Avezzano. Svolta nel giallo sulla morte di Collinzio D’Orazio. I due giovani coinvolti ora sono accusati di omicidio volontario aggravato perché quella sera del 23 febbraio dello scorso anno avrebbero gettato nel fiume Giovenco il corpo ancora in vita di Collinzio D’Orazio. La svolta è arrivata alla vigilia dell’interrogatorio davanti al sostituto procuratore Lara Seccavini che indaga sul caso e previsto lunedì prossimo. Fino a ora erano stati indagati di abbandono di incapace. Dopo la scomparsa della vittima, il cui corpo è stato ritrovato nel fiume soltanto un mese dopo la morte, si era occupato anche la trasmissione televisiva della Rai Chi l’ha visto?.
Gli indagati sono Fabio Sante Mostacci, 28 nanni, e Mirko Caniglia, 28. Probabilmente sono arrivate infatti risposte importanti dalle ultime relazioni del Ris di Roma e dagli esiti degli accertamenti riguardo alle conversazioni trovate sui cellulari e intercorse attraverso i messaggi, ma anche tramite social network. I due giovani sono stati invitati a rendere interrogatorio
L’accusa è arrivata dopo mesi di attesa per l’esito delle relazioni definitive dei periti informatici che hanno analizzato i cellulari posti sotto sequestro dai carabinieri del nucleo operativo che hanno svolto le indagini. I militari, guidati dal comandante Bruno Tarantini, non hanno tralasciato alcun dettaglio e il sostituto procuratore della Repubblica di Avezzano ha voluto un quadro completo prima di formalizzare la nuova accusa di omicidio. E’ stata già eseguita anche una relazione sulla Audi A3 di proprietà di Mostacci sottoposta a delle analisi da parte del Ris di Roma.
I fatti risalgono al 23 febbraio del 2019 sarebbe stato al bar del paese e avrebbe bevuto degli alcolici nonostante a causa dei medicinali che assumeva non avrebbe potuto. E’ stato anche filmato con un cellulare davanti al locale. Poi le sue tracce diventano vaghe, fino a quando i due giovani indagati, secondo il loro racconto, lo avrebbero trovato per strada ubriaco decidendo di riaccompagnarlo a casa. Avrebbero però sbagliato abitazione, suonando al citofono della famiglia di un avvocato del paese. Il professionista si è affacciato alla finestra. Successivamente ha raccontato di aver visto uno dei due che strattonava D’Orazio per farlo uscire dall’auto, ma lui non voleva. Così poi sono ripartiti ma non sono andati all’abitazione successiva, a circa 20 metri, quella della famiglia del 51enne. Avrebbero fatto dietrofront dirigendosi in una strada più isolata, dove sarebbe stato lasciato D’Orazio. In quel punto si perdono le tracce della vittima. Anche i cani molecolari si sono fermati lì, come se dell’umo non ci fosse più alcuna traccia. I reparti cinofili non avevano trovato tracce dell’uomo neanche lungo il percorso che da quel punto porta al fiume. Dopo circa un mese il corpo è stato ritrovato nel Giovenco.
Le indagini del sostituto procuratore della Repubblica di Avezzano, Lara Seccacini, avevano portato prima all’accusa di omicidio contro ignoti, ma subito all’iscrizione nel registro degli indagati dei due giovani ma che dovevano rispondere di abbandono di incapace. Il pm aveva poi chiesto la proroga delle indagini ritenendo di dover procedere a ulteriori accertamenti tecnici non ripetibili che sono andati evidentemente a integrare quelli precedentemente eseguiti sia dai reparti scientifici dell’Arma, sia da consulenti tecnici informatici sui cellulari delle persone coinvolte nella vicenda. Ora i difensori dei due giovani accusati sono in attesa di capire cosa abbia in mano l’accusa. Le indagini dei carabinieri della compagnia di Avezzano, al comando del capitano Luigi Strianese, hanno permesso di raccogliere numerosi elementi ora al vaglio della procura.
Il giallo ruota attorno a dei messaggi, soprattutto a uno molto sospetto in cui si parlerebbe di un “sacco di patate sistemato a Strada 19”, non lontano dal fiume Giovenco, ma anche della frase “l’abbiamo gettato a Fucino”. Messaggio che si troverebbe sul telefono di un altro giovane. Un messaggio “cifrato” oppure solo una strana coincidenza? E’ stato eseguito un accertamento sul telefono di questo terzo ragazzo, amico dei due indagati, A.R., 27 anni, non indagato. Il suo smartphone Huawei è stato stato sequestrato dai carabinieri su disposizione della Procura. E’ stato analizzato dal consulente tecnico Antonio Barbieri, l’esperto informatico che ha lavorato anche al recupero dei dati e dei messaggi cancellati dai cellulari.
I difensori dei due indagati, il legale Antonio Milo e gli avvocati Mario Flammini e Franco Colucci, sono pronti a dare battaglia e sostengono che dalla consulenza di parte sull’autopsia della vittima non emergono elementi che facciano pensare a una morte violenta. «Per quanto ci risulta», hanno affermato nel corso delle indagini, «non sono stati riscontrati quadri di lesività riconducibili ad azioni violente». Secondo questa tesi, quindi, D’Orazio potrebbe essere caduto nel fiume e sarebbe annegato. Ma i dubbi restano.