Il sorriso non l’ha mai abbandonata, la sua letizia e la sua voglia di vivere l’hanno caratterizzata per tutta la vita dandole il dono di saper trasmettere coraggio alle persone che incontrava sul suo cammino e a quelle che le erano accanto. Ha lottato, nel vero senso della parola, fino all’ultimo dei suoi giorni, sempre con grande riservatezza e sempre senza risparmiarsi a cure, interventi e lunghe lontananze da casa. Laura si è spenta oggi, a 43 anni, con accanto il suo crocifisso di San Damiano che portava sempre con sé. Alla base della scomparsa, un trapianto fallito a Milano.
Da qualche mese era ricoverata all’ospedale Niguarda, dove si trovava a causa di problemi cardiaci che da metà del 2023 avevano cominciato a creargli dei problemi, mettendola a dura prova. Con discrezione, coraggio e fiducia aveva intrapreso un percorso al fine di arrivare a un trapianto di cuore che, come accade ormai consuetamente oggigiorno, sarebbe stato risolutivo, permettendole di ritornare a vivere come prima una normale quotidianità. Dopo diverse vicissitudini burocratiche e mediche durate alcuni mesi, era stata finalmente inserita in lista trapianti. Il 19 maggio scorso è stata così sottoposta all’intervento, ma è accaduto qualcosa di inatteso e che nessuno si aspettava. Quel cuore non era partito. Nessuno ha fornito una spiegazione chiara su cosa possa essere accaduto a quell’organo tanto da non essere ripartito e i medici hanno continuato a sostenere di non aver riconosciuto alterazioni preesistenti, ma sempre senza dare altre spiegazioni e limitandosi a sostenere che si tratta di qualcosa di infrequente. In realtà al Niguarda poche settimane prima era avvenuto un altro caso finito sulle cronache nazionali per la morte di una ragazza di 37 anni e si era parlato di un episodio che non accadeva da un decennio (Leggi l’articolo: Trapianto fallito, Teresa muore a 37 anni. I medici: «Non capitava da un decennio che un cuore non ripartisse). La giovane Teresa era sopravvissuta 26 giorni.
Per Laura era cominciata così una lotta per la vita visto che i familiari non si sono mai rassegnanti al fallimento dell’intervento e senza fare rivendicazioni o lanciare accuse hanno però chiesto di fare tutto il necessario e si è atteso un secondo trapianto. Il 12 giugno era stata sottoposta al secondo intervento. La sua forte tempra e la sua voglia di vivere (diceva sempre “Lui è il Signore della vita”) e l’affidamento al Signore le hanno dato la forza di andare sempre avanti e di resistere a due trapianti, a una revisione sempre a cuore aperto e ad e ad altri interventi per oltre ben 7 settimane. Una vicenda clinica alquanto inspiegabile.
Chiaramente il prolungarsi in maniera spropositata della situazione ha portato a un inevitabile aggravamento e alla morte, gettando nello sconforto tantissime persone che a Milano avevano legato con la giovane abruzzese e che per lei stavano pregando da settimane e facendo precipitare nel dolore familiari, amici e colleghi di Laura che non si sanno dare una risposta razionale a quanto avvenuto.
Abruzzese e Tagliacozzana di adozione, Laura Salvatori, classe 1980, era legata da sempre all’Ordine francescano secolare, a cui era consacrata da tanti anni fin dalla giovane età. Si era diplomata al liceo scientifico “Vitruvio Pollione” di Avezzano (L’Aquila), Laureata in Scienze politiche a La Sapienza di Roma si occupava di comunicazione e della gestione di una società di comunicazione.
Sempre con al suo fianco il marito, Pietro Guida, giornalista e scrittore, storica firma del quotidiano il Centro e fondatore del gruppo Live Communication, aveva sempre scelto una vita incentrata sulla letizia francescana. Cantava nel coro di San Francesco ed era attiva nelle varie iniziative che venivano organizzate nella comunità francescana dove tutti i fratelli e le sorelle le volevano bene. In tanti la ricordano come organizzatrice di eventi come la kermesse Gironi Divini mentre accoglieva con il sorriso i tanti partecipanti.
