Collelongo. L’ufficio di presidenza del Senato ha tolto il vitalizio a Ottaviano Del Turco, sindacalista socialista, già segretario aggiunto della Cgil e poi parlamentare del Pd e presidente della Regione Abruzzo. Del Turco è malato di tumore e di altre gravi patologie. Si trova nella sua casa di Collelongo in fin di vita. Ora però è rimasto anche senza pensione. Una denuncia pubblica arriva dal direttore dell’Avanti, dall’amico Claudio Martelli, ex ministro ed ex vicepresidente del consiglio.
“Del Turco è malato di tumore e affetto da Alzheimer e Parkinson da più di un anno”, spiega Martelli, “è segregato in casa in stato di incoscienza, condannato senza prove dopo mesi di carcere preventivo. Essere puniti retroattivamente per reati che non esistevano al momento della presunta commissione dei fatti è già un’oscenità giuridica contro la Costituzione. Infierire su un uomo già perseguitato da una condanna ingiusta, cui resta solo un fil di vita, è una barbarie immorale, incivile e disumana. Mentre invochiamo un atto di clemenza dal Presidente della Repubblica chiariremo chi, oltre i soliti noti giustizialisti 5 Stelle, leghisti e Coltelli d’Italia, si è reso responsabile di questa infamia”.
La decisione di togliere il vitalizio a un uomo in fin di vita, al di là dell’opportunità morale ed etica, secondo Martelli ed altri amici di Del Turco, è anche un atto illegale. Il presunto reato del quale è accusato del Turco risale al 2006 e la norma sul ritiro della pensione è del 2015. Non è chiaro come alcuni parlamentari abbiano potuto applicare una pena retroattiva. Forse un errore di procedura. L’articolo 25 della Costituzione afferma che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Eppure sarebbe accaduto proprio questo. Anche Piero Sansonetti in un articolo sul Riformista ha denunciato con indignazione quello che sta accadendo a Del Turco.
Del Turco fuggì da giovane per Roma da Collelongo. Proveniva da una famiglia modesta ma ben presto sarebbe divenuto protagonista importante di un trentennio di storia italiana. Iniziò l’attività sindacale dalla base e a 25 anni era gi un dirigente nazionale della Fiom. Si avvicinò al partito socialista e lottò con grandi risultati a fianco dei metallurgici con la Cgil. Nel 1984, quando Craxi decise di tagliare la scala mobile, il sindacato si spaccò in due: Del Turco stava con Carniti e con Craxi, contro Lama e Trentin, vinse quella battaglia, e poi si diede da fare per ricucire, per evitare una disfatta sindacale. Nel 92, quando scoppiò Tangentopoli, entrò in politica, fece il parlamentare, il ministro, il Presidente dell’antimafia, aderì al Pd.
“Fino al giorno nel quale cadde in una piccola congiura abruzzese”, scrive Sansonetti, “della quale fecero parte imprenditori della sanità e qualche magistrato. Del Turco fu messo in trappola, accusato addirittura di associazione a delinquere. Gettato in carcere per mesi. Le prove non c’erano, per questo lo tenevano in cella. Speravano che confessasse. Ma non aveva niente da confessare. Le poche prove sbandierate dagli accusatori si rivelarono false. Alla fine le accuse caddero quasi tutte, la Cassazione le cancellò, la teoria del grande imbroglio si sbriciolò, e Del Turco, che era stato abbandonato da quasi tutti, soprattutto – come succede spesso – dal suo partito, e cioè dal Pd, finì condannato solo per il reato di induzione indebita. È stata una condanna ingiusta, fondata su un teorema, non sulle prove. Ora pende in Cassazione una richiesta di revisione del processo”. Nel frattempo però si è deciso di togliere la pensione a un uomo provato e in fin di vita.