Avezzano. Quando il “normale” fa male: il limite ignoto della violenza di genere al liceo scientifico di Avezzano.
“Andiamo a giocare insieme.” “Aspetta, voglio una Barbie.” “Dai che dici, andiamo a giocare.” “No aspetta, voglio una Barbie.” “Non puoi, tu hai la macchinina.” “Ma a me piace la Barbie.” “La barbie è solo per le femmine e tu non puoi.” “Allora non voglio giocare.” Pianto. “Dai non fare così, i maschietti non piangono.” e forse, a questo punto, non vogliono più neanche la Barbie.
Lo spettacolo di Teatro Forum “Il limite ignoto”, organizzato dal Centro Anti Violenza Be Free di Avezzano e dalla compagnia teatrale PartecipArte, in collaborazione con le classi quarte del Liceo Vitruvio Pollione, ha affrontato il tema della violenza di genere in modo diretto e partecipativo.
Attraverso una serie di molte e brevi storie, ambientate a scuola, in discoteca e nei luoghi più comuni frequentati dai giovani, gli attori Olivier Malcor e Claudia Signoretti hanno messo in scena episodi di molestia verbale, fisica e psicologica.
“Spesso, queste situazioni erano accompagnate da un silenzio che più si faceva piatto più diventava assordante. Lo stupore però non nasceva da ciò che accadeva davanti ai nostri occhi, quanto più dalla consapevolezza che quelle storie rispecchiavano la realtà ed erano dotate di un terribile tratto familiare”. Ha spiegato Pierpaolo Di Vito, studente della IV E del liceo V. Pollione.
“Episodi a cui assistiamo, che talvolta viviamo e che la società tende a minimizzare, banalizzare o addirittura giustificare. Purtroppo, parlare apertamente di un tema come la violenza di genere è ancora un tabù: continua a essere percepita come un problema lontano, confinato ai casi estremi, quando in realtà è profondamente radicato nella nostra società ed è nutrito anche da piccoli atteggiamenti, gesti ed un linguaggio che riteniamo
insignificanti.
Dopo una prima rappresentazione completa di scene comuni, agli studenti è stato chiesto di analizzare in quali situazioni fosse più urgente intervenire e di costruire una soluzione immaginando un finale diverso della storia. In questo modo lo spettacolo si è trasformato in un vero e proprio laboratorio.
Partecipare non è stato affatto semplice: prendere la parola, esporsi davanti ai propri coetanei e provare a proporre un’alternativa ha fatto emergere imbarazzo e insicurezza. Questo rispecchia quanto nella realtà siamo poco allenati a riconoscere i limiti e prendere iniziativa di fronte a problemi evidenti. Tuttavia, le studentesse e gli studenti presenti hanno saputo stare al gioco perché chiamati a rispondere su una situazione reale e concreta.
Il cuore dell’esperienza è stato proprio questo: comprendere che la cultura del consenso non è qualcosa di astratto, ma una pratica quotidiana che richiede ascolto, rispetto e la capacità di accettare un rifiuto. Nulla è scontato, anche se spesso l’apparenza sembra diversa. Chiedere il permesso, fermarsi davanti a un “no” sono gesti semplici, ma profondamente rivoluzionari. In questo senso, lo spettacolo ha messo in luce una dimensione più ampia, culturale e sociale. Come ricorda il filosofo Lorenzo Gasparrini, il patriarcato è un sistema invisibile e
diffuso che pervade la società dalle viscere definendo modelli di “normalità” precostituiti.
Mettere in discussione tali modelli significa compiere una scelta politica e solo attraverso questa può realizzarsi un vero cambiamento della società. Uscendo dall’aula, la sensazione più forte che aleggia nei nostri animi è una nuova consapevolezza: se ciò che ci ha colpiti è stato riconoscere come normali o abituali situazioni che non dovrebbero esserlo, allora il primo passo è imparare a riconoscerle e chiamarle per nome. L’importante è agire, non rimanere indifferenti”.








