Il calendario di Google mi ricorda che oggi, 7 agosto 2020, alle 17, c’è la presentazione del tuo secondo libro: «Il Vangelo di Marco, secondo me». Io avrei dovuto fare da moderatrice.
L’appuntamento sarebbe stato nel pieno rispetto di tutte le regole legate al contenimento del contagio del Coronavirus. Lo hai ripetuto tante volte su Facebook, hai sempre comunicato così con quella grande comunità che da anni ormai ti seguiva.
Durante il lock down hai tenuto un diario, sei finito al Tg3 e ne eri felice. Hai raccontato la tua battaglia contro il catarro e la malattia. Volevi diffondere un messaggio e il tuo messaggio è arrivato a tanti, tra meschinità, mediocrità, inadeguatezza.
Il tuo messaggio è sempre stato lì, chiaro e non chiaro, per chi crede in Dio e per chi no.
https://www.facebook.com/magdatirabassi78/videos/10158047791831702/
«Non lamentatevi se non potete uscire. Sappiate, ogni giorno, ogni minuto, apprezzare quello che vi è stato dato. Non sprecatelo, sappiate onorare il dono della vita».
Oggi la presentazione del libro non ci sarà. E alle 17, nella chiesa di San Giovanni, ad Avezzano, quella che avevi scelto per parlare di nuovo dei tuoi ultimi scritti, ci sarà il tuo funerale. Sì, perché ieri sei morto.
Sciocco chi pensa: «Non ce l’ha fatta a vincere la malattia che alla fine lo ha ucciso».
Perché sì, la malattia ci ha tolto il tuo corpo ma non ci toglierà mai te, Marco.
Prima di aprire il pc ho fissato bene in mente quel monito del Vescovo dei Marsi alla presentazione ad Avezzano del tuo primo libro: «Il distrofico felice».
«Attenzione a non essere mai banali davanti al dolore, alla sofferenza e alla dignità di chi li affronta quotidianamente». Il vescovo Pietro Santoro aveva ragione.
Quando l’altro giorno mi hai chiesto se ero pronta per l’evento ti ho risposto che non ho mai tempo per prepararmi a nulla ma che avrei onorato l’impegno come tu sapevi che avrei fatto.
In questi giorni, mentre abbozzavamo in rete la locandina mi dicevi: «Sei tu l’esperta, tu sai come fare». Sono poche parole che però fanno bene a persone come me, che corrono, sbraitano, sbagliano. Ma tu volevi me e me avresti avuto di nuovo lì con te, lo sapevi questo, anche se rispondevo ai tuoi messaggi una volta sì e una volta no.
Questa mattina ho aperto la chat di Messenger e ho trovato un tuo audio in cui mi chiedevi se mi stavi caricando troppo. Perché tu eri così: educato, cordiale e fino alla fine sei stato allo stesso modo e hai avuto premuta di chi ti stava intorno. Oggi avrei dovuto presentare il tuo libro e quello del tuo amico, così lo definisci tu, Gaetano Lolli.
E queste sono le parole che volevi che io facessi mie per raccontare di voi, sono le tue parole:
Quello che ci ha portato all’idea di presentare i nostri libri insieme ha radici lontane.
Essendo nati nello stesso quartiere ed essendo quasi coetanei abbiamo avuto modo di condividere quello che per i bambini di una volta era la normalità, ossia uscire in gruppo e frequentare gli stessi ambienti e conoscenze.
Andando avanti con la vita e con gli anni il rapporto inevitabilmente si è diradato; l’occasione per riportare il rapporto ai vecchi fasti si è concretizzata durante la presentazione del libro “Il distrofico felice grazie a Dio”.
Durante l’evento la scintilla che ha ridato vita alla nostra amicizia è partita dalle domande che Gaetano mi ha posto sul libro che hanno portato anche alla richiesta di una dedica particolare.
Dopo aver riallacciato il rapporto, Gaetano mi ha confidato la sua passione per la scrittura; questa passione lo ha portato a partecipare a 4 premi letterari ed in tutti e 4 è stato premiato. Queste premiazioni hanno portato a Gaetano l’occasione di accettare il suo primo contratto di pubblicazione propostogli dalla casa editrice Leonida Edizioni.
Quando ho saputo dell’imminente uscita del libro di racconti di Gaetano mi è venuto in mente di fare una presentazione congiunta.