Quel sorriso era sempre stampato sul suo volto, e le era rimasto anche nelle difficoltà che ha dovuto affrontare negli ultimi tempie e che teneva per sé. Aveva un’indole gioviale, caratterizzata da vera semplicità francescana che traspariva quando la si incontrava per strada o quando passeggiava in riva all’amato mare Adriatico a Silvi (Teramo), dove negli ultimi anni trascorreva molti mesi dell’anno. La sua positività e la sua determinazione non l’hanno mai abbandonata e sono state sempre la cura migliore per affrontare gli ultimi mesi in cui aveva avuto i suoi problemi di salute.
Gli interventi e le crude sofferenze affrontate in quelle settimane, sempre in maniera molto riservata, non hanno mai interferito con la sua quotidianità e la sua solarità e non le hanno mai impedito di continuare a vivere una vita secondo la sua indole e secondo i suoi valori di fede. Una indole che l’ha sempre contraddistinta nel resto della sua esistenza. Anche le vicissitudini ospedaliere in cui era precipitata nelle ultime settimane non l’hanno mai fermata nella ricerca della vita, né hanno mai annebbiato la sua solarità, alla sua letizia francescana e il suo sorriso spontaneo e sincero.
Ha vissuto fino a oggi questo Calvario, fatto di grandi dolori nel corpo e nella mente, ma anche di grande crescita spirituale, affidando con pazienza le sofferenze al Signore e senza mai lamentarsi delle strane e sfortunate contingenze.
LA SUA TESTIMONIANZA
Scriveva Laura a maggio, pochi giorni prima di andare in Rianimazione:
“Ti dico la verità, io ho paura di soffrire ancora e ho una grande fifa 😅 di morire, ma non perché ho paura del Cielo ma perché amo la vita, proprio tanto tanto♥️♥️. Dio è il Signore della vita..
Vorrei tanto uscire da qui per un po’ di sole sulla pelle, vorrei aprire queste vetrate sigillate e respirare aria, vorrei tanto bere una shweps con il ghiaccio e me lo vietano, o fare una passeggiata tra il verde con Oscar, ma poi mi faccio forza perché penso: che cos’è tutto questo confronto al paradiso?”.
Scriveva Laura a Grazia, una operatrice sanitaria che la viziata con le sue marmellate fatte in casa: “…nelle situazioni difficili come in ospedale, persone come te accarezzano il cuore e ti fanno capire che anche questa è vera vita e tutto quello che si vive non è negativo. Conoscere persone come te è un dono e i doni sono gioia e amore”.
Scriveva Laura a un’amica in difficoltà due mesi fa:
“Quando qualcuno muore è un altro angelo che ci protegge. La vita ci mette alla prova ogni giorno, non possiamo tirarci indietro, ma non dobbiamo rassegnarci: ringraziamo invece per l’amore che abbiamo vissuto con le persone amate, per l’amore che ci hanno consegnato come tesoro prezioso di Dio e conserviamolo dentro di noi nel cuore affinché sia una scorta per i momenti più difficili e dolorosi”.
Questo appare come un suo testamento per chi è rimasto senza di lei a non scoraggiarsi.
IL SOSTEGNO DI MILANO
Tutti al Niguarda sono stati in apprensione per settimane e hanno pregato per Laura. I sacerdoti della parrocchia Santa Maria Annunziata del Niguarda, nei confronti dei quali Laura aveva fatto breccia nel cuore quando andavano a portargli la comunione, i seminaristi della Cattedrale di Milano e i fedeli della parrocchia che aveva avuto modo di conoscere, le suore del Sacro cuore con suor Paola, i comboniani del Santuario della Madonna di Fatima di Milano con padre Francesco, il personale medico dei reparti in cui è stata degente per settimane, che si è affezionato a lei per la sua solarità e per il sorriso con cui affronta le difficoltà, le infermiere, le operatrici sanitarie e anche le addette al servizio delle camere ospedaliere che andavano a trovarla anche quando era in terapia intensiva in Rianimazione.
