di Pietro Guida
E’ morto Romolo Liberale, una delle voci più rappresentative della poesia nella Marsica. Fino all’ultimo minuto ha combattuto sul campo di battaglia, tra i suoi libri e le sue poesie. Si è spento nella sua abitazione di Avezzano, dove viveva con la moglie Mirka, da sempre al suo fianco. Memorabile e commuovente la sua “Ode ai 33 di Capistrello”, dedicata ai martiri della guerra.
Liberale, carattere schietto, intelligenza sottile, sensibilità profonda e spirito libero, durante il periodo dell’occupazione nazista, dopo una breve esperienza da operaio in una officina romana e da contadino nel Fucino, si dedicò totalmente all’attività politico-sindacale, a causa della quale fu ripetutamente arrestato e processato. Spiccò subito la sua attitudine alla scrittura e la sua fine dialettica. Era nato il 1° febbraio 1922 a San Benedetto dei Marsi. Le sue esperienze condizionarono molto la sua poetica capace di trasmettere sensazioni che scavano nell’anima, e di illustrare visioni quasi spirituali e concrete allo stesso tempo. Tra le sue pubblicazioni “Ce vo ne munne gnove” 1952; “Parole all’uomo”, editrice Convivio Letterario, Milano, 1963; “Parabole”, editrice Eirene, 1971. Tra le inedite “Racconti”, “Fucirio mio paese” (liriche). Numerose le liriche composte nella sua sessantennale attività di scrittore e poeta. Lascia i figli Libero e Lionello. L’ultimo saluto si terrà domani alle 17, in via America 60.
La prima volta che lessi una sua poesia ero appena un ragazzino, con la voglia di scrivere e il desiderio di cambiare il mondo solo con gli ideali. Era il 14 settembre e sono passati più di venti anni. Quella poesia, che lui aveva dedicato a un amico che non c’era più, mi straziò ma allo stesso tempo mi fece piangere di gioia. Da allora ho capito qualcosa in più sull’amicizia. Da allora la poesia e le opere di Romolo Liberale sono divenuti una presenza costante nella mia vita e quando scrisse la prefazione del mio romanzo, “Il segreto di Didimo”, la nostra amicizia si consolidò e la mia stima e il mio affetto per lui divennero ancora più profondi.
In realtà per me è come se fosse ancora qui. Ogni volta che andavo a trovarlo a casa, la signora Mirka mi accoglieva con gentilezza e lui mi invitava nel suo studio. Poi mi regalava un suo libro, una sua pubblicazione, una sua opera. Il regalo più prezioso me lo fece quando mi consegnò la pubblicazione del racconto “Ed anche don Severino disse Allah Akbar”, un confronto culturale ed esistenziale tra la fede religiosa, analisi storica e istituzioni ecclesiastiche. Un libro ispirato al nostro amico in comune, il frate francescano padre Enrico Cipollone, una persona speciale che segnò la sua e la mia vita.
La sua poesia ha qualcosa di più perché non solo arriva al cuore, ma parte dal cuore. L’amore per lui era un sentimento alto, al di là del bene e del male (inteso come assenza di bene), per lui la religione era ecumenismo, per lui il prossimo erano tutti. L’amore, per lui, era la parte razionale dell’amore, quella che ti spinge a lottare per gli altri, come aveva fatto per una vita intera. Forse ci dividevano in parte le idee politiche, ma ci univano quelle sull’amore.
Romolo Liberale resterà sempre nel mio cuore, con le sue poesie infinite e con le sue idee di libertà.
Ciao Romolo