Gioia dei Marsi. Non si placa la polemica tra il Parco e Confagricoltura sulla tubercolosi che lo scorso anno uccise un orso. “Leggo una presa di posizione di Confagricoltura nella quale si chiede all’assessore Regionale all’Agricoltura, Dino Pepe, un tavolo di confronto”, ha spiegato il presidente del Parco Antonio Carrara, “dichiarando la propria disponibilità a fare gioco di squadra per affrontare il problema della TBC, che danneggia tutti, affinché “la vicenda venga ricondotta nelle righe di un confronto civile dove ognuno si assuma le proprie responsabilità traendone le dovute conseguenze”. I propositi sono senz’altro buoni e condivisibili, ma per essere veri bisogna partire dai dati di fatto e non dalle strumentalizzazioni dei dati stessi o da singolari teorie. I dati del progetto life arctos non dicono, come afferma Blasetti, che la tubercolosi era ampiamente diffusa tra i selvatici. Dove l’ha letto? I documenti del life dicono altro. Sulla base dei dati disponibili, peraltro frammentari e casuali, è stato verificato che tra i selvatici in più occasioni si è riscontrata la presenza di micobatteri. La presenza di micobatteri non significa TBC anche perché di micobatteri ne esistono molti e parecchi sono apatogeni. A parte l’Orsa deceduta nel marzo scorso, fino ad oggi, sulla fauna selvatica morta e recuperata non è stato mai isolato l’agente della Tubercolosi. Confagricoltura chiede di conoscere per quali motivi nel 2012 è stato omesso di denunciare la presenza di animali infetti. Non sono stati denunciati perché nessuno ha accertato la presenza di animali infetti. I dati dello studio sono stati diffusi e resi pubblici e sono da sempre consultabili sul sito di arctos: non si trattava di analisi sul campo ma di uno studio relativo ad anni precedenti su dati disponibili. Tutte le analisi sulla fauna selvatica che il Parco ritiene utili e necessarie sono sempre fatte da istituti pubblici, quindi nessuno può nascondere nulla. Gli studi fatti sul monitoraggio sanitario non sono stati fatti da “ambientalisti” ma da professionisti incaricati dalla Regione Abruzzo, cui faceva carico la realizzazione di quella specifica attività del progetto. La teoria secondo la quale ci sia stato un disegno per danneggiare gli allevatori è davvero singolare e fantasiosa. Come si vede, è basata su presupposti del tutto inesistenti ed è del tutto illogica. Per ricondurre la discussione su un giusto binario di confronto civile e produttivo sarebbe utile che parlassimo degli allevamenti che vengono condotti senza avere una stalla, con pascolo brado e incontrollato tutto l’anno, dove è difficile fare i controlli sanitari e tenere sotto controllo focolai di TBC quando questi emergono. Se a questo vogliamo aggiungere la necessità di un monitoraggio sanitario in linea con le esigenze di tutela dell’orso marsicano che coinvolga le popolazioni di selvatici, non solo siamo d’accordo, ma lo auspichiamo. In tanti impegnati a criticare il progetto life e nessuno che si sia accorto che le linee guida proposte andavano esattamente in questa direzione.