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Direzione Investigativa Antimafia: in Abruzzo assenti organizzazioni mafiose locali, rischio infiltrazione dall’esterno

Luca Marrone di Luca Marrone
17 Ottobre 2022
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L’Aquila. Il rischio di infiltrazione criminale in Abruzzo continua a provenire da fuori Regione, essendo lo scenario criminale abruzzese privo di organizzazioni mafiose autoctone. Questo è quanto si legge, tra l’altro, nella relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia pubblicata nei giorni scorsi e relativa al secondo semestre 2021. Lo studio prende in esame il fenomeno criminale nella sua evoluzione adattiva alle contingenze, nei suoi effetti sull’assetto economico-produttivo del Paese e analizza le modalità con cui persegue i suoi scopi nell’esercizio di un potere che è forte, ben radicato e strutturato secondo diversificate logiche e prassi criminogene.

Per quanto riguarda, in particolare, l’Abruzzo, afferma la relazione, l’attività di contrasto soprattutto preventiva continua a concentrarsi sugli aspetti eco­nomico-finanziari, con l’obiettivo primario di preservare il locale tessuto imprenditoriale da qualsiasi forma di permeabilità agli interessi criminali, specie laddove impegnato negli appalti per la ricostruzione “post sisma”. Infatti lo stanziamento di fondi pubblici per l’emergenza ter­remoto continua a costituire un’evidente attrattiva per le diverse matrici criminali e maggior­mente per quelle geograficamente più vicine quali camorra, sacra corona unita e ‘ndrangheta.

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Tali contesti, continua la relazione, oggi risentono anche delle ripercussioni della pandemia, con un pesante impat­to sul quadro occupazionale, che accrescono il rischio sia di infiltrazioni criminali attraverso metodi corruttivi negli appalti pubblici e più in generale nelle attività delle pubbliche amministrazioni, sia di interferenze mafiose nei capitali sociali di ditte soprattutto aquilane apparentemente sane, anche nella prospettiva del riciclaggio di capitali di provenienza illecita.

La relazione riporta quanto dichiarato dalla Presidente della Corte di Appello dell’Aquila, Fabrizia Francabandera, secondo cui “quanto alle fenomenologie criminali che hanno interessato il territorio del distretto, merita di essere segnalata la preoccupazione espressa, ancora una volta, dal Procuratore della Repubblica di Vasto per il concreto pericolo di infiltrazioni criminali per la vicinanza ad aree ad altra concentrazione malavitosa e per l’insediamento di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata a causa della vicinanza ad aree ad alta concentrazione malavitosa e per l’insediamento di soggetti appartenenti anche alla criminalità or­ganizzata campana e calabrese”. “Il Presidente del Tribunale di Avezzano”, continua Francabandera, “richiama il preoccupante fenomeno del riciclaggio e del reimpiego di capitali di origine illecita presente in quel circondario, oggetto di molteplici indagini da parte della D.D.A., che hanno dato luogo all’apertura di numerosi procedimenti penali (16 allo stato pendenti).”

Al riguardo – si legge nella relazione – risulta significativa anche la confisca, eseguita il 6 agosto 2021 dalla DIA di Napoli, del patrimonio mobiliare e immobiliare riconducibile a un imprenditore aquilano ri­tenuto responsabile di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti nell’ambito dell’operazione “Dama Bianca”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia dell’Aquila. L’attività investigativa aveva documentato come il destinatario della misura aves­se finanziato l’organizzazione criminale garantendo il supporto logistico e il trasporto della droga attraverso propri mezzi, nonché assumendo fittiziamente alcuni sodali di nazionalità albanese presso società a lui riconducibili. Il soggetto, coinvolto in casi di corruzione per l’ag­giudicazione di appalti commissionati dal Comune dell’Aquila per la ricostruzione post-sisma 2009 a fronte di modestissime fonti di reddito lecito, aveva accumulato un consistente patrimo­nio, occultato attraverso la fittizia intestazione a propri congiunti e la costituzione di un trust. La confisca di prevenzione, che segue il sequestro eseguito all’inizio del 2021, ha interessato beni e rapporti finanziari nelle province dell’Aquila e Teramo per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro.

Per quanto attiene al narcotraffico, la relazione considera che il numero delle organizzazioni coinvol­te nelle attività criminali con valenza transnazionale risulta sempre maggiore. Il 26 ottobre 2021, nell’am­bito dell’operazione “Magnetic box”, la polizia dell’Aquila ha disarticolato un’associazione com­posta da soggetti di origine kosovara e albanese, radicati nel tessuto sociale ed economico del capoluogo aquilano, con una posizione privilegiata nel mercato degli stupefacenti. Il sodalizio faceva capo a tre fratelli che gestivano l’intero traffico avvalendosi di associati di fiducia, legati tra loro anche da parentela, che si occupavano a vario titolo di custodia, confezionamento e vendita al dettaglio della cocaina, comunicando tra loro in lingua madre e utilizzando Whatsapp e Telegram. Per il trasporto della cocaina, l’organizzazione impie­gava specifici “box magnetici” che, tramite calamite, venivano occultati sotto il pianale delle autovetture o sul retro dei guard-rail stradali.