Grande il sostegno anche nella Marsica con i parroci che la conoscono da sempre e che hanno pregato per lei. Don Ennio di Tagliacozzo le ha messo da parte una rosa lasciandola in mano alla statua di Santa Rita, di cui Laura era devota, padre Michelangelo che ha continuato a sostenerla insieme ai suoi parrocchiani delle varie parrocchie per settimane. E poi don Gabriele Guerra parroco di Celano, padre Riziero di Cerchio e tanti altri sacerdoti del territorio. Ma anche a Civitella Roveto, con don Franco e tanti parrocchiani che l’hanno sostenuta sempre.
Ci sono poi le suore benedettine dei Santi Cosma e Damiano di Tagliacozzo che hanno pregato incessantemente, le clarisse del monastero di Spello in Umbria che la sostengono da anni in modo silenzioso e costante e che non l’hanno mai lasciata sola.
Poi c’è tutto il consiglio regionale dell’Ordine francescano secolare d’Abruzzo, i padri di San Francesco di Tagliacozzo, e soprattutto padre Basilio e Valerio del santuario della Madonna dell’Oriente che da tempo seguivano giorno per giorno con la preghiera le vicissitudini di Laura.
E tanti tanti altri.
Ma soprattutto il vescovo dei Marsi, monsignor Giovanni Massaro, che ha seguito la vicenda di Laura con grande affetto e apprensione insieme a tutta la pastore della diocesi dei Marsi, con tutte le realtà diocesane.
LE TESTIMONIANZE
- Il cappellano del grande ospedale metropolitano Niguarda di Milano, padre Zefirino Montin, Camilliano, ha affermato che “Laura ha vissuto tutte le stazioni della via crucis, ma quelle che noi chiamiamo sofferenze lei le ha vissute come forza e affidamento. Mai ho visto una persona, nella mia lunghissima esperienza, accompagnata qui a Milano da così tanta gente in riservata preghiera, da così tanti enti, istituti religiosi, parrocchie e anche il personale sanitario, infermiere, OSS, medici, in un cammino di sofferenza come quello Laura. Sappiamo però che ora è in paradiso. In tanti anni negli ospedali non ho mai visto una persona sopportare così pazientemente e sottoporsi a così tanti trattamenti e interventi“.
- “Quando ho incontrato Laura per la prima volta nella sua cameretta dell’ospedale“, ha scritto Alfredo, cappellano ministro dell’eucarestia del Niguarda, “sono rimasto colpito di trovarmi davanti a una ragazza totalmente trasparente, proprio come acqua di fonte. Una persona gioiosa, incredibilmente serena. Ho pensato che non sarebbe dovuta essere lì ma all’aperto, nel mondo, baciata dal sole. Poi però mi sono reso conto che lei aveva ben capito che neanche quelle tribolazioni l’avrebbero potuta separare dall’amore di Dio, per quello era serena. Sono certo di due cose, che Laura sia viva, bellissima e sorridente in Paradiso e che per me è stato un onore e fonte d’ispirazione e fede incontrarla. Per me Laura è, e per sempre sarà, come l’acqua limpida di una sorgente di montagna.
Semplice ma preziosissima.
Una fonte che continuerà a donare acqua viva e trasparente, su tutti noi e sicuramente su tutti gli ammalati che incontrerò.
Sarò difatti a lei che mi rivolgerò per chiedere intercessioni a Gesù e Lui grazie a Laura ascolterà tutte le nostre preghiere.
Nulla è stato inutile. Anzi.
Racconterò di Laura ai tanti che incontrerò e il dolore sarà lenito da tante conversioni. Resto unito con il marito Pietro dalla grazia di aver conosciuto un angelo“. - “Io Laura la chiamo la piccola ‘santina’“, ha detto Milco della parrocchia di San Martino in Niguarda, “non è una perdita, a Laura possiamo chiedere qualcosa di più grande perché ha fatto un percorso che ha qualcosa di più grande. Sono certo che ci accompagnerà e farà sentire la sua presenza a quelli che hanno partecipato con più intimità ed empatia alla sua incredibile storia. Non ci sono ‘se’ ora. Ma c’è un percorso di pace per chi resta. Ci sono modi e modi di morire, e ci sono modi e modi di restare qui. Bisogna ora saper alzare gli occhi dal mondo e guardare più in alto“.
