Avezzano. Qualche settimana fa, la Conferenza Unificata ha dato il via libera al Documento di indirizzo e orientamento per la ripresa delle attività in presenza per quanto concerne i servizi educativi e le scuole dell’infanzia per la fascia 0-6 anni. Le nuove linee guida tengono conto di quanto emerso dal confronto con due tavoli di ascolto con scuole paritarie, gestori, associazioni e sindacati. Questi i punti salienti: nessun obbligo per i bimbi delle scuole dell’infanzia di portare la mascherina, che dovrà invece essere indossata dal personale in servizio. Via libera alla merenda da casa, sia pure a determinate condizioni: cioè se non la fornisce la struttura e «purché l’alimento, la bevanda e il contenitore siano sempre identificabili come appartenenti al singolo bambino». Sono alcune delle misure previste dalle linee guida per asili nido e scuole per l’infanzia, che il 31 luglio hanno ricevuto l’ok della conferenza unificata, dopo il via libera del comitato tecnico scientifico. Linee guida alle quali hanno lavorato il ministero dell’Istruzione insieme ai gabinetti dei ministeri di Lavoro, Salute, Pubblica Amministrazione, Pari Opportunità e Famiglia, in raccordo con Anci, associazioni di settore e sindacati. I bambini dovranno essere organizzati in gruppi, ognuno con personale stabile di riferimento, «evitando le attività di intersezione tra gruppi e l’uso promiscuo degli stessi spazi». Andrà, altresì, evitato l’affollamento negli spazi dedicati alla refezione: o con il sistema di turni o facendo consumare il pasto nelle aule, garantendo la sanificazione di ambienti e arredi prima e dopo il pranzo. Finestre sempre aperte nei servizi igienici, punti di ingresso differenziati da quelli di uscita e, dove non è possibile, entrate scaglionate. In particolare, «dovrà essere valorizzato l’uso degli spazi esterni e di tutti gli spazi disponibili che potranno essere ‘riconvertiti’ per accogliere stabilmente gruppi di relazione e gioco». Ad accompagnare i bambini potrà essere «un solo genitore, nel rispetto delle regole generali di prevenzione dal contagio, incluso l’uso della mascherina durante tutta la permanenza all’interno della struttura». Per favorire le misure organizzative idonee alla limitazione del contagio, «si potrà tenere un registro delle presenze delle eventuali persone che accedono alla edificio scolastico». Per quanto riguarda l’accesso dei più piccoli alle strutture educative, non sarà necessaria la rilevazione della temperatura corporea all’ingresso, ma bambini e personale non dovranno avere sintomatologia respiratoria o temperatura corporea oltre i 37.5°C, non dovranno essere stati in quarantena o isolamento domiciliare negli ultimi 14 giorni e né a contatto con persone positive.
In merito, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il Sandro Valletta, coordinatore dei servizi educativi da 0 a 6 anni, del comune di Avezzano.
Professore, cosa ne pensa di queste linee guida?
“Secondo il mio modesto parere, queste linee guida rischiano di tradursi in una scuola negata, con un misto di insegnamenti a distanza e in presenza, la riduzione delle unità didattiche, anche fino a soli 40 minuti, l’accorpamento di più discipline, la riduzione dei programmi curriculari ed i doppi turni. Non va meglio per i bambini della scuola primaria, visto l’accorpamento degli esuberi, derivanti dalla mancanza di spazi idonei, in gruppi di classi, anche di età diverse, fino ad arrivare alla sciagurata riduzione del tempo didattico curricolare frontale effettivo, svolto dagli insegnanti dei due tempi scuola, magari affidando parte delle ore scolastiche a personale non docente e non qualificato, dedicandolo ad attività varie, non integrative, ma sostitutive di quelle disciplinari“.
Cosa si prospetta in base alla sua analisi?
