Domandarsi qual è il ciclo di vita di un vino, dall’idea che scocca nella mente del produttore fino al momento in cui la bottiglia raggiunge il consumatore finale, potrebbe sembrare abbastanza scontato, soprattutto per chi lo beve avendone un minimo di conoscenza.
Ci sono, però, tante variabili e tanti restroscena che non tutti conoscono.
Nelle prossime settimane ci lanceremo in un viaggio a tappe alla scoperta del grande lavoro necessario a produrre un vino di qualità, con un duplice obiettivo: parlare ai più inesperti con un linguaggio semplice ma rigoroso, comprensibile a tutti, ma anche permettere a chi è già ferrato in materia di confrontare le proprie idee e conoscenze con gli esperti di Tenuta Secolo IX, l’azienda pescarese che sponsorizza questo ciclo di approfondimento.
La prima tappa del ciclo di una bottiglia di vino: la nascita dell’idea.
Da dove nasce l’idea? Chi propone di realizzare un nuovo vino? Perché? Secondo quali criteri? Queste e molte altre sono le domande che ci potrebbero venire in mente solo osservando una bottiglia di vino.
E proprio da queste siamo partiti nella nostra chiacchierata con l’enologo di Tenuta Secolo IX, Donato di Tommaso, per avere delle risposte che potessero offrirci un quadro completo.
“L’idea di realizzare un nuovo vino nasce da sé. Parte tutto dalla materia prima: perché la vigna “parla” e magari ti presenta delle uve che per loro natura esprimono qualcosa di particolare. Ti chiama allora a “leggere” il vigneto, il frutto, gli elementi essenziali che si hanno, metterli a nudo ed esaltarne le peculiarità, tenendo conto anche e soprattutto dei destinatari a cui è indirizzato il prodotto“.
In una realtà storica, classica o di piccole dimensioni sono queste le reali cause che ti spingono a creare un nuovo vino. E’ la vigna che “ti chiama”. Non c’è quasi mai una strategia di marketing, un target da inseguire, un prodotto da progettare a seconda di chi lo berrà. Cosa che, invece, è alla base delle azioni delle grandi realtà industriali, che devono ovviamente agire secondo altre logiche. Ecco, volendo sintetizzare in un caso abbiamo un processo di creazione, nell’altro di costruzione.
“Per questo tipo di lavoro c’è bisogno della collaborazione e della condivisione di esperienze, idee e passioni di diversi soggetti: produttori, enologi e agronomi. Il vino è infatti il risultato di un gioco di squadra“.
“Il produttore è il proprietario del fondo dell’azienda agricola. E’ un appassionato nato tra le vigne, o che le ha acquistate come investimento, che produce il vino secondo una propria visione personale di questa realtà“.
“L’enologo è il tecnico che lo aiuta a trasformare il vino in una materia finita. Segue lo sviluppo, la crescita e i cambiamenti che avvengono cercando di creare un equilibrio tra ciò che c’è dentro la cantina (lavorazione delle uve) e ciò che c’è fuori (destinatari). La difficoltà dell’enologo, nella mia visione, sta nell’evitare di svilire la personalità e l’identità dell’azienda, che devono essere sempre riconoscibili nella bottiglia, nel giusto compromesso con le logiche di mercato“.
“Il compito dell’agronomo è quello di individuare i punti di forza agronomici di un territorio, di esaltarne le potenzialità viticole, gestendo i vigneti in modo da esaltarne le qualità intrinseche delle uve.”
“E’ ovvio che per poter far nascere un prodotto di qualità queste tre identità devono coesistere ed interagire in maniera affiatata“.
Dall’idea al prodotto finito: le tempistiche
“I tempi che vengono impiegati per passare dall’idea al prodotto finito variano e dipendono da numerosi fattori. Se si parte da zero, ad esempio, sarà necessario prima trovare il luogo giusto, le opportune condizioni pedologiche e microclimatiche, e poi dare tempo alla vite di iniziare ad esprimere i propri frutti. Parliamo come minimo di quattro anni”.
“Se invece la situazione che ci si presenta davanti prevede già il possesso di un vitigno con i suoi frutti, il tutto si potrebbe ridurre diciamo a un anno di tempo. E’ importante sottolineare, però, che per raggiungere uno standard qualitativo elevato, e anche un corretto equilibrio, c’è bisogno di un miglioramento continuo che si raggiunge solo studiando e lavorando di anno in anno“.
Penso al nostro Moscato secco Fonte Grotta ad esempio. Lo abbiamo pensato nel 2012, come risposta ad un’esigenza pratica, ovvero quella di avere 15 ettari di quest’uva che non potevano essere destinati solo ad una produzione di passiti dolci.
Cosa può andare storto.
“Ci sono numerose variabili che potrebbero ostacolare questo tipo di percorso. In primis fattori climatici che agiscono indipendentemente da noi e su cui non possiamo ovviamente intervenire. Successivamente si può andare incontro a problemi in cantina, legati alla fermentazione oppure a un inadeguato affinamento. Insomma, ci si potrebbe trovare davanti a un prodotto che non si traduce in ciò che era stato inizialmente pensato”.
Ma questa è un’altra storia. Nel prossimo appuntamento scopriremo quali sono gli approcci utilizzati in vigna. Siete curiosi di scoprirli? Restate sintonizzati!