Un’altra “struttura organizzata”, con sede tra le provincie di Teramo e Pescara e diramazioni ad Ascoli Piceno e Rimini, è stata smantellata dai Carabinieri il 1° novembre 2021, grazie all’operazione “Alento”, all’esito di un’indagine sull’intera filiera del narcotraffico, dall’approvvigionamento in Belgio, Olanda e Germania, fino al trasferimento in Italia via Albania. La droga – eroina e cocaina – veniva nascosta in territorio abruzzese, da dove all’occorrenza veniva dirottata verso le destinazioni finali in Marche ed Emilia. Agli arrestati è stata contestata l’aggravante della transnazionalità.

La relazione considerata non trascura, poi, di approfondire le specificità provinciali dell’Abruzzo in tema di fenomeni criminali. In particolare, per quanto attiene alla provincia dell’Aquila, rimane centrale la questione relativa alla ricostruzione post sisma e agli stanziamenti di importanti finanziamenti erogati dallo Stato. Un ruolo chiave sembrerebbe svolto dalla costante attività di monitoraggio degli appalti, soprat­tutto per quelli dove sarebbe registrata la presenza di ditte/società provenienti da regioni di maggior radicamento della criminalità organizzata. In tal senso, l’attività svolta dai competenti Gruppi Provinciali Interforze assume un ruolo decisivo sia negli appalti per la ricostruzione di edifici pubblici attraverso le relative gare d’appalto, sia nel contesto della realizzazione di edifici privati con fondi pubblici. Costanti sono l’attenzione alla zona dell’Alto Sangro, ove si regi­stra la presenza di campani legati a consorterie criminali, e il monitoraggio delle co­stituzioni e degli spostamenti di sedi legali di imprese provenienti dalla stessa area geografica.

Per quanto riguarda la provincia di Chieti, l’area vastese risulta particolarmente esposta a costanti tentativi di infiltrazione da parte di sodalizi collegati alla criminalità organizzata pugliese e albanese. In particolare, i sodalizi foggiani, quelli del Gargano e di San Severo, di­mostrano una spiccata propensione al traffico degli stupefacenti. Relativamente alla presenza di criminalità straniera, sul territorio teatino appaiono particolar­mente attive le etnie albanesi dedite allo spaccio delle sostanze stupefacenti, che si avvalgono anche della storica comunità sinti presente sulla costa. L’attività di monitoraggio degli appalti del Gruppo Provinciale Interforze ha consentito al Pre­fetto di Chieti di emettere, il 31 agosto 2021, una misura interdittiva nei confronti di una ditta riconducibile a una albanese con precedenti per associazione finalizzata al traffico di stupefa­centi.

Nella provincia teramana sarebbe confermata la presenza di pregiudicati campani, nonché di pregiudicati calabresi vicini a una cosca mafiosa Gioia Tauro. Lo spaccio di sostanze stupefacenti nel territorio teramano sarebbe prevalente­mente appannaggio  di albanesi, oltre che delle famiglie stanziali di etnia Rom. Per quanto riguarda fenomeni di delinquenza comune, continuano ad avere un certo impatto le truffe ai danni degli anziani e quelle on-line.

La provincia di Pescara mantiene sempre alto il rischio di infiltrazione criminale. Infatti il capoluogo, oltre ad essere il più grande agglomerato urbano della Regione, rappresenta uno snodo di primaria importanza per quanto riguarda i collegamenti autostradali, in particolare tra Roma e il Sud Italia tra l’Adriatico settentrionale e meridionale, ed è inoltre sede del più importante porto della regione. L’area metropolitana, anche in virtù della sua posizione ge­ografica, parrebbe esposta al pericolo di infiltrazioni malavitose da parte di organizzazioni criminali in particolare pugliesi e campane, soprattutto nel settore industriale e commerciale. Nel territorio in esame, grazie anche ai collegamenti con i paesi balcanici, si evidenziano significative presenze di comunità straniere, in particolare albanesi e macedoni, spesso coinvolte nel traffico di sostanze stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione. Dalle risultanze investigative, inoltre, sull’intera area metropolitana emerge la presenza di altri gruppi di etnia Rom, dediti allo spaccio di sostanze stupefa­centi, all’usura, al gioco d’azzardo, alle truffe, alle estorsioni e al riciclaggio.

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