Pescasseroli. All’interno dei confini del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise è vietato far volare un drone, di qualsiasi dimensione, senza preventiva autorizzazione dell’Ente Parco.
Il divieto non è assoluto: infatti come prevede la normativa di riferimento il volo può essere consentito dietro regolare richiesta di autorizzazione da parte del pilota all’Ente Parco.
Il rilascio dell’autorizzazione non avviene a seguito di un pagamento.
Il personale del Parco valuta, di volta in volta, l’opportunità di concedere o meno l’autorizzazione al sorvolo, in base all’itinerario di sorvolo richiesto e allo scopo dello stesso. Qualora sia concordata l’autorizzazione, il volo avviene in condizioni controllate sotto la supervisione di personale di sorveglianza e/o scientifico alle cui indicazioni, il pilota deve attenersi.
In base a quali norme?
In una comunicazione del Pnalm del 31 gennaio, “per semplificare e per meglio evidenziare che il divieto poggia le sue basi su di una legge nazionale, si affermava che la violazione veniva sanzionata ai sensi della L. 394/91, la Legge quadro sulle Aree Protette”, scrive sui social il Pnalm, “stranamente un grande numero di cultori della materia, feriti – non si sa ben come – nel profondo del loro orgoglio, ha dato fuoco alle tastiere per far notare, con grandissima veemenza, che il Parco non può vietare un bel nulla in materia di spazio aereo, che una legge del 91 non può normare un oggetto tecnologico come un drone e che la multa andava quindi annullata. Sappiamo bene che le normative di riferimento in materia di divieto di sorvolo e di chiusura di spazi aerei, sono dettate e applicate da ENAC, ma sappiamo anche che, così come si legge dallo stesso sito ufficiale dell’ENAC, il divieto di sorvolo con drone sulle aree protette nasce esattamente in applicazione alla legge 6 dicembre 1991, n. 394! Come si può leggere qui di seguito è lo stesso ENAC ad affermare che”:
𝐿𝑎 𝐿𝑒𝑔𝑔𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑑𝑟𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑟𝑒𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑡𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑎𝑙𝑙’𝑎𝑟𝑡. 11 ℎ) 𝑠𝑡𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑠𝑐𝑒 𝑐ℎ𝑒 “𝑒̀ 𝑣𝑖𝑒𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑖𝑙 𝑠𝑜𝑟𝑣𝑜𝑙𝑜 𝑑𝑖 𝑣𝑒𝑙𝑖𝑣𝑜𝑙𝑖 𝑛𝑜𝑛 𝑎𝑢𝑡𝑜𝑟𝑖𝑧𝑧𝑎𝑡𝑖, 𝑠𝑎𝑙𝑣𝑜 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑑𝑒𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑙𝑒𝑔𝑔𝑖 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑑𝑖𝑠𝑐𝑖𝑝𝑙𝑖𝑛𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑣𝑜𝑙𝑜”. 𝐼𝑙 𝐶𝑜𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑁𝑎𝑣𝑖𝑔𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒, 𝑎𝑙𝑙’𝑎𝑟𝑡. 793, “𝐷𝑖𝑣𝑖𝑒𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑟𝑣𝑜𝑙𝑜”, 𝑠𝑡𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖𝑠𝑐𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑙’𝐸𝑁𝐴𝐶 “𝑝𝑢𝑜̀ 𝑣𝑖𝑒𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑙 𝑑𝑖𝑣𝑖𝑒𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑟𝑣𝑜𝑙𝑜 𝑠𝑢 𝑑𝑒𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑧𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑖𝑡𝑜𝑟𝑖𝑜 𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑜𝑡𝑖𝑣𝑖 𝑑𝑖 𝑠𝑖𝑐𝑢𝑟𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑜 𝑑𝑖 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑜 𝑠𝑢 𝑟𝑖𝑐ℎ𝑖𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑒𝑡𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎𝑚𝑚𝑖𝑛𝑖𝑠𝑡𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒”. 𝐿𝑎 𝐶𝑖𝑟𝑐𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒 𝐸𝑁𝐴𝐶 𝐴𝑇𝑀-03𝐶 𝑑𝑖𝑠𝑐𝑖𝑝𝑙𝑖𝑛𝑎 𝑙𝑎 𝑚𝑜𝑑𝑎𝑙𝑖𝑡𝑎̀ 𝑐𝑜𝑛 𝑐𝑢𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑔𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑖𝑠𝑝𝑜𝑠𝑡𝑖 𝑖 𝑑𝑖𝑣𝑖𝑒𝑡𝑖 𝑑𝑖 𝑠𝑜𝑟𝑣𝑜𝑙𝑜, 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑖𝑛 𝑎𝑝𝑝𝑙𝑖𝑐𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑝𝑟𝑒𝑣𝑖𝑠𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑐𝑢𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑎 𝑙𝑒𝑔𝑔𝑒 394/91 (𝑙𝑒𝑔𝑔𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑑𝑟𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑟𝑒𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑡𝑒𝑡𝑡𝑒). 