- “Dopo che aveva lasciato il reparto per il primo trapianto“, ha raccontato una operatrice sanitaria della Cardiologia 2, “ho sognato Laura che mi sorrideva e mi parlava, chiedendomi di aiutarla a mangiare. Io le dicevo che c’era suo marito, come sempre. Ma lei mi rispondeva, voglio che si riposi. Nel sogno aveva davanti un grosso Tv che mostrava un prato verde. Io le chiedevo perché era così grosso e lei mi rispondeva che voleva correre così in un prato grandissimo.
Abbiamo tanto pregato per lei, tetti qui in reparto. Era forte molto forte, ha resistito più di chiunque. Era sempre preoccupata per gli altri piuttosto che per sé. Sempre a chiedere come sta Maria, come sta Nicola, come sta Loris. Io le dicevo, loro stanno bene, dovresti pensare a te. Abbiamo imparato tanto da lei in quelle settimane che è stata con noi. A Laura dobbiamo dire un immenso ‘grazie’ dal profondo del cuore“. - “Perdere Laura anche per noi che in realtà dovremmo essere abituati a tali situazioni“, ha scritto Marilena, infermiera del reparto di Cardiologia 2, “è un dolore immenso perché lei è sempre stata una donna piena di vita e gioia, fiduciosa nelle cure, e con speranza si è sempre fidata e affidata. Tutti noi abbiamo voluto crederci fino alla fine, nonostante quello che le è accaduto, ma adesso ha raggiunto la pace e serenità. Avremmo tutte voluto salutarla e abbracciarla col solito sorriso come meritava ma spero con tutto il cuore che porti con sé tutto l’affetto che abbiamo avuto per lei in particolare e la ammirazione nei suoi confronti“.
- “La storia di Laura, che è indissolubile da quella del marito Pietro“, ha riferito Scolastica, storica infermiera di Cardiologia 3, “è l’unica, in tanti anni di lavoro, che mi ha segnato profondamente, personalmente e spiritualmente e che mi resterà nel cuore. Mi ha colpito, la prima volta che l’ho vista in reparto, oltre alla sua solarità, la sua serenità, apparentemente inspiegabile alla luce del Calvario che stava percorrendo. Non la dimenticherò mai“.
- “Laura meritava il meglio“, ha raccontato una compagnia di stanza conosciuta durante un periodo di ricovero all’ospedale Monzino di Milano, “non sono mai stata credente, ma ho pregato e ho pregato tanto, a modo mio, per lei. Era speciale e in pochi giorni aveva conquistato il mio cuore“.
- “Con la sua dolcezza e delicatezza sapeva conquistare tutti”, racconta la sua ultima compagna di stanza e amica Maria, “anche stavolta con un ultimo sorriso ci ha stupiti facendoci capire che andava via serena. Serena perché consapevole di tutte le persone che l’amavano. In tantissimi si sono presi cura di lei, soprattutto con le preghiere qui a Milano e nella sua zona. Da oggi sarà il nostro Angelo custode. Io la ringrazierò sempre per il grande legame spirituale che ho avuto la fortuna e il privilegio di avere con lei“.
Tante le testimonianze delle persone che avevano conosciuto Laura Salvatori e che sono rimaste affascinate dal suo modo di fare, ma soprattutto dal suo modo di vivere affrontando le difficoltà con quella pazienza e quella speranza che denotano una incrollabile fede in Dio. Un esempio per chi ha fede ma anche per chi non crede. Nei giorni scorsi è stata avviata una raccolta fondi in ricordo di Laura (https://gofund.me/8f5e3e05) per l’ospedale del Burkina Faso gestito dalla missione francescana in Burkina Faso a Sabou, un territorio di 2100 chilometri quadrati a cui Laura e la sua fraternità sono stati sempre molto legati.
Un sorriso per il Burkina Faso in ricordo di Laura, al via la raccolta fondi