Celano. La chiesa piena di giovani, un’omelia con messaggi di grande potenza che arrivano nella notte di Natale, in quello che è definito il giorno del compleanno di Gesù. Ha parlato di “diversità”, dell’insegnamento che arriva da un musulmano che prega, del Giubileo e dell’apertura della Porta Santa di Papa Francesco. E ha parlato di foto, di video e di post sui social media. Lo ha fatto con un linguaggio comune, in una forma comunicativa che ha portato inevitabilmente tutti alla riflessione. Che sollecitata in un luogo sacro diventa ancor più efficace.
“Quando rientro a casa passo per un vicoletto. Alla fine c’è un piccolo cancello, è un passaggio stretto. Qualche tempo fa ho incontrato un ragazzo, che si era appartato lì per pregare”. Sono le parole di don Ilvio Giandomenico, sacerdote a capo della parrocchia di San Giovanni a Celano, ieri sera affollata di fedeli per la suggestiva funzione del 24 dicembre.
“Non potevo tornare indietro”, ha detto dall’altare don Ilvio nell’omelia, “ma nemmeno andare avanti, perché quel giovane mi aveva visto, stava pregando. Si era ritagliato un pezzo di cartone, era in ginocchio e grazie alla sua posizione ho capito dove si trovasse la Mecca. Ho atteso che terminasse la sua preghiera. Poi gli sono passato di fianco e l’ho salutato. Si è rivolto a me come per volersi scusare. Poi mi ha spiegato che si era messo in modo tale da non dare le spalle alla Madonnina che c’è nel vialetto”.
“Ecco, questo è stato un insegnamento”. Don Ilvio con poche e semplici parole ha fatto riferimento alla diversità tra le culture, le religioni e ad esempio ha preso quel giovane musulmano che in quel momento ha dato una lezione di rispetto. “Un musulmano che ci insegna il rispetto per le cose sacre. E a Celano il rispetto dove sta?”, ha proseguito il sacerdote, parlando delle processioni che si fanno durante le feste cattoliche. Quando passiamo con i Santi in spalla davanti a decine di battezzati, che sono seduti, manco si alzano in piedi. Quale è la prima cosa che fanno? Prendono il cellulare e scattano una foto, per produrre immagini e video poi da postare, subito, sui social. Per far vedere che è festa, così in tempo reale”.
“È interessante riflettere che tra le tante rinunce che il Papa chiede in vista del Giubileo”, ha raccontato don Ilvio, “ce ne sia una che non era mai stata richiesta finora: rinunciare per un giorno ai social. È interessante e allo stesso tempo terribile. La chiesa sta facendo quello che dovrebbe fare una mamma, un padre per i suoi figli. Viviamo in un’epoca in cui usciamo di casa e dimentichiamo le chiavi del portone ma non dimentichiamo mai il cellulare, perché lo abbiamo sempre in mano. E se abbiamo tempo prendiamo e portiamo con noi anche il caricabatterie. Ecco, qui la chiesa ci fa un invito a riprenderci uno spazio di libertà, serenità, povertà”.
Poi un riferimento al maestro Riccardo Muti che durante il concerto di Natale in Senato è stato costretto a chiedere di spegnere i cellulari. “Quante volte accade in chiesa?”, ha ricordato il prete celanese, “quando entriamo in chiesa, in quanti sono orientati verso il tabernacolo? Si entra in chiesa come se si entrasse in teatro. Per passare un’oretta così. Demandando la partecipazione casomai al prete, al coro… Ci si lamenta spesso che la chiesa non è al passo con i tempi. E allora ecco l’invito che ci adegua al tempo che viviamo. Passiamo un giorno senza cellulare”. Don Ilvio ha anche confidato ai tanti fedeli presenti alla celebrazione che quando ha sentito per la prima volta di questa “penitenza” ha pensato “Ma dove siamo arrivati?”.
“In questo giorno che chiamiamo il compleanno di Gesù”, ha concluso il parroco di San Giovanni, “è proprio il festeggiato che ci fa il regalo più grande. Noi non abbiamo molti doni da fare a Gesù e lui ci invita all’apertura alla diversità. È una persona che chiede, come quella notte, di essere accolta”.