Avezzano. Trentatreesimo appuntamento con Psicotime, la rubrica in collaborazione con la psicologa Giulia D’Ascanio. Se stai leggendo questo articolo, evidentemente non hai seguito le indicazioni scritte nel titolo. Ed è proprio quello che volevo accadesse. Perchè molte persone, quando gli viene chiesto di non fare qualcosa, lo fanno?
Sarà successo a tutti, almeno una volta nella vita, di sentirsi dire di non fare una determinata cosa, anche sotto forma di consiglio, e poi puntualmente disattendere ogni indicazione. È qualcosa che succede molto spesso, soprattutto quando la richiesta assomiglia ad un ordine. È ribellione? Curiosità? Desiderio di libertà?
In realtà questo tipo di reazione comportamentale ha un nome e si chiama reattanza psicologica: altro non è che un meccanismo inconscio, una reazione istintuale che spinge a non seguire le indicazioni o gli ordini imparatiti da qualcuno, anche se si tratta di persone care come, per esempio, genitori o amici intimi. Quando una persona avverte che la propria autonomia e libertà (anche di scelta) viene limitata con indicazioni o divieti, inconsciamente si accende il desiderio di ristabilire la propria indipendenza, anche attraverso la lotta o la ribellione. Quindi quando vi siano elementi esterni che vogliono ridurre la libertà, si sarà portati a compiere la scelta opposta, a volte anche contro il proprio interesse. Questo accade anche per dimostrare (a volte più a se stessi che agli altri) di essere individui liberi, che hanno la forza di agire autonomamente.
Non necessariamente la reattanza psicologica porta a sbagliare, anzi, a volte permette di compiere le scelte giuste. Perché non è detto che gli altri, anche le persone amate, abbiano sempre ragione. C’è un periodo della vita, durante il quale più di ogni altro, siamo inclini ad attivare questo comportamento: l’adolescenza. Tipica di questa fase è infatti la ricerca di autonomia, il desiderio di sentirsi “grandi”, la ribellione. Tutti fattori questi, che rendono l’adolescente il perfetto disobbediente.
Vi è però anche la voglia di sperimentare, di conoscere e avere a che fare con le conseguenze delle proprie azioni. Non è sufficiente sapere “cosa potrebbe succedere se… “, vi è anche il desiderio di scoprirlo provandolo sulla propria pelle.
Come usare la reattanza psicologica a nostro favore?
I pensieri e le emozioni negativi che spesso accompagnano la reattanza psicologica devono portarci a valutare con più obiettività quanto sia realmente pericolosa la situazione. Dobbiamo semplicemente prenderci del tempo prima di reagire, al fine di valutare i pro e i contro, ripensando l’esperienza in una luce più razionale. Alcuni studi hanno scoperto che cercare di metterci al posto della persona che presumibilmente sta limitando la nostra libertà e provare empatia, può aiutarci a ridurre la reattanza psicologica. Ciò non significa che faremo necessariamente ciò che ci viene chiesto o che accetteremo che limitino la nostra libertà, significa solo che possiamo decidere, con maturità e obiettività, cosa è meglio per tutti, incluso noi stessi, rompendo i fili del sequestro emozionale che scatena la reattanza.
Come fare allora quando vogliamo aiutare qualcuno a cessare un comportamento dannoso o pericoloso, o ad adottare un comportamento più funzionale che ha però dei risvolti sgradevoli?
Invece che limitarci a imporlo, scatenando la reattanza e provocando solitamente un insuccesso, è più utile affrontare insieme tutti gli aspetti del problema. Cosa percepisce come un ostacolo? Quali sono le sue convinzioni, le sue attese, i suoi timori, i suoi pregiudizi? E quali le sue speranze? Cosa gli piacerebbe cambiare? Quale vantaggio potrebbe avere dal cambiare? Solo se sente che i vantaggi possono superare gli ostacoli, sarà motivato ad affrontare una scomoda rinuncia. Quando sentiamo che le nostre difficoltà sono comprese e siamo aiutati a gestirle, e quando siamo sostenuti nei nostri punti di forza, possiamo trovare dentro di noi la motivazione per cambiare.
Giulia D’Ascanio, psicologa clinica