Avezzano. “Il primo passo da compiere è sempre lo stesso e sempre lo sarà: chiedere aiuto, che sia a un conoscente, a un familiare, a un vicino di casa o al proprio medico di famiglia.
Una volta portata alla luce l’emergenza che, come una nebbia offuscante, avvolge tante donne, anche il Comune si attiva, mettendo in moto una straordinaria rete socio-sanitaria, che si ricongiunge al prezioso lavoro delle forze dell’ordine”. La presidente della Commissione politiche sociali di Avezzano, Alessandra Cerone, non nasconde una certa commozione nel pronunciare queste parole e nel commentare gli ultimi dati che emergono dal prospetto – secco e lucido – dei codici rossi nella Marsica, relativi agli ultimi sei mesi del 2024. Occhi lucidi, ma voce ferma: la consigliera, da donna a donne, torna a ribadire l’importanza del sostegno e della segnalazione. Due pedali, questi, che se pigiati in tempo, possono portare a salvare vite. Il termometro della violenza della Marsica, che riguarda il periodo che va dal 1 luglio al 31 dicembre 2024, così come sottolineato dal procuratore capo Maurizio Maria Cerrato, dimostra leggeri decrementi sia nel numero delle iscrizioni che nel numero delle misure cautelari (11 per maltrattamenti in famiglia e stalking nel secondo semestre del 2024, 27 nel precedente semestre). “Il fenomeno – commenta il pm – pare in diminuzione, ma i numeri restano comunque alti e degni di attenzione.
L’attenuazione potrebbe essere connessa al buon funzionamento dell’attività di prevenzione. Prima di dare, però, delle valutazioni definitive di un trend in calo, bisogna aspettare, perché il dato potrebbe essere spiegato anche da fattori contingenti, come la stagione estiva: d’estate si sta meno in casa”. Nell’ultimo semestre del 2024, sono stati 7 i casi di violenza sessuale, di cui uno con richiesta di custodia cautelare in carcere. Per il reato di stalking, si sono sommati 33 casi, di cui 8 con provvedimento di divieto di avvicinamento alla parte offesa. Due casi hanno richiesto l’allontanamento dalla casa familiare del padre violento. Il capitolo più burrascoso, resta quello dei maltrattamenti in famiglia: 66 i casi totali, di cui 3 con misura cautelare di divieto di avvicinamento e 4 con misura di allontanamento dalla casa familiare. 4 sono state le custodie cautelari in carcere.
“La prima interfaccia della donna vittima di violenza è, spesso, quella sanitaria – spiega Alessandra Cerone -. E proprio con la Asl, il Comune di Avezzano ha stretto un patto di salute per le donne, che prevede l’attivazione di una serie di servizi, primo fra tutti il percorso rosa: una procedura dedicata, che mira al riconoscimento della condizione di vittima di violenza anche in assenza di un’esplicita dichiarazione della donna. Il Comune può intervenire con i suoi assistenti sociali anche in questa fase. Da questo primo contatto, si approda al Centro antiviolenza, che è presente in città in via Orazio Mattei, con una sede rinnovata. È gestito dalla Cooperativa “BeFree”.
Qui, con personale esperto, avviene il primo colloquio di quel lungo dialogo che porterà ad un ritrovato senso di libertà”. Le donne vittime possono essere anche madri: i minori vanno messi in sicurezza. “In questi casi – specifica l’amministratrice – l’Ente ha il dovere di intervenire perché, di fatto, è responsabile della tutela dei minori sul proprio territorio comunale.
Dopo la segnalazione alla Procura per i minorenni, parte un’indagine tesa a trovare la Casa rifugio più vicina o i parenti più prossimi che possano fornire aiuto e serenità ai bambini”. Non esistono, in questa dimensione, colpe personali, ma solo delle storie bisognose di una seconda chance e la città di Avezzano non lascia da solo nessuno, sia con sostegni economici legati a specifici bandi, sia con la novità dello “spazio neutro”, inaugurato nel giugno del 2024. In ultimo, il progetto P.I.P.P.I., per evitare l’allontanamento dei minori dalle famiglie che si trovano in situazioni precarie. “Sono le giovani coppie, oggi, a restare incagliate in storie di abusi: ragazze e ragazzi tra i 23 e i 25 anni, che non hanno finito il percorso di studi dell’obbligo. – conclude la Cerone – Fondamentale è anche il lavoro che si fa con le scuole, per ribaltare il dato della dispersione scolastica. Istruzione significa cultura. Cultura significa autonomia”.