“Si prospetta uno sconcertante declassamento del modello didattico e l’inaccettabile riduzione del tempo dedicato alla didattica curricolare frontale, presentato al Paese come modernizzazione, che comporterebbe l’abbassamento della loro futura preparazione, se non addirittura la riduzione dell’accesso all’istruzione, che è dovere ineludibile della nostra Repubblica Democratica producendo, di fatto, un forte ostacolo al compito che la Costituzione affida alla scuola: rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando, sempre di fatto, la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impedirebbe il pieno sviluppo della persona umana“.
Ha qualche soluzione?
“Allo stato attuale, mi pare, purtroppo, che in nome di un mistificato richiamo all’autonomia scolastica, e nonostante l’ultima apprezzabile assegnazione di un miliardo di euro aggiuntivi alla Scuola (seppur stanziati soltanto dopo che le linee guida erano state definite irricevibili dalla Conferenza delle Regioni), ci ritroviamo a dover ricercare, soluzioni che in realtà non potranno mai essere vere ma, al massimo, estemporanei rimedi per una situazione che potrebbe, ulteriormente, precipitare qualora vi fosse una nuova impennata dei dati sul contagio nel prossimo autunno-inverno. Altro che centralità del diritto allo studio!!!“.
Professore, perché riguardo al rientro a scuola a settembre si è parlato di ottimismo fuori luogo?
“Perchè, in realtà, siamo ben lontani da quanto servirebbe per poter guardare senza preoccupazione a una scadenza importante e da tutti attesa, quale quella della riapertura delle scuole. Ma siccome l’emergenza che ci ha costretti, per qualche mese, a una sofferta condizione di “lockdown” che, purtroppo per noi, non può dirsi ancora del tutto risolta, tant’è vero che il Governo l’ha prolungata fino al 15 ottobre, è indispensabile che la ripresa dell’attività scolastico/formativa avvenga in condizioni di sicurezza. Un’esigenza che va soddisfatta a garanzia dell’intera collettività e non solo per il mondo della scuola. Secondo me, a poche settimane dalla riapertura degli edifici scolastici, non sono poche le questioni su cui permangono incertezze e incognite: particolarmente, su una che considero fondamentale, ancora nessuna risposta e tanta confusione. Mi riferisco al fabbisogno di personale, che riguarda docenti e collaboratori scolastici. Tutti convengono sul fatto che ne occorrano di più, se le attività dovranno essere organizzate con classi meno affollate e, di conseguenza, più numerose; così come sarà necessario curare in modo puntiglioso pulizia, igiene, sorveglianza e assistenza”.
Cosa pensa della situazione banchi, di cui si è discusso animatamente nelle scorse settimane?
“Mi lascia perplesso che questa possa rappresentare un’esigenza prioritaria, Il problema di fondo, da affrontare e risolvere, è solo questo: come far rispettare le distanze di sicurezza negli spazi in cui si svolgono le attività. Facile fantasticare su lezioni all’aperto (proviamo a immaginarle in autunno o, peggio, in inverno, qui da noi), o sull’utilizzo di spazi esterni come teatri, cinema e musei. Nella realtà, saranno solo i dirigenti scolastici a dover cercare, e trovare, soluzioni non estemporanee. Il mio auspicio è solo che trovino, da parte di chi amministra gli Enti Locali, attenzione e supporto”.
Quale, secondo lei, il mondo che dovrebbe aprirsi ai più piccoli?
“Secondo me, insegnanti, educatori, pedagogisti, psicologi ed operatori del settore devono rifiutarsi di proporsi come “isole di parcheggio” per i minori puntando, viceversa, sulla qualità dei servizi educativi e delle proposte scolastiche. Al più presto, bisogna uscire dall’ombra osando riproporre, con coraggio e determinazione, la centralità del bambino/persona, nelle politiche sociali, nel mondo dell’informazione e nei progetti per il futuro del nostro Continente. Non abbiamo molto tempo per farlo!!! I piccoli sono il vero indicatore del benessere sociale perchè nella società dove stanno bene loro è quella dove ci stanno tutti”.