Capistrello. L’ex senatore del Pd rompe il silenzio e affida alle pagine dei social network una sua spiegazione fiume nella quale racconta la sua verità dei fatti sulla vicenda giudiziaria che l’ha visto coinvolto come tesoriere della Margherita. “Eccomi a Voi, pubblicamente, perché il silenzio non aiuta a capire. Nei giorni scorsi la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale del Lazio, ha reso pubblica un’attesa sentenza a mio carico. L’ho letta attentamente ma dubito che altri l’abbiano fatto. Dunque la unisco in calce a questo mio lungo post. Sui giornali del 31 dicembre e sul web qualche “velina” ha scritto di “ruberie dal 2002” quando i fatti oggetto di contestazione sono dal giugno 2007 all’ottobre 2010. Sempre qualche “velina” ha diffuso la pseudonotizia secondo la quale avrei portato milioni all’estero, “scudati” i quali sarebbero tornati in Italia per fare acquisti immobiliari. Niente di tutto ciò è vero poiché tutto è ancora tracciabile (bonifici bancari e assegni), visto che tutto quel che mi riguarda è avvenuto nel territorio italiano. L’illusione di trovare presunti “fondi neri” all’estero – come già scrissi in un mio precedente post a seguito di un fantasioso articolo di giornale, poi smentito anche su queste pagine – non ha avuto alcun seguito. Serviva solo a far gridare “all’untore” visto che sul web, in questi casi, purtroppo si ha facile ascolto. Dire assurdità e calunnie sapendo di non essere perseguiti è facile. Avere il coraggio di dire la verità rischiando di essere perseguiti è un po’ più complicato. Mi permetto, allora, di offrire – ad uso e consumo del lettore ma soprattutto delle persone che hanno il diritto di sapere – una sintesi. Innanzi tutto alcuni elementi, per così dire, di carattere meta-giuridico. Il Collegio della Corte dei Conti aveva deciso, già il 28 novembre 2013, sia la mia condanna sia l’estromissione dalla Margherita di Rutelli dal processo contabile: gli avvocati della Margherita, infatti, in quella sede vennero costretti a fare le borse e lasciare l’Aula perché giudicati estranei al processo, soprattutto perché pretendevano che la restituzione dei beni gestiti dal tesoriere – avvenisse in favore del partito e non dello Stato. Il Presidente del collegio giudicante lesse ad alta voce l’ordinanza di estromissione e li fece uscire immediatamente. Gli avvocati di Rutelli e della Margherita (ad esempio Titta Madia, per chiarezza), che ora parlano ai giornali di peggioramento della mia condizione nel processo penale e di ricerca dei predetti beni oltre oceano (dove la magistratura penale non li ha trovati perché non ci sono), quegli stessi che dicevano solennemente di voler recuperare il maltolto – per restituirlo allo Stato – invece di aderire alla richiesta della Corte si erano, a contrario, ivi costituiti per contrastare la Corte dei Conti affermando che tutto andava restituito al partito ma non allo Stato. Un maldestro gioco delle parti per occultare il vero scopo dell’ambiguo e contraddittorio comportamento tenuto fino ad ora. Innanzi tutto, esattamente il contrario di quanto affermavano Rutelli&Co da 2 anni e che ora ripetono, leggendo veline scritte da fantomatici uffici stampa della Margherita – pagati con parte dei 20 milioni di euro che lasciai nelle casse della Margherita il 17/1/2012, giorno delle mie dimissioni dopo il primo interrogatorio con i PM di Roma – divulgando i comunicati stampa dei Liquidatori della Margherita che invece di “liquidare” appunto un partito defunto dal 27 ottobre 2007 (nascita del PD), continuano a spendere parte dei milioni di euro di soldi pubblici – così dice la stessa Corte, evidentemente non potendo valere solo per me ma per chiunque li spenda o li abbia spesi – rimasti nelle casse per fare la guerra a me: in tal modo pagando non solo 3 liquidatori, 3 garanti e 6 avvocati ma persino uno stuolo di consulenti e società di revisione, nonché personale di segreteria, anche per confabulare con qualche giornalista compiacente (non troppi, grazie a Dio e alla categoria, ma riconoscibili dalla veemenza con la quale affrontano l’argomento, totalmente privi di discernimento proprio). Cosicché, infine, viene addirittura tenuto in vita un ufficio stampa della Margherita, appunto “in liquidazione” e qualcuno, un giorno, dovrà pur spiegare a cosa serva un ufficio stampa pagato con i soldi pubblici di un partito in liquidazione….. da anni essendo scomparso dalla scena politica da più di 6 anni!
