Avezzano. La memoria contadina è tornata protagonista nella giornata conclusiva di Marsicaland, grazie a Fabrizio Calvisi, storico agricoltore marsicano che ha portato in sfilata due trattori degli anni ’50 appartenuti al nonno e al padre.
L’emozione è stata forte quando uno dei mezzi, un modello del 1950, è stato messo in moto. “Per me è una grande gioia poter ridare vita a questi trattori” ha raccontato Fabrizio, “sono ricordi di famiglia, legati a mio padre e a mio nonno. Custodisco questi macchinari con orgoglio e poterli condividere in un’occasione come Marsicaland significa tenere viva la nostra storia agricola”.
I trattori esposti, risalenti al periodo tra il 1950 e il 1957, originariamente montavano ruote in ferro, poi sostituite con quelle in gomma per facilitarne l’utilizzo su strada. Ma il patrimonio custodito da Calvisi non si limita ai mezzi, nella sua collezione figurano anche numerose attrezzature d’epoca per la trebbiatura e per i lavori agricoli di un tempo.
Durante l’accensione del mezzo, l’agricoltore ha illustrato con precisione alcuni dettagli tecnici, mostrando la puleggia legata al volano, che nei vecchi trattori serviva a trasmettere potenza ai macchinari stazionari, come le trebbiatrici. “Questa era la forza del trattore” ha spiegato, “permetteva di far funzionare la trebbia per separare il grano, un lavoro che oggi sembra lontanissimo ma che era la normalità per le nostre campagne”.
Altro elemento centrale è la cosiddetta “testa calda”, un sistema di accensione in cui l’iniettore spruzzava gasolio nella calotta di metallo per creare la compressione necessaria. “Ogni volta che lo metto in moto” ha aggiunto Calvisi, “mi sembra di rivedere mio nonno mentre lavorava nei campi. È una parte di me e della mia famiglia che non voglio vada perduta”.
Un momento di grande valore simbolico che ha riportato alla luce le radici dell’agricoltura marsicana. “Devo dire grazie all’amministrazione comunale e al sindaco Giovanni Di Pangrazio per avermi dato la possibilità di mostrare questi trattori” ha concluso Fabrizio, “perché senza occasioni come queste la memoria rischia di spegnersi”.