𝑃𝑟𝑒𝑚𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑠𝑜𝑝𝑟𝑎, 𝐸𝑛𝑎𝑐 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑣𝑒𝑑𝑒 𝑎 𝑓𝑎𝑟 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑎𝑟𝑒 𝑒𝑣𝑒𝑛𝑡𝑢𝑎𝑙𝑖 𝑟𝑒𝑠𝑡𝑟𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑠𝑝𝑎𝑧𝑖𝑜 𝑎𝑒𝑟𝑒𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑏𝑎𝑠𝑒 𝑎𝑛𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑖 𝑣𝑎𝑙𝑢𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑡𝑒𝑐𝑛𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑡𝑡𝑖𝑛𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑣𝑒𝑟𝑖𝑓𝑖𝑐ℎ𝑒 𝑑𝑖 𝑒𝑣𝑒𝑛𝑡𝑢𝑎𝑙𝑖 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑓𝑒𝑟𝑒𝑛𝑧𝑒, 𝑒𝑠𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑎 𝑝𝑎𝑟𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑠𝑒𝑟𝑣𝑖𝑐𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑣𝑖𝑑𝑒𝑟 𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑖, 𝑠𝑖𝑎 𝑖𝑛 𝐴𝐼𝑃 𝐼𝑡𝑎𝑙𝑖𝑎 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑝𝑖𝑎𝑡𝑡𝑎𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎 𝐷-𝐹𝑙𝑖𝑔ℎ𝑡. 𝐴𝑙𝑙𝑎 𝑙𝑢𝑐𝑒 𝑑𝑖 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑡𝑜 𝑟𝑎𝑝𝑝𝑟𝑒𝑠𝑒𝑛𝑡𝑎𝑡𝑜, 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑝𝑟𝑜𝑖𝑏𝑖𝑡𝑒 𝑎𝑙 𝑠𝑜𝑟𝑣𝑜𝑙𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑟𝑒𝑒 𝑖𝑛 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑖 𝑃𝑎𝑟𝑐ℎ𝑖 𝑖𝑙 𝑐𝑢𝑖 𝑑𝑖𝑣𝑖𝑒𝑡𝑜 𝑒̀ 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑣𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑎𝑙𝑙’𝐸𝑁𝐴𝐶 𝑒𝑑 𝑒̀ 𝑞𝑢𝑖𝑛𝑑𝑖 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑝𝑢𝑏𝑏𝑙𝑖𝑐𝑎𝑡𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙’𝐴𝐼𝑃 𝐼𝑡𝑎𝑙𝑖𝑎 𝐸𝑁𝑅 5.6.1-1 “𝑃𝑎𝑟𝑐ℎ𝑖 𝑛𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎𝑙𝑖 𝑒 𝑧𝑜𝑛𝑒 𝑠𝑜𝑔𝑔𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑎 𝑝𝑟𝑜𝑡𝑒𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑓𝑎𝑢𝑛𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎”.
“Il Parco, contrariamente a quanto dato per scontato da molti contestatori, ha da tempo completato tutte le procedure utili a far sì che il divieto di sorvolo sia reso effettivo da ENAC. Basterebbe controllare sulle mappe D-Flight o sugli elenchi ufficiali AIP ENAC delle aree interdette al volo”, continua.
Quali sono le motivazioni scientifiche?
“L’utilizzo e gli utilizzatori di droni”, vanno avanti dal Parco, “sia per finalità professionali che hobbystiche, sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni. I droni volano a bassa quota, sono rumorosi e possono arrivare in punti irraggiungibili per l’uomo. Possono quindi interagire in maniera più invasiva con gli animali. Tutti gli animali percepiscono la presenza dei droni. I mammiferi terrestri e gli uccelli sono i gruppi che reagiscono più negativamente. I droni sono difatti spesso attaccati da rapaci e basterebbe una breve rassegna di video su YouTube per trovare episodi in cui i droni hanno palesemente disturbato o messo in pericolo la fauna selvatica. Uno studio condotto negli USA nel 2015 ha provate che al passaggio del drone il battito cardiaco degli orsi neri aumenta drasticamente. Nelle femmine con piccoli gli effetti sono più intensi e di maggiore durata: fino a circa 4 ore di battito alterato!
Anche il pilota più in buonafede, se lasciato agire in autonomia, non potrà mai essere consapevole del danno potenziale che può procurare agli animali selvatici. Figuriamoci se proiettiamo questa eventualità sulla miriade di utilizzatori di droni che ad oggi praticano la loro passione in Italia e nel Mondo, anche un bambino capirebbe che lasciare libero arbitrio in un’area protetta non è accettabile, proprio per quanto fin qui ribadito. Per questo è necessario che in un’area protetta il libero arbitrio dell’essere umano, pressoché illimitato nel resto del territorio nazionale, sia regolamentato per il bene della Natura”.
Di seguito riportiamo solo alcune delle evidenze scientifiche che sui potenziali impatti dei droni sulla fauna selvatica:
Bennitt et al. (2019) Terrestrial mammalian wildlife responses to Unmanned Aerial Systems approaches. Scientific reports 9:2142.
Ditmer et al. (2015) Bears Show a Physiological but Limited Behavioral Response to Unmanned Aerial Vehicles. Current Biology 25, 2278–2283.
Mulero-Pázmány et al. (2017) Unmanned aircraft systems as a new source of disturbance for wildlife: A systematic review. PLoS ONE 12(6): e0178448.
Rebolo-Ifrán et al. (2019) Drones as a Threat to Wildlife: YouTube Complements Science in Providing Evidence about Their Effect. Environmental Conservation.
Stankov et al. (2019) The view from above: the relevance of shared aerial drone videos for destination marketing, Journal of Travel & Tourism Marketing.