. Da qualche tempo non lo facciamo più. Proprio per proteggerli. Per questo noi non siamo stati contagiati. Nonostante tutto abbiamo scelto di non andare a lavorare, di metterci in quarantena e di isolarci da tutto. È un atto che si fa per rispetto della comunità in cui si vive”.
“Quando si è sentito poco bene, mio padre è stato portato in ospedale ad Avezzano. Non c’era posto. È stato trasferito a Teramo. Lì un medico, quando gli ho chiesto che possibilità ci fossero che si salvasse mi disse: ‘Ci vorrebbe un miracolo’. Allora ho iniziato a percepire che stava tanto male. Aveva con sé il telefono. Abbiamo chattato fino a quel martedì in cui mi scrisse: ‘Mi stanno intubando, mi portano a Giulianova’. Sono state le ultime parole di mio padre, è stato l’ultimo accesso su whatsapp. Mio padre mi ha lasciato così. Questo è il covid. Questa è la tristezza, il dolore in cui ti getta. L’impotenza in cui ti fa vivere”, aggiunge, “e poi lo sconforto di mia madre, a casa, che non ha potuto vivere il lutto del marito nemmeno salutandolo per un’ultima volta. Ho apprezzato la sincerità dei medici che ho incontrato e la disponibilità di tutti gli operatori sanitari, da Avezzano, fino a Teramo e Giulianova. Ringrazio tutti. Il mio ringraziamneto più grande va al medico di Celano, Marco Di Renzo. È restato al fianco della mia famiglia ogni minuto. Ci ha dato confortato, ci ha spiegato come fare. Siamo stati anche chiamati dagli psicologi dell’ospedale. Le parole del nostro medico Di Renzo non le dimenticherò mai e vorrei che fossero un monito anche per le persone che ancora assumono comportamenti sbagliati nei confronti della possibilità del contagio: ‘Sì il vaccino aiuta, poi va ripetuto, ci sono medicine che aiutano ma l’unico modo per resistere al covid è non farsi contagiare. La migliore cura è la prevenzione'”.
“Non sapremo mai se mio padre è rimasto contagiato alle Poste, al bancomat o facendo un’altra banale e scontata commissione. Non lo capiremo mai ma oggi abbiamo tutti gli strumenti per prevenire i contagi, bisogna stare attenti. Un dolore così grande non dovrebbe mai viverlo nessuno”, conclude.
Claudio Gigante Colaprete lascia la moglie Enia, i figli Emilio e Maria Pasqua e i nipoti.