Pescina. Si riaccende la polemica intorno alla gestione del caso del Fiume Giovenco, con il consigliere comunale che punta il dito contro l’Amministrazione guidata dal sindaco Mirko Zauri, accusandola di voler “intorpidire le acque per sfuggire alle proprie responsabilità”.
Nel suo comunicato, il consigliere replica con fermezza alle dichiarazioni del primo cittadino, che aveva sostenuto che “il consigliere ha sempre parlato di un ricorso al TAR, mentre oggi l’udienza si tiene invece davanti al Tribunale Superiore delle Acque”. Una precisazione che, secondo l’esponente di minoranza, è fuorviante: “L’obiezione andrebbe mossa alla Regione, che si è difesa chiedendo lo spostamento del processo innanzi al TAR, eccependo che non vi sarebbe competenza del Tribunale Superiore delle Acque”.
Il consigliere chiarisce che la scelta di adire il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche è stata compiuta “dopo un approfondimento con gli avvocati che assistono le associazioni e il comitato, ritenendo che fosse il giudice competente a decidere sulle controversie inerenti un bene pubblico come l’acqua”.
Prosegue poi accusando l’Amministrazione comunale di non aver compreso i limiti del proprio ruolo: “Il Comune non ha mai capito – e non ha saputo o voluto correggersi – l’impossibilità della scelta di un ricorso ‘ad adiuvandum’”.
Il consigliere aggiunge che “non serve essere esperti per capire che un ricorso ‘ad aiutare’ non può essere presentato da chi, come il Comune, avrebbe potuto e dovuto proporre il ricorso principale in proprio”, sottolineando che “i termini per impugnare il provvedimento sono ormai scaduti, ammesso che ci fosse davvero l’intenzione di ricorrere”.
Anche la richiesta del Comune di nominare un Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) viene giudicata “priva di senso tecnico”. “Se avessero voluto davvero nominare un consulente – osserva – avrebbero dovuto impugnare l’autorizzazione regionale nei tempi previsti, laddove fossero stati contrari al procedimento condotto dalla Regione Abruzzo negli anni scorsi”.

Il consigliere difende inoltre la legittimità del Comitato di cittadini, nato “proprio perché il Comune non stava difendendo gli interessi della nostra comunità”. E precisa: “Un comitato nasce formalmente così come noi lo abbiamo fatto nascere. Sono le pro loco o le associazioni che devono seguire un procedimento di riconoscimento per esistere giuridicamente”.
Poi la stoccata al Comune: “Mi chiedo se la nostra Pro Loco Pescinese esista davvero, visto che non risulta negli elenchi ufficiali della Regione Abruzzo, pur continuando a svolgere attività giuridiche anche in collaborazione con il Comune. Io, al posto del Sindaco, mi preoccuperei piuttosto di questo”.

Sulla dimensione tecnica dei ricorsi, il consigliere osserva che “il Sindaco ha ragione a dire che 11 pagine non sono poche, soprattutto quando non si contesta nulla di decisivo”, aggiungendo che “a ben leggerle, le contestazioni reali si riducono a cinque pagine: il resto è solo una ricostruzione storica della vicenda”.
“Quella ricostruzione, però, è chiara a noi e presto sarà chiara anche ai cittadini di Pescina e della Valle del Giovenco. Il tempo del nascondino politico è finito”, afferma con tono deciso.

Infine, il consigliere ribadisce che “le associazioni che hanno presentato il ricorso lo hanno fatto per difendere il territorio, sopperendo all’inazione dell’Ente”. E avverte: “Se il Tribunale dovesse ritenere le associazioni non rappresentative del territorio, sarebbe evidente il danno causato dalla scelta del Comune di non proporre un ricorso principale”.
Il consigliere chiude con un appello: “Noi confidiamo che la ‘frittata’ non sia stata fatta, ma, se così fosse, denunceremo chiaramente le responsabilità politiche di questa Amministrazione davanti ai cittadini”.
E conclude con un monito al Sindaco Zauri: “Stiamo ancora aspettando il progetto modificato, senza prelievo a monte, di cui parlava nell’assemblea pubblica del 2021. Aspetta e spera. Se davvero volete bene a Pescina, cari amministratori di maggioranza, presentiamo insieme alla Regione una richiesta di revoca in autotutela”.








