Avezzano. Dovranno comparire davanti al giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Avezzano il 28 febbraio per la vicenda legata alla morte di Collinzio D’Orazio, trovato senza vita nel fiume Giovenco dopo un mese di ricerche. I due giovani di San Benedetto, Fabio Sante Mostacci, 30 anni, e Mirko Caniglia, 29, dovranno rispondere di abbandono di incapace, non più di omicidio volontario.
L’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore Maurizio Maria Cerrato, che eredita il fascicolo dalla collega Lara Seccacini recentemente trasferita.
Secondo l’accusa il 2 febbraio del 2019 i due indagati, dopo aver trovato D’Orazio nella piazza del paese a terra a causa dell’alcol che aveva ingerito, lo avrebbero fatto salire in macchina ma, anziché riaccompagnarlo a casa, o comunque in un altro luogo sicuro, lo avrebbero abbandonato in evidente stato confusionale, anche a causa dei problemi psichici e dell’evidente stato di ebbrezza, sotto la pioggia e alle basse temperature notturne, in una situazione di oggettivo pericolo. Secondo la procura, lo avrebbero lasciato in un luogo pericoloso e più in particolare “in un terreno isolato, fuori dal centro abitato, attraversato da un reticolo di strade pericolose per un percorso pedonale e dal fiume Giovenco”.
Bisogna arrivare al 23 febbraio quando fu ritrovato il cadavere nelle acque del Giovenco. I due giovani, secondo la procura di Avezzano, avrebbero continuato in quei giorni a non dire nulla e a non fornire neppure dati utili per il rinvenimento della vittima che veniva cercato ovunque da volontari e da una task forze di vigili del fuoco, carabinieri e polizia. Anzi, secondo la procura, avrebbero addirittura depistato le indagini. Nella seconda fase delle indagini l’accusa era diventata quella di omicidio volontario. Ora il capo d’accusa è tornato quello originario. I due, difesi dagli avvocati Franco Colucci, Mario Flammini e Antonio Milo, devono rispondere anche dell’aggravante di aver causato, con il loro gesto, la conseguente morte di D’Orazio.
Il pm aveva poi chiesto la proroga delle indagini ritenendo di dover procedere a ulteriori accertamenti tecnici non ripetibili che sono andati evidentemente a integrare quelli precedentemente eseguiti sia dai reparti scientifici dell’Arma, sia da consulenti tecnici informatici sui cellulari delle persone coinvolte nella vicenda. La vicenda ruota attorno a dei messaggi che gli accusati e anche un altro giovane si sarebbero scambiati. E’ stato eseguito un accertamento sul telefono di questo terzo ragazzo, , un 27enne non indagato, uno smartphone Huawei sequestrato dai carabinieri su disposizione della Procura. Oltre a un consulente tecnico informatico, anche i carabinieri del Reparto investigazioni scientifica (Ris) si sono occupati di eseguire accertamenti, come le tracce trovate sull’Audi A3 proprietà di Mostacci.