Già guardando le due copertine si può intuire, oltre la passione che abbiamo impiegato nello scrivere i nostri libri, anche la nostra volontà di unire cielo e terra.
In entrambi i libri si parla della nostra vita anche se con punti di vista diversi.
Il libro di Marco possiamo definirlo il seguito ideale della sua prima opera (Il distrofico Felice grazie a Dio) mentre il libro di Gaetano è un tributo, una “appartenenza” alla sua terra dato che i 19 racconti nascono da Lei e tornano a Lei.
Quello che lega i due libri è anche la profonda religiosità degli autori e l’amore per la creazione come manifestazione del divino.
Ieri pomeriggio ad annunciarmi che non c’eri più è stata Martina Gallese, la tua Martina. Lei che ti teneva la mano alle presentazioni, che ti coccolava e che ti accompagnava. Lei mi ha parlato della tua mamma, Rita.
Quella donna minuta, con le mani che raccontano di sacrifici e di dignità, l’ho ricordata in Comune ad Avezzano. Quando lavoravo per l’ex sindaco, venne a trovarlo. Mi fermai a parlare con lei e mi disse che era venuta per chiedere più attenzione alle barriere architettoniche della città. Perché in città c’è bisogno di più attenzione per chi non è autosufficiente.
Quella mamma eroe, si perché tua mamma Marco è un eroe. Per tutto l’amore che ha saputo darti e che ha profuso tutto intorno a te durante la tua vita terrena. Lo hai raccontato tu nel tuo libro, quando senza paura e senza timore di alcun giudizio altrui hai seminato in tutti noi, per sempre, la ragionevolezza di rapporti familiari difficili, di presa coscienza di una vorace malattia che avanza davanti all’impotenza di alcuni famigliari, che non sanno più come gestire la quotidianità perché è difficile e basta. Non ci sono altre parole per parlarne e tu ne hai scritto così come sapevi fare. Con la verità.
Avevi la passione per la comunicazione, per il giornalismo e per i social.
Ti ho conosciuto davanti ai pc della Sgi. Erano tempi con più sorrisi. E tu eri un “piccolo” genio. Con Marco Rubeo e Giuseppe Ruscitti siamo stati i primi a mettere on line la stampa marsicana. Il giornale era Marsicanews.it. I primi in assoluto. Bisognava solo crederci. Tu eri nel progetto, ti piaceva tanto e ci hai creduto insieme a noi e fu un successo anche grazie al tuo lavoro e alla tua certosina pazienza.
Quando hai presentato il tuo primo libro mi hai cercato chiedendomi se mi ricordavo di te. Io l’ho raccontato alla folta platea che venne ad ascoltarti. Tu non sei una persona che si dimentica Marco. Perché se è vero che ognuno su questa terra ha pari dignità e nessuno andrebbe dimenticato è anche vero che tu hai saputo essere un insegnamento, un semplice e dirompente insegnamento di vita.
Hai raccolto soldi per donare alle più grandi fondazioni che si occupano di ricerca, hai venduto libri e hai dato agli altri, ti sei fatto accreditare gli eventi così da aiutare e supportare altri malati.
Tu hai rotto e scardinato ogni barriera dell’umana comprensione del dolore, ti sei affidato alle accoglienti mani di padre Carmine Di Bernardo che hai ringraziato in ogni pagina del tuo scritto perché ha portato una salda fede in te e hai detto: «Io comunque sono pronto. Sono qui e quando Lui sceglierà di volermi con sé io andrò da lui».
Hai demolito in tutti noi la paura della sofferenza, del dolore, della morte. L’hai accettata come un dono e non come una punizione.
Ieri pomeriggio sono salita su un percorso di montagna a me tanto caro. Vado lì su spesso, a respirare. Mia madre mi ha scritto un messaggio: «Pioverà forte, non andare». Qualcosa mi diceva che io dovevo portarti lì con me, comunque. Nonostante le previsioni la pioggia ieri non ce l’ha fatta a prendersi il tuo Cielo.
Ha vinto il sole e la tua Luce. Hai vinto tu.
Ora «Cavaliere mascherato», metti via la maschera, non ti serve più. Grazie per quello che sei stato e per quello che ci hai lasciato di te.
Marco adesso vola, prenditi il tuo spazio nel Cielo che tanto hai amato in questa terra. Raggiungi quella luce che avevi catturato nella copertina del tuo primo libro e vola, vola più in alto che puