Avezzano. Diocesi dei Marsi in festa nel giorno del Patrono: le celebrazioni in onore di San Berardo. Oggi alle 18, la Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta dal Vescovo Giovanni Massaro nella Basilica Concattedrale Santa Maria delle Grazie di Pescina.
In mattinata, alle 10.30, la Messa sarà presieduta anche nella comunità di Colli di Monte Bove, paese natale del Santo.
Berardo, nato nella diocesi dei Marsi nel paese chiamato Colli di Monte Bove, da Berardo, signore del luogo, e da Teodosia di nobile famiglia. Fin dalla fanciullezza diede segni di indubbia santità ;per l’educazione fu affidato ai canonici della cattedrale di Santa Sabina, e il vescovo lo ammise fra gli accoliti, riconoscendone la formazione.
Trasferito in seguito a Montecassino, sotto l’insegnamento del monaco Paolo si distinse per santità e dottrina. La fama del giovane indusse il papa Pasquale II a chiamarlo a Roma, annoverandolo fra i suddiaconi e nominandolo preside della provincia campana.
Svolse così bene il suo ufficio che lo stesso papa Pasquale II lo promosse cardinale diacono di Sant’Angelo, e successivamente cardinale presbitero di San Crisogono. Essendo nel frattempo resasi vacante la sede vescovile dei Marsi – scossa tra l’altro per lo scisma del vescovo Sigenulfo – vi fu inviato Berardo, che con autorità e santità cacciò l’intruso e restituì la pace e la concordia.
Il vescovo, che aveva trent’anni, entrato in diocesi si adoperò per correggere gli abusi e i vizi, comportandosi in modo ammirevole. Ma fu ostacolato e combattuto da diversi avversari, che gli tesero insidie, lo minacciarono e infine lo scacciarono dalla sede. Il pontefice, che lo amava tanto, lo accolse per un po’ nel palazzo lateranense, poi lo inviò come legato ad Alatri e a Veroli e infine in Sardegna. Finalmente fu richiamato nella sua diocesi, dove, come un muro inespugnabile, con prudenza verso i ribelli, ma impavido, continuò la sua missione. Estirpò la simonia, eliminò il concubinato, difese i piccoli, riformò il clero con la parola e l’esempio.
Tra tutti questi impegni si fece promotore di un’iniziativa per aiutare i poveri: organizzò un centro di raccolta del grano da distribuire a più poveri. Una volta, venuto a mancare il frumento, invitò l’incaricato di ramazzare il pavimento del deposito e si compì il miracolo: la ramazza accumulò tanto grano quando ne occorreva al povero questuante. Custodì il suo gregge fino alla morte. Colpito dalla malattia, esortò il suo clero alla fedeltà a alla santità, lasciando ad esso un testamento spirituale di grande valore. Dopo venti anni di episcopato, morì il 3 novembre dell’anno 1130. Il suo corpo fu sepolto nella cattedrale di Santa Sabina, successivamente venne traslato a Pescina nella chiesa a lui dedicata. Attualmente riposa nella basilica concattedrale di Santa Maria delle Grazie.
I Testamento spirituale del Santo: “Fratelli miei, mia gloria ed onore, e, dopo il Signore e i suoi Santi, speranza e premio dell’anima mia, vi prego e, per tutto quello che vi debbo, vi esorto e vi ammonisco a conservare fra di voi la carità che è la più grande fra le virtù. Vivete d’ accordo e uniti nella fede, nella speranza, nell’umiltà, nella pietà, nella pazienza, nella comprensione, nella castità, nella sobrietà; fuggite i vizi, di cui la superbia è la radice di ogni male, soffocatela ed estirpatela con l’umiltà.
Opponete alla bestemmia la devozione, l’accordo alla discordia; la pazienza all’irascibilità, la disponibilità delle vostre cose all’avarizia, la castità alla lussuria, la sobrietà all’ingordigia; superate ogni difetto con la preghiera, la mortificazione, con l’essere vigilanti e con l’aiutare gli altri. Per quello che potete, cercate di essere ammirati per il vostro comportamento e non per il vestito o per altre futili vanità. Studiatevi di piacere a Dio; rimanete fedeli alla vita comune, andando d’accordo in chiesa, a refettorio, nel coro, nell’osservanza dei doveri quotidiani. Abbiate un solo cuore, una sola mente, una sola volontà, comportandovi in tutto all’unanimità. E’ meglio essere nel bisogno che possedere il superfluo; è necessaria più la santità che la vanità. Niente ci sia in voi che possa dare scandalo o suscitare meraviglia. Se anche dovesse sorgere fra di voi qualche motivo di disaccordo, fate che in giornata torni l’armonia, che il sole non tramonti sulla vostra ira. L’odio non trovi motivo di alimento; e non siate causa di danno alle anime trasformando in trave la festuca. Così, fratelli, se resterete in sincero amore fra di voi, otterrete infallibilmente il frutto dell’ amore, che è la vita eterna”.








