Oricola. “Oggi abbiamo promosso un boicottaggio della Coca Cola perché è assurdo che, a fronte di un lieve calo dell’utile netto, l’azienda decida subito di tagliare e precarizzare i lavoratori”. La denuncia arriva dal segretario provinciale della Flaica Cub Roma, Giancarlo Desiderati, che partecipa al sit-in del sindacato di base di fronte al McDonald’s di Piazza di Spagna-Piazza Mignanelli. La protesta, ancora in corso fino alle ore 15, vede una quarantina di dipendenti dello stabilimento Coca Cola di Oricola (L’Aquila) raccogliere la solidarietà degli addetti dello storico fast food, il più antico della Capitale. I lavoratori in strada stanno distribuendo volantini di sensibilizzazione ai clienti McDonald’s per dissuaderli dal consumo di bollicine americane. “Raccontiamo alla gente che la Coca Cola fa male perché ha un ingrediente nocivo: il lavoro precario”, aggiunge Desiderati. E poi rincara: “Il punto forte di disaccordo con l’azienda riguarda l’esternalizzazione della logistica, ma più in generale è scandaloso che una multinazionale così ricca e potente avvii una campagna di precarizzazione che si fonda solo sulla sete di profitto”. L’impianto di Oricola, l’ultimo rimasto in Abruzzo dopo che altri cinque hanno chiuso i battenti, nell’ultimo anno ha prodotto ben 3 milioni di casse (30 milioni di litri) in più rispetto alla domanda. “E da sempre fa uso consistente, sistematico, continuo di lavoro stagionale, interinale, straordinario, flessibile”, chiosa la Flaica Cub Roma. Desiderati prosegue: “Coca Cola si è insediata in Abruzzo negli anni ’80, ha utilizzato le leggi e i contributi pubblici per impiantare i suoi stabilimenti, ha beneficiato di tutte le agevolazioni fiscali possibili, sfruttando in modo massiccio e praticamente a titolo gratuito le risorse idriche, persino la famosa Acqua Marcia di Roma”. Ora, però, chiude il segretario di Flaica Cub Roma, “è vergognoso e inaccettabile che il colosso di Atlanta getti nell’incertezza i propri lavoratori e le loro famiglie con le procedure di licenziamento che preludono alla creazione di cooperative. Non si tratta di esuberi, ma di esternalizzazioni che precarizzano e avvelenano la vita delle persone, soprattutto in un momento così grave di recessione”.