L’Aquila. Il Pecorino è storicamente appartenente alle regioni Marche, Abruzzo, Umbria e Lazio e il primo clone italiano del vitigno è stato selezionato in Abruzzo.
Lo spiega Maurizio Odoardi, agronomo, già dipendente dell’Agenzia per i servizi di sviluppo agricolo (Arssa) della Regione Abruzzo, che in una nota inviata a Virtù Quotidiane per “suscitare ulteriore interesse nei bravissimi enologi che lo hanno mirabilmente valorizzato”, si inserisce nel dibattito innescato da Cataldi Madonna proprio su queste pagine.
“Le informazioni storiche più remote del Pecorino si fanno risalire al tempo di Catone il Censore che lo classificava, insieme con altri vitigni (il Greco di Tufo, il Grechetto e il Pignoletto) nel gruppo delle aminee. In alcuni Bollettini Ampelografici del 1800, il Pecorino era segnalato come ‘un’uva da vino delle Marche, degli Abruzzi, dell’Umbria e del Lazio’. Molto probabilmente il nome è legato all’attività pastorale, infatti erano i pastori a diffonderlo con i loro frequenti spostamenti, per le sue buone caratteristiche nelle aree pedemontane appenniniche”.
“Il Pecorino è stato iscritto con Dm del 25 maggio 1970 nel Catalogo nazionale delle Varietà”, ricorda Odoardi che elenca i principali lavori pubblici svolti sul vitigno nei passati decenni in Abruzzo.
“Negli anni 1985 e 1986 a conoscenza della presenza storica di questo vitigno nell’areale abruzzese, nell’ambito del progetto di ‘selezione clonale e sanitaria dei vitigni regionali’, abbiamo individuato e recuperato il Pecorino in due vigneti impiantati nei primi anni settanta, in agro di Casalbordino (Chieti) e di Torano (Teramo). Successivamente lo abbiamo individuato anche in vigneti più datati nell’entroterra centrale del teramano. Da questi due vigneti è stato selezionato negli anni ‘90 il clone di Pecorino denominato UBA-RA PE 19 (UBA-RA sta per Università di Bari e Regione Abruzzo), primo clone italiano del vitigno, riconosciuto dal Ministero insieme ad altri dieci abruzzesi con proprio decreto (Gazzetta Ufficiale n. 19 del 24 gennaio 2003) e iscritto nel Registro nazionale delle Varietà di Vite. Questo stesso materiale viticolo, ancora standard, è stato impiegato per preparare le barbatelle di Pecorino inserite nei due vigneti sperimentali realizzati in Abruzzo nel 1991/92, in agro di Filetto (Chieti) e Atri (Teramo), nell’ambito del progetto ‘Aggiornamento della Piattaforma Ampelografica viticola italiana’, coordinato dagli Istituti del Ministero Ispervit di Conegliano e per l’Enologia di Asti e con la collaborazione di 17 Regioni. È stato così possibile non soltanto studiarlo ma anche confrontarlo, visto che in questi vigneti sono stati sperimentati anche altri 15 vitigni bianchi e altrettanti a bacca nera”.
“In Abruzzo le attività tecniche sono state condotte a cura dell’Arssa e del C.Ri.V.E.A. per le microvinificazioni. Il vitigno Pecorino è stato inoltre oggetto di importante valutazione come riportato in un articolo pubblicato su Civiltà del Bere nel dicembre 2008, predisposto dal sottoscritto e dal collega tecnico dell’Assam Marche. In questo lavoro abbiamo riassunto un po’ tutte le conoscenze tecniche sul Pecorino, infatti è stato fatto proprio dall’Ispervit per consentire al Ministero dell’Agricoltura di riconoscere l’autoctonia del Pecorino bianco alle regioni Abruzzo e Marche, a conferma dell’origine appenninica nei due ambiti regionali”.
“Le fonti principali della descrizione del vitigno riportata hanno fatto riferimento proprio al nostro clone suddetto e ad altro clone selezionato successivamente a quello abruzzese dall’Ispervit nelle Marche. Le due accessioni, che possono essere definite originarie abruzzese e marchigiana evidenziano alcune diversità nei caratteri morfologici soprattutto del grappolo, e non solo, e unica identità genetica”.
“In particolare negli anni ’90”, ripercorre Odoardi, “le peculiarità viticole ed enologiche del Pecorino sono state ampiamente riconosciute da tutti molto valide, viticoltori, enologi, ricercatori e consumatori e la superficie coltivata è aumentata rapidamente. Da alcune centinaia di ettari di fine anni ’90, in quest’ultima ventina il Pecorino ha superato di molto i 2.000 ettari, di cui oltre 1.600 presenti in Abruzzo. Nei decenni trascorsi, come vitigno autoctono italiano, ha fornito un rilevante contributo a controbilanciare i pregi di alcuni vitigni internazionali e migliorare le caratteristiche soprattutto dei vini trebbiani, sia in Abruzzo che nelle Marche”.
“Il vino Pecorino inoltre, è stato studiato anche per le sue proprietà sensoriali dal panel del Crivea nel 2008/09 che ne ha dimostrato la predisposizione ad elevare le sue qualità con l’invecchiamento anche oltre un decennio”, osserva infine Odoardi.
Fonte: Virtù Quotidiane