“C’era un uomo ricco… Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta… un giorno il povero morì… morì anche il ricco ma…”.
Questa non è una barzelletta, anzi, non fa ridere, tutt’altro.
C’era un ricco egoista che banchettava sempre e vestiva alla moda fregandosene del povero Lazzaro, che raccoglieva le briciole a terra.
Dopo la morte di entrambi, l’egoista finisce all’inferno e chiede ad Abramo di mandargli il povero Lazzaro che era in paradiso affinché gli desse un goccio d’acqua.
“Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni”, gli risponde Abramo, “e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo mondo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti”.
Allora il ricco chiede se almeno può mandare Lazzaro dai suoi fratelli per avvisarli di ciò che spetterà loro se non diventeranno più altruisti.
Ma Abramo gli risponde: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”.
È vero, siamo testardi, non capiamo, o non vogliamo capire quello che Dio ci dice. Neanche quando ci dona le cose più belle.
Noi continuiamo a fregarcene e a pensare a noi stessi, lasciando tanti Lazzaro al loro triste destino.
Anche se dai morti qualcuno venisse da noi, ce ne infischieremmo. Neanche Gesù che risorge riesce a cambiarci radicalmente.
L’Inferno non è altro che un rifiuto eterno di amare Dio, una scelta, libera, di fregarsene degli altri.
Per essere felice in cielo, e sulla terra, al ricco sarebbe bastato “amare”.
Per essere felice in cielo, e sulla terra, al ricco sarebbe bastato “amare”.
Questa parabola ci insegna che aiutare il prossimo fa bene soprattutto a chi aiuta e non solo a chi è aiutato.
Amare fa felice chi ama e non solo chi è amato.
Amare fa felice chi ama e non solo chi è amato.