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Libri “pericolosi”, tra proibizioni, censure e immoralità #LetteraturaLive

Roberta Di Pascasio di Roberta Di Pascasio
3 Aprile 2021
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I libri hanno un potere straordinario.
Aprono la mente, favoriscono l’immaginazione, rendono liberi e consapevoli, ci immergono in altre realtà che diventano vere e credibili, insegnano a vivere. Siamo talmente immersi nelle storie da essere diventati quasi assuefatti al loro potere magico, eppure basta iniziare a leggere un libro per capirne gli effetti: veniamo completamente risucchiati, la nostra mente non riesce a opporre resistenza alla forza di gravità esercitata dal racconto. Un potere definito da Tolstoj “il contagio dell’arte”: i libri influenzano i nostri comportamenti, consentono di scegliere e di ragionare, di riflettere e di decidere. Per questo motivo alcuni sono stati ritenuti pericolosi e dunque censurati, proibiti, bruciati addirittura: pensiamo alla santa inquisizione romana, alla rivoluzione francese, alla Germania nazista che nel 1933 bruciava i libri di autori considerati capaci di corrompere il pensiero o offendere la morale.

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Particolarmente significativi due romanzi che riflettono su tale contagio. Nel 1953 Ray Bradbury scrisse un romanzo dal titolo “Fahrenheit 451”, che è la temperatura a cui la carta brucia. L’autore immagina un futuro in cui leggere libri è reato, così viene istituito uno speciale corpo dei vigili del fuoco che, invece di spegnere le fiamme, le attizza per bruciare tutti i libri possibili. Solo la televisione è ammessa come strumento di istruzione ed educazione delle masse. Il protagonista è un vigile del fuoco, Guy Montag, ligio al dovere fino al giorno in cui, violando le regole, legge un breve trafiletto di un libro che dovrebbe distruggere. Da quel momento inizia a leggere di nascosto, a salvare qualche testo; conosce una ragazza vicina di casa la cui famiglia non guarda la tv ma parla, condivide, racconta. Il romanzo di Bradbury è una denuncia contro la censura e il dominio del pensiero, un romanzo sull’indipendenza e la necessità di pensare con la propria testa, sull’importanza di conservare i libri e le voci di dissenso che si sollevano dalle pagine scritte, sull’importanza dei ribelli che salvano la memoria letteraria dell’umanità.

Pochi anni prima era uscito “1984” di George Orwell che racconta un mondo governato dal Grande Fratello che tutto vede attraverso le telecamere e tutti controlla con il braccio armato della psicopolizia, un mondo capovolto in cui la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza. È impossibile pensare, amare, divertirsi, si può solo sopravvivere secondo i dettami del potere. Un romanzo in cui convergono le grandi paure dello scrittore: il totalitarismo, il controllo sui cittadini con la manipolazione dei media, la perdita di memoria storica, l’annullamento dell’identità individuale.

Il ‘pericolo’ insito nelle storie ha fatto sì che alcuni romanzi e i loro autori venissero condannati per oltraggio, perché offensivi o corruttori della morale. Pensiamo a “Madame Bovary” di Gustave Flaubert. Emma Bovary, annoiata dalla vita di provincia, trascorre le giornate leggendo romanzi popolari dove le eroine vivono avventure che la colmano di irrequietezza e malinconia, la fanno sognare e struggere: dame perseguitate, foreste e castelli, giuramenti, bei cavalieri, ardore, addii strazianti, singhiozzi. Sognando così una vita romantica e piena di passione e libertà, cederà all’adulterio. Quando fu pubblicato il romanzo fu accusato di oscenità, ma venne assolto ed ebbe un tale successo che fu coniato il termine bovarismo a indicare quella diffusa infelicità, quel disadattamento alla realtà che i libri erano capaci di provocare. Tanto che tra i diritti del lettore di cui parla Pennac, oltre a quello di saltare le pagine, di non finire un libro o di rileggerlo, c’è il diritto al bovarismo.

Pensiamo a Baudelaire: sta con i mendicanti, i clochard, gli zingari, il suo primo amore è una prostituta ebrea e le sue poesie “I fiori del male” gli causano un processo di oltraggio al pudore. Anche “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde fu accolto con scandalo e furiose polemiche perché racconta la storia del bellissimo Dorian che riesce a conservare intatte gioventù e bellezza, nonostante le dissolutezze a cui si abbandona: è infatti un suo ritratto nascosto a invecchiare al suo posto. Baudelaire, Flaubert, Wilde: tutti e tre appartenenti a famiglie borghesi, famiglie perbeniste di cui saranno i più tenaci traditori, anime sovversive, spiriti ribelli.

Spesso l’arte ha avuto bisogno di coraggio, di ribellione, di tenacia per poter sopravvivere. I libri sono strumenti di libertà e consapevolezza, di ricchezza e profondità; sono un antidoto alla solitudine perché ci fanno sentire parte di un mondo dove i sentimenti, i timori e i bisogni sono universali, attraverso la letteratura non ci sentiremo mai soli o diversi, esclusi o isolati. Le storie come uno scudo con cui ci difendiamo dai colpi della vita.

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