Tornando alla Corte dei Conti, il Collegio, nell’udienza del 28 novembre scorso, non aveva ancora deciso come superare il diverso orientamento espresso dagli stessi Giudici nell’udienza del 6 giugno 2013 rispetto al Procuratore regionale. In quella sede, infatti, il Collegio della Corte dei Conti, presieduto dallo stesso Presidente, anche Relatore della sentenza di cui si discute, decise di accogliere l’istanza ex art. 186 bis cpc che avevo presentato e sottoscritto il 17/5/2013 su richiesta di due Vice Procuratori generali della Corte formulatami nel febbraio 2013.
In quell’udienza del 6 giugno 2013, con il parere contrario del Capo della Procura regionale della Corte dei Conti che nel frattempo aveva avocato a se il fascicolo – togliendolo ai due Vice Procuratori generali proprio pochi giorni prima dell’udienza del 6 giugno – la Corte decise di accogliere l’istanza da me presentata con la quale si prevedeva che il destinatario dei beni da restituire fosse lo Stato e non la Margherita. Tali beni erano già stati tutti sequestrati, prima dalla Procura penale il 17/2/2012 e l’8/3/2012 e poi dalla Procura presso la Corte dei Conti il 30/5/2013: pertanto, da molto tempo, nella mia totale indisponibilità, cosa che pochi sanno pur fingendo non ricordarsene.
A questo punto il Ministero dell’Economia e delle Finanze sollevò il problema di non poter dare esecuzione alla decisione della Corte dei Conti, adottata con ordinanza 173/2013 nell’udienza del 6/6/2013 e resa pubblica il 12/6/2013. Ovviamente il MEF ha messo nero su bianco, di fronte alla Corte, spiegazioni burocratiche e di alto diritto ma non troverete mai le nostre risposte (nemmeno in sentenza), altrettanto disponibili a semplice richiesta di chiunque volesse leggerle.
Era evidente, del resto, che la decisione della Corte avrebbe creato un precedente pericolosissimo per la vecchia politica: infatti tutti i patrimoni (immobiliari e non) residui dei partiti non più rappresentati in Parlamento – AN, DS, Udeur, CCD, PPI, DC, PSI, RC, Com It, Verdi, Italia dei Valori – avrebbero potuto essere restituiti allo Stato, a semplice richiesta della Corte dei Conti. Soldi e patrimoni immobiliari di grande rilievo, accumulati nel silenzio generale e con la testa voltata dall’altra parte di chi doveva guardare e decideva di non vedere.
A questo punto il Collegio giudicante – che nell’udienza del 28/11/2013 aveva definitivamente appunto estromesso la Margherita dal processo contabile, nel quale si erano costituiti per dire che il “maltolto” doveva tornare a loro e non allo Stato – probabilmente non voleva correre il rischio di apparire in qualche modo indulgente nei confronti del sottoscritto e così ragionando (un film già visto, ahimé!), ha deciso per il “tanto peggio tanto meglio”: condanna del Lusi (attesa), aggravata (non attesa) dal caricargli pure ciò che allo Stato era già stato versato in anticipo, dal 2007 al 2011, a titolo di imposte e tasse (pari a circa 6,3 milioni di euro). Sul punto occorre notare che la pretesa del Procuratore regionale nell’udienza del 6 giugno scorso era stata smentita dal Collegio giudicante di allora (con lo stesso Presidente attuale) che, infatti, gli aveva dato torto accogliendo l’istanza ex art. 186 bis cpc da me presentata, dunque correttamente decurtando la somma da restituire dei predetti 6,3 milioni di euro.
Non c’e’ bisogno che aggiunga molto altro sulla lettura “meta-giuridica”:
– i due Vice Procuratori generali, che nel febbraio 2013 avevano esortato Lusi a scrivere ciò che Lusi ha effettivamente scritto – dare tutto allo Stato, assumersi la responsabilità, la Corte dei Conti si prende tutto e manda un segnale al Paese, declaratoria di cessazione della materia del contendere – ora non sono più titolati ad interessarsene;
– il Collegio della Corte modifica il precedente accoglimento della somma da restituire al netto dei predetti 6,3 milioni di euro e rimette a posto i rapporti col Procuratore capo regionale dandogli un contentino non irrilevante con l’aumento della condanna a Lusi, addirittura ultra vires;
– al Lusi arriva una sberla senza logica e senza misura perché, una volta concluso l’appello, la Corte di Cassazione verrà investita dalla Margherita e/o dai suoi Liquidatori per sostenere che il giudice contabile della Corte dei Conti deve essere considerato estraneo mentre quello civile sarebbe il solo competente in materia di beni. Al momento, tuttavia, i beni sono tutti sequestrati dal Magistrato penale e da quello della Corte dei Conti. Come sarà possibile darli all’uno o all’altro se nessuno dei due li libera? Sembra uno scherzo ma non lo è, purtroppo.
