Luco. Un fiume di ragazzi ha invaso la piazza del paese e riempito la chiesa di San Giovanni. Ai funerali di Emilio Bisciardi, il giovane di Luco morto a 22 anni in un incidente avvenuto nel Fucino, oggi pomeriggio c’erano soprattutto giovani. Si sono stretti attorno al padre Sandro, alla madre e alla sorella Tilde, tornata in tutta fretta non appena saputo dell’incidente da Perugia dove studia all’università. Erano distrutti dal dolore e in silenzio guardavano quella bara coperta di fiori dove riposa il loro Emilio. Con gli occhi velati dalle lacrime, stretti, l’uno all’altro, gli amici hanno voluto abbracciare ancora una volta simbolicamente il loro fratello con la sua canzone preferita, “Decenni” di Amedeo Minghi, diffusa all’uscita della chiesa. Hanno voluto ricordare che il tempo scorre inesorabilmente e non ci lascia scampo, ma proprio per questo è bello ripensare ai tempi passati con le persone a cui teniamo, alla propria vita passata. E proprio per questo si può guardare con gioia e con un sorriso agli anni andati, perché “il tempo li fa belli”. Da dietro gli occhiali scuri, durante la canzone, scendevano delle lacrime di dolore per avere perso troppo presto un caro amico. Da quando venerdì mattina hanno saputo dell’incidente i ragazzi di Luco, classe 1990, 91 e 92, sono rimasti uniti e insieme hanno deciso ieri di appendere fuori dalla chiesa di San Giovanni un cartello con le foto di Emilio e un passo di “Canzone per un’amica”, celebre brano di Francesco Guccini dedicata a una ragazza morta in un incidente stradale. “Vogliamo però ricordarti come eri, pensare che ancora vivi. Vogliamo pensare che ancora ci ascolti, che come allora sorridi”.
In chiesa hanno letto la poesia di Henry Scott Holland, “La morte non è niente”, perché vogliono sentirsi ancora uniti al loro amico, anche se non è più qui.
“Sono solamente passato dall’altra parte:
è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente,
solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:
il tuo sorriso è la mia pace”.