E’, per dimensioni e fatturato, la più importante cantina privata abruzzese. E’ un brand che ha contribuito a far conoscere l’Abruzzo del vino in tutto il mondo (il Montepulciano col “tralcetto” è il vino rosso italiano più venduto negli Stati Uniti e nella top ten in diversi mercati internazionali, come quello Nordeuropeo). E’ un’impresa in cui parole come tenacia, sogno, sfida, esperienza, perseveranza, non sono semplici slogan, ma linee guida concrete, messe in pratica ogni giorno da quasi cinquant’anni. Questo, e tanto altro, è la Cantina Zaccagnini, che dal minuscolo Bolognano, un comune di mille abitanti in provincia di Pescara, oggi vende più di 5 milioni di bottiglie in una trentina di Paesi, ha circa 150 dipendenti, fattura oltre trenta milioni di euro e rappresenta uno dei modelli imprenditoriali di maggior successo nell’intero settore vitivinicolo nazionale. Non è facile condensare in poche righe quello che Marcello Zaccagnini, colui che ha tutto questo ha dato inizio, ci ha raccontato. Però vale la pena provarci.
“A chi mi vuol parlare di vino e di impresa nel mondo vitivinicolo“, ci racconta, “la prima cosa che chiedo è: da quanto tempo lo fai? Se mi risponde meno di 20 anni difficilmente porto avanti la conversazione. Il vino è tutta questione di tempo. Di sfide, di prove, di scommesse e sperimentazioni. E ci vogliono almeno 20-25 anni per iniziare a capirci qualcosa. Puoi anche essere ricco, acquistare terreni, uve e i migliori enologi in circolazione. Alla fine farai anche un buon vino. Ma non lo avrai intimamente capito, non avrai compreso il suo legame con la tua terra, non gli avrai dato una vera identità. Non puoi fare un grande vino se non hai qualcosa dentro da esprimere, come nelle opere d’arte. E per capire cosa hai e cosa puoi esprimere ci vuole tempo, tanto tempo“.
“A chi mi chiede quali sono stati i miei punti di forza dico la tenacia, la gavetta, il sudore della fronte. E ancora oggi, dopo quasi cinquant’anni, ho lo stesso atteggiamento. Arrivo qui in cantina la mattina e me ne vado la sera, cercando di trasferire lo stesso spirito a chi mi sta intorno“.
Un personaggio singolare, Marcello, un po’ anomalo per il mondo del vino. Un mondo dove spesso il titolare ama stare sotto i riflettori, ama ricevere i complimenti (più o meno sinceri). Lui no, non lo incontri facilmente. Preferisce quasi sempre dar la parola agli altri, ai suoi collaboratori. Primo fra tutti Concezio Marulli, suo cugino, enologo storico dell’azienda: altro personaggio eccezionale, di un’umiltà e disponibilità che sono pari solo alla sua conoscenza del mondo enologico. Tra i due un legame fatto di rispetto assoluto e amore. Un sodalizio, quello di Marcello e Concezio, indissolubile, più forte, se possibile, di quello che può essere un legame tra un padre e un figlio (non sono esagerazioni, ma le parole testuali di Marcello). Un’unione che ha fatto e continua a fare la fortuna di questa azienda.
“Io sono partito da niente“, continua. “Per pagare i primi macchinari (metà anni Settanta – ndr) ho fatto per 11 anni l’operaio. E quella per me è stata una scuola di vita fondamentale, la migliore università che uno possa mai fare, come dico sempre ai miei figli. Poi una serie di eventi fortunati hanno fatto fare il salto di qualità alla mia azienda. L’uso del tralcetto a completare l’etichetta: la più semplice e geniale idea di marketing che potesse esserci, suggerita da un professore dell’agrario, visto che non avevo i soldi per pagarmi gli studi grafici più alla moda. La visita di Joseph Beuys, padre della cosiddetta arte concettuale, che vide in quella bottiglia con etichetta scritta a mano e dove il tralcio di vite veniva aggiunto, uno alla volta, con precisione certosina da impagabili signore, un’opera d’arte (tutt’ora è così, anche se i numeri sono diventati milioni! – ndr): d’improvviso i miei vini finirono sui cataloghi di tutto il mondo! E poi tante altre grandi e piccole tappe che ci hanno portato dove siamo oggi”.
“Ma, più di tutto, la perseveranza, il culto del lavoro e la consapevolezza che io avessi nel DNA un talento per fare l’imprenditore, ma che per fare davvero un buon vino dovevo circondarmi di bravi tecnici e consulenti che, nei loro rispettivi campi, ne sapessero più di me. Il vero segreto del successo sta tutto nell’assemblare il team giusto. E’ solo lavorando di squadra, definendo bene i ruoli e rispettandosi l’un l’altro che si possono affrontare nuove sfide ogni anno ed ottenere grandi risultati“.
Questo concetto del team e dell’importanza dei collaboratori lo ha ripetuto tante volte nell’intervista. E siccome è sempre stato un uomo che ha preferito far parlare i fatti, ecco che è in diruttura d’arrivo un progetto di welfare rivoluzionario e davvero unico nel suo genere, almeno nell’ambito delle cantine vinicole. Una palestra super attrezzata e una “mensa” a 5 stelle per tutti i dipendenti, che potranno accedere a servizi di qualità assoluta ad un costo simbolico (che, tra l’altro, sarà usato per finanziare progetti culturali o sociali). E poi un piano assicurativo esteso a tutta la famiglia, affinché tutti possano sentirsi più tranquilli e protetti, non solo personalmente, ma anche negli affetti più cari.
Il sogno più grande come imprenditore? Vedere un giorno i suoi tre figli prendere le redini dell’azienda e darle ulteriore slancio. Per adesso si stanno formando, con importanti studi ed esperienze in ambito marketing, legislativo e artistico. D’altronde, finché c’è la grande coppia Marcello-Concezio, Zaccagnini è in mani sicure!