Corcumello. Come vi abbiamo già raccontato (articolo qui) è stato da poco ritrovato un importantissimo reperto archeologico nel territorio di Corcumello. Si tratta di un imponente fregio lungo 2,20 metri, figurato con armi di epoca romana, che in passato era stato reimpiegato nelle murature della chiesa di Sant’Anatolia, oggi ridotta a stato di rudere. La soprintendenza ringrazia un cittadino per la segnalazione e la collaborazione del proprietario del terreno, senza di cui non sarebbe stato possibile procedere con il recupero. Il fregio, un blocco unico di pietra calcarea che probabilmente apparteneva ad un monumento funerario di epoca imperiale, presumibilmente era posto lungo una delle strade che attraversavano il territorio di Alba Fucens, al cui interno all’epoca ricadeva anche l’area di Corcumello. Il blocco è in ottimo stato di conservazione e la soprintendenza fa sapere che a breve si procederà con il restauro e lo studio da parte degli archeologi.
Ma in realtà ad un occhio esperto non sfugge che ci si trova davanti ad un reperto di incredibile valore storico, sia per le modalità di conservazione, praticamente perfette, ma anche e soprattutto per ciò che rappresenta, ovvero il monumento funebre di un importante ufficiale dell’esercito romano, che deve aver avuto un ruolo di prim’ordine nella campagna dacica di Traiano. Ma da cosa si deducono queste informazioni? Sul lato anteriore sono rappresentate in rilievo armi di vario genere, in buono stato di conservazione e poste in successione, a comporre un insieme che attinge a un ricco repertorio iconografico tipico dell’età romana del primo secolo dopo Cristo. La forma dello scudo ci dice già molto, perché è del tipo stondato usato dagli ufficiali, soprattutto in parata. Di solito le armi romane, soprattutto gli scudi, erano solo dipinti e quasi mai in rilievo, tranne per quelle che venivano usate durante i trionfi o riportate sui monumenti funebri.
Ma è il fregio a raccontarci con certezza che quest’arma apparteneva ad un ufficiale romano, un prefetto di campo o addirittura un legato, che deve aver avuto una grande importanza nella campagna dacica di Traiano. E allora non ci resta che confrontare lo scudo di Corcumello (a sinistra) con un particolare della colonna traiana a Roma (a destra).
Nel dettaglio si può notare lo scudo di un legionario con lo stesso identico fregio circolare di quello ritrovato a Corcumello, che alle estremità presenta due mezzelune. E nella parte della colonna traiana che viene portata ad esempio si parla proprio delle campagne daciche di Traiano, a cui i soldati riportano con orgoglio le teste dei capi vinti. Chissà forse era lo stesso ufficiale rappresentato anche sulla colonna Traiana di Roma, oppure forse faceva parte di una di quelle invincibili “cohortem Marsorum”, che nonostante ormai fosse passata da tempo la guerra sociale, o guerra Marsica, Flacco amava descrivere ancora come “Marsi” quando raccontò che i Daci “ancora nascondono nel cuore il terrore dei Marsi”. Era abbastanza usuale, infatti, che ai veterani venissero assegnati terreni e ville (fattorie) al termine del lungo periodo di servizio di leva. Ad Alba Fucens, ad esempio, vennero assegnati molti terreni ai veterani di Silla.
Ma c’è un altro particolare che ci conferma con assoluta certezza che si tratti di un legionario che partecipò alla campagna dacica di Traiano. La campagna di Dacia è l’unica durante la quale si hanno testimonianze dell’uso della lorica manica, che si vede rappresentata benissimo di fianco la lorica segmentata anche nel fregio di Corcumello.
Durante le guerre di Dacia le truppe romane, che fino ad allora non l’avevano adottata nella loro dotazione standard, ne ripresero l’uso dai gladiatori; la manica veniva indossata insieme alla lorica segmentata, provvista di maniche corte, quale protezione contro la temibile falce dacica, che poteva aggirare o trapassare da parte a parte lo scutum dei legionari romani. Il suo uso, insieme agli schinieri di metallo che sono anche nel fregio rinvenuto a Corcumello, viene così testimoniato nei numerosi bassorilievi che ricordano la campagna di Dacia, inclusi il Tropaeum Traiani ad Adamclisi (in Romania) e la celebre Colonna Traiana a Roma.
Non dimentichiamo, inoltre, che ad Alba Fucens venne ritrovata un’iscrizione che celebra Traiano come vittorioso sui Daci. La seguente iscrizione, ritrovata dal Camarra su un marmo un tempo conservato nella chiesa collegiata di Avezzano, ci offre la testimonianza di come l’imperatore Traiano sia riuscito a restituire ai possessori i campi, che nel frattempo in parte erano stati di nuovo inondati dal Fucino:
IMP. CAESARI. DIVI
NERVAE. FIL. NERVAE
TRAIANO. OPTIMO
AVG. GERMANICO
DACICO. PARTHICO
PONT. MAX. TRIB. POT. XXI
COS. VI. PATRI. PATRIAE
SENATUS. POPULUSQ. ROMANUS
OB. RECIPERATOS. AGROS. ET. POSSESS. RE…
QUOS. LACVS. FVCINI. VIOLENT……
Di seguito il testo integrato
IMP(eratori) CAESARI, DIVI NERVAE FIL(io), NERVAE, TRAIANO, OPTIMO, AVG(usto), , GERMANICO, DACICO, PARTHICO, PONT(ifici) MAX(imo), TRIB(unicia) POT(estate) VIGESIMAPRIMA, CO(n)S(uli) SEXTUM, PATRI PATRIAE, SENATUS POPULUSQ(ue) ROMANUS, OB RECIPERATOS AGROS ET POSSESS(oribus) RE(stitutos), QUOS LACUS FVCINI VIOLENT(ia inundaverat.)
che può essere tradotto all’incirca così:
All’Imperatore, Cesare, figlio del divo Nerva, Nerva, Traiano, Ottimo, Augusto, Germanico, Dacico, Partico, Pontefice Massimo, Tribuno per la ventunesima volta, Console per la sesta volta, Padre della Patria, il Senato ed il Popolo romano, per i terreni recuperati e restituiti ai (loro) possessori, che la violenza del lago Fucino aveva inondati
E con ogni probabilità fu proprio grazie al ricco bottino ottenuto durante la guerra dacica che Traiano riuscì a finanziare il nuovo e costosissimo progetto di prosciugamento del Fucino, inaugurato diversi anni prima da Claudio ma che in quell’epoca, dopo mezzo secolo di abbandono, necessitava di un’urgente sistemazione.