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Prima campagna di scavi ad Alba Fucens, dopo 75 anni spuntano le immagini degli archeologi belgi

Un salto nel tempo per vedere, con i nostri occhi, protagonisti e momenti che hanno segnato la storia dell'archeologia abruzzese

Francesco Proia di Francesco Proia
21 Gennaio 2024
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Massa d’Albe. Sono immagini incredibili quelle che vi mostriamo oggi, relative alla prima campagna di scavi di Alba Fucens, iniziata nell’immediato dopo guerra.

I primi scavi della città vennero effettuati da un gruppo di lavoro dell’Università Cattolica di Lovanio (Belgio) guidato da Fernand De Visscher e diretto da Joseph Mertens. A partire dal 1949 i professori belgi iniziarono una campagna di scavo che riportò alla luce i resti dell’antica città romana di Alba Fucens. Fino all’arrivo dell’Accademia Belgica i resti di Alba Fucens lasciavano intravedere a malapena le mura poligonali, il resto era ben nascosto sotto parecchi metri di terra. Di seguito alcune immagini inedite dei professori belgi e delle loro prime campagne di scavo

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Gli scavi dei belgi riportarono finalmente alla luce il cuore dell’antica città romana, rimasta nascosta per secoli. E così dalla nebbia del tempo sono emerse le strutture più rappresentative dell’antica Alba Fucens, come il foro, il magnifico anfiteatro , il tempio dedicato a Ercole, mercati e terme lungo le strade pavimentate, i resti di una basilica, abitazioni aristocratiche, negozi, magazzini e numerose opere artistiche in marmo, pietra, metallo, oltre a giocattoli realizzati in osso e legno.

Di quel periodo anche la scoperta del celebre Heracles Epitrapezios, la colossale statua di marmo, oggi esposta nel museo Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo – Villa Frigerj a Chieti. Nella galleria fotografica che segue si possono notare gli scavi e i momenti appena successivi al ritrovamento della statua di marmo.

 

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Sempre in quegli anni venne riportato alla luce anche l’anfiteatro di Alba Fucens, sommerso sotto centinaia di metri cubi di terra. Per portare via il materiale di risulta vennero poggiate a terra delle rotaie, su cui potevano scorrere dei carrelli simili a quelli usati in miniera. Alcuni anziani, che all’epoca erano bambini, raccontano che quando gli operai terminavano il turno di lavoro si divertivano a fare sopra e sotto con i carrelli come se fossero sull’ottovolante. Di seguito le foto.

 

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Ma mentre lavoratori e archeologi si adoperavano per riportare alla luce l’antica città romana di Alba Fucens, la vita di tutti i giorni andava avanti come sempre, tra le incombenze quotidiane comuni a tutti i piccoli paesi dell’immediato dopo guerra. E così anche ad Alba Fucens c’erano donne che raccoglievano l’acqua con l’iconica conca di rame, uno dei simboli dell’Abruzzo, prendendola dalle fontane, dal pozzo del convento, oppure dalle vasche nel sottosuolo, ancora funzionanti dopo più di duemila anni. Mentre sulle antiche strade romane, riportate alla luce da poco, qualcuno preferisce andarci con l’asinello, altro intramontabile simbolo dell’Abruzzo rurale di quei tempi.

Alba Fucens: la storia di Roma e del Fucino si intrecciano nell’ultimo romanzo di Francesco Proia

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