Avezzano. Al Teatro dei Marsi, domani sera, domenica 3 febbraio alle 21, va in scena Hedda Gabler, di Henrik Ibsen, per la regia di Antonio Calenda e la produzione del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e Enfi teatro. Imperniato su un carattere non comune di donna moderna, Hedda Gabler avvince gli spettatori per la sua intensa teatralità. Simbolo umano della bellezza e della forza che si corrompono nell’inutilità del loro impeto vano verso la vita, la figura di Hedda si innalza, enigmatica nel suo tormento, al di sopra della piatta realtà che la circonda. Altera e affascinante, intransigente e contraddittoria, Hedda Gabler ` una delle più problematiche e seduttive figure femminili create dal genio di Henrik Iibsen, un autore che, scavando nell’inconscio, racconta attraverso il suo teatro inquietudini di assoluta attualità.
Hedda, la bella figlia del generale Gabler, è una donna inquieta, che consuma la propria esistenza nel contrasto tra una mediocre realtà quotidiana e la soggettiva tensione verso il meraviglioso, da lei vissuto con la drammaticità di una nordica Madame Bovary. In Hedda, scrive Silvio D’Amico, c’è «la malinconia della femmina moderna, che si annoia, dopo di aver intravisto la gioia, la bellezza e perfino il genio nella perversione della sua intimità intellettuale ed estetizzante con il compagno di gioventù, lo scrittore Løvborg, che si compiaceva di confidarle anche i suoi stravizi». Scritta dal norvegese Henrik Ibsen (1828-1906) al culmine della propria attività drammaturgica, nel 1890, Hedda Gabler ha come protagonista un personaggio ricco di sfumature, affascinante per le sue contraddizioni e inesorabilmente votato alla tragedia. Sposata senza amore e per ragioni puramente economiche con il più scialbo dei suoi ammiratori, di ritorno dal viaggio di nozze Hedda torna a incontrare quello che era stato l’uomo dei suoi sogni. Ma Løvborg è molto cambiato, o almeno tale appare a lei che lo aveva idealizzato come un eroe romantico. Alcolista impenitente e assiduo frequentatore di bordelli, Løvborg ha ora ambizioni fondamentalmente borghesi e si compiace di comunicare a Hedda di aver finalmente scritto, grazie alla collaborazione di Thea Elvsted, l’opera che gli permetterà di diventare professore all`università, al posto di suo marito. Insieme delusa e gelosa a causa di questo annuncio, Hedda entra casualmente in possesso del manoscritto che Løvborg, ubriaco, ha una sera perduto e, invece di restituirlo al suo autore, vi costruisce intorno un intrigo romanzesco che inesorabilmente finisce con sfuggirle di mano. Il manoscritto e le pistole che erano appartenute al padre di Hedda diventano così i feticci intorno ai quali ruotano gli avvenimenti della seconda parte del dramma.
E, mentre il primo finisce volontariamente bruciato nella stufa, le armi passano – sotto lo sguardo interessato del viscido giudice Brack – da Hedda a Løvborg per ricomparire tra le mani della protagonista in un finale che ormai non può essere altro che tragico. Un appuntamentoda non perdere per gli appassionati della drammaturgia.