San Benedetto dei Marsi. Appennino Ecosistema annuncia che, non appena il procedimento penale contro il responsabile dell’uccisione dell’orsa Amarena sarà formalizzato, proporrà la sua costituzione come parte civile.
L’Associazione Appennino Ecosistema, infatti, fa parte della Global Alliance for the Rights of Nature, un’alleanza internazionale di centinaia di esperti, associazioni e istituzioni impegnati a far riconoscere i diritti della Natura come soggetto giuridico da rispettare in quanto tale (https://www.garn.org/our-members/).
In questo senso, l’Associazione si proporrà come “tutore” degli interessi dell’ecosistema appenninico, in attesa che anche l’ordinamento giuridico italiano gli conferisca i diritti soggettivi che merita, dopo il primo passo compiuto nel 2022 con l’introduzione tra i principi fondamentali della nostra Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, definiti più volte dalla Corte Costituzionale come “interessi pubblici di valore costituzionale primario ed assoluto”.
Appennino Ecosistema aveva inviato pochi giorni fa un esposto alla Procura della Repubblica di Avezzano, al Comando Provinciale dei Carabinieri dell’Aquila ed al Gruppo Carabinieri Forestale dell’Aquila, chiedendo di procedere penalmente contro il responsabile dell’uccisione dell’orsa Amarena non semplicemente per il reato di uccisione di animali (art. 544-bis c.p., applicabile a chiunque uccida qualsiasi animale senza necessità o per crudeltà, con una pena irrisoria della reclusione da 4 mesi a 2 anni), ma anche per i ben più appropriati e gravi reati di uccisione di specie selvatiche animali protette (art. 727-bis c.p., che vieta l’uccisione di esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta, con la pena dell’arresto da 1 a 6 mesi o l’ammenda fino a € 4.000, senza necessità di dover dimostrare il dolo del reo) e soprattutto di inquinamento ambientale (art. 452-bis o almeno 452-quater, che punisce con la reclusione da 2 a 6 anni e con la multa da € 10.000 a 100.000 “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna”), introdotti nel nostro codice penale solo nel 2011 (il primo) e nel 2015 (il secondo) in recepimento della Direttiva UE sulla tutela penale dell’ambiente (Dir. 2008/99/CE).
Infatti, sostiene il Presidente di Appennino Ecosistema che ha firmato l’esposto e che proporrà la costituzione parte civile dell’Associazione (il giuri-ecologo Bruno Petriccione), “l’uccisione di una femmina di orso bruno marsicano, entità biologica gravemente minacciata di estinzione e per questo tutelata in modo prioritario a livello nazionale, europeo e mondiale, per di più se accompagnata da due cuccioli che sono quasi sicuramente spacciati in assenza della loro madre, costituisce certamente una gravissima minaccia ed un grave danno concreto alle possibilità di sopravvivenza dell’orso bruno marsicano (decurtando la sua già esigua popolazione del 5%) e quindi un grave danno al suo habitat, all’ecosistema del quale è parte fondamentale ed in generale alla biodiversità di tutti gli Appennini Centrali. I nuovi gravi reati di delitto ambientale citati sono stati introdotti solo nel 2015 nel nostro ordinamento giuridico a seguito della paventata apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia, da parte della Commissione Europea, per l’insufficienza delle norme penali italiane poste a tutela dell’enorme patrimonio di biodiversità dell’UE, successivamente alla precedente uccisione volontaria di un orso bruno marsicano, rimasta impunita, avvenuta a Pettorano sul Gizio nel 2014. Porre allo stesso livello l’offensività dell’uccisione di un orso bruno marsicano e quella di una gallina sarebbe un assurdo giuridico, oltre che una gravissima offesa a tutti i cittadini onesti e rispettosi della fauna e della flora selvatiche, che continuano a sforzarsi di far parte di comunità umane in equilibrio con tutte le altre componenti dell’ecosistema”.