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Quote di Alba d’oro dissequestrate in Appello, confiscato solo un bonifico emesso da Lapis

Redazione Cronaca di Redazione Cronaca
7 Maggio 2015
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Tagliacozzo. Le quote della società Alba d’oro sono state dissequestrate. La Corte d’appello dell’Aquila, infatti, dopo una serie di ricorsi e controricorsi riguardo alla confisca dei beni che fanno capo alla società tagliacozzana, ha deciso di mantenere la confisca solo per un milione 610mila euro, un bonifico emesso dalla holding Sirco, società siciliana che secondo le accuse era controllata da Ciancimino tramite Gianni Lapis, amministratore del patrimonio della famiglia dell’ex sindaco colluso con la mafia. Nella vicenda sono indagati l’ex assessore di Tagliacozzo ed imprenditore Nino Zangari, i fratelli Augusto e Achille Ricci con l’accusa di aver utilizzato quella parte del tesoro del boss corleonese Vito Ciancimino per la realizzazione del complesso turistico “La Contea”. Contea Tagliacozzo, Alba d'OroIl nuovo provvedimento, però, rappresenta una svolta importante nella vicenda perché lascia sotto confisca soltanto i fondi investiti da Lapis e svincola i fondi dei marsicani. L’indagine aveva portato inizialmente al sequestro preventivo di tutte le quote societarie e del complesso turistico “La Contea”, per un totale di due milioni e mezzo di euro. La Procura aveva chiesto di confiscare il patrimonio delle persone coinvolte nell’inchiesta e in particolare di Zangari, dei fratelli Ricci, ma anche di Dante Di Marco, di Carsoli. L’indagine era partita dalla Procura di Avezzano. L’operazione era stata poi eseguita, nel 2006, dai finanzieri del Gico. La confisca era fondata sui legami individuati tra i tre marsicani e gli altri soggetti investitori di cui era stata accertata in sede penale l’appartenenza ad associazioni di stampo mafioso. Tutto ruota attorno a un versamento da un milione 610mila euro a favore di Alba d’Oro che, secondo l’accusa, non aveva alcuna causale ed era stato omesso dalla situazione contabile. Secondo l’accusa non erano noti i dettagli dell’accordo tra gli imprenditori marsicani e gli investitori siciliani. Questo farebbe presupporre che gli imprenditori avrebbero “agevolato un’associazione di stampo mafioso”. Tutto da dimostrare in sede penale. Per quanto riguarda il sequestro, però, non è importante il fatto che non ci siano prove del fatto che gli imprenditori marsicani siano concorrenti esterni in associazione mafiosa e che non ci sia la certezza che i soldi investi dalla Sirco appartengano all’organizzazione mafiosa. Ciò che conta è che, l’attività di reimpiego di quei fondi, per il giudice è indiscutibile, e proprio ciò legittimerebbe la confisca. In sostanza non occorre un nesso causale tra la provenienza illecita dei fondi e un’attività illecita dei marsicani. Per questo la confisca è stata confermata, ma solo ai fondi investiti da Lapis e non a quelli degli imprenditori marsicani. E quindi la sentenza è stata parzialmente riformata. Lo stesso provvedimento è stato adottato anche per le quote della Marsica plastica srl, appartenente ad Achille Ricci. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Andrea Castaldo (foro di Napoli) e Daniele Livreri (foro di Palermo) per i fratelli Ricci, e Pasquale Milo per Nino Zangari. In relazione alla posizione di Dante Di Marco, il suo legale afferma che Angelo Colagrande conferma la totale estraneità ai fatti.

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