Veniamo ad altre considerazioni.
Il Collegio della Corte dei Conti, ad esempio, non dice chiaramente perché il Lusi va condannato.
Su 27 pagine, la sentenza ne utilizza 24 per motivare:
– la competenza della stessa Corte dei Conti,
– l’estromissione della Margherita,
– il rifiuto di accogliere la questione di legittimità costituzionale irrilevante ai fini del procedimento.
Infine, in 3 pagine compreso il dispositivo, si trovano gli elementi per ghigliottinarmi.
Ora, gli avvocati difensori penalisti depositeranno questa sentenza della Corte dei Conti nel processo penale (il 6 febbraio cominceranno le discussioni finali ed è molto probabile che il 12 febbraio si abbia la lettura del dispositivo della sentenza) chiedendo l’estromissione della parte civile Margherita: la accoglieranno? Qualsiasi cosa avverrà, io non potrò far nulla. In ogni caso, proprio per quello che la Corte dei Conti ha scritto, la Margherita e i suoi liquidatori non hanno diritto a nulla, quindi la Margherita dovrebbe essere estromessa anche dal processo penale: altro che parte civile….
In caso di non accoglimento della richiesta di estromissione della parte civile Margherita, io non sarei, proceduralmente, in grado di fare nulla nella sede penale, se non un appello quando gli effetti della decisione assunta in primo grado comunque decorrerebbero. Ma se così fosse, forse sarebbe meglio rinunciare a difendersi se affidarsi allo Stato – come ho fatto io da due anni a questa parte – significa, di fatto, contribuire ad aggravare le mie responsabilità anziché evidenziarne gli esatti connotati.
Detto ciò, invece, intendo continuare ad affermare la verità dei fatti fino a che il Signore mi darà la forza per farlo, per me e per la mia Famiglia che ha diritto alla dignità e alla verità, quella storica e non solo quella processuale.
Leggendo i commenti sul web e sui giornali, molti sono ancora convinti che io abbia beni al sole o nasconda ciò che ho messo a disposizione dello Stato – sì, dello Stato – dal 2 aprile 2012; beni che rischiano di andare alla malora invece di essere utili per la collettività, da un lato, per le scelte della Procura penale e degli ineffabili Liquidatori della Margherita – i quali non accettano di dissequestrare i beni per consegnarli allo Stato – e, dall’altro, per l’inattività della burocrazia ministeriale inattiva dinanzi all’esecuzione dell’ordinanza 173/2013 e 203/2013. Il segnale che arriva da diverse parti è del tipo “più è peggio per Lusi, più spostiamo l’attenzione da noi”, anche per solleticare la pancia della piazza “dandogli addosso il più possibile, meglio è per tutti”. Non credo più da tempo che la mia volontà di combattere sia sufficiente a rimuovere le tonnellate di fango e di ignominia versati, anche da questa vicenda, sulla sacralità di istituzioni come il Parlamento e la Magistratura. Ormai si tratta di qualcosa che sta molto al di sopra del mio ambito di responsabilità politiche e personali. Certamente ho commesso errori, alcuni di colpevole ingenuità, l’ultimo dei quali è stato il pensare che dicendo tutto senza riserve o reticenze si aprisse uno squarcio di verità, in definitiva funzionale alla riforma delle modalità di finanziamento della politica, con tutto ciò che questo presuppone e comporta di conseguenza. Evidentemente al di là dell’applicazione di leggi, nel nostro Paese evidentemente non sufficienti, questo non interessa a molti che quelle leggi per dovere dovrebbero osservare. E’ anche possibile che non si possa far altro per far emergere tutto quello che veramente è avvenuto ma io continuerò a dire quello che so, nonostante la grande stanchezza e la certezza che qualcuno si impegnerà per farmela pagare in ogni modo. Molti che potrebbero dare un contributo di trasparenza staranno invece muti perché questo è l’ordine ricevuto o la convenienza del momento. Nessuna illusione. Per leggere la sentenza Corte dei Conti, cliccare sul link che segue: https://drive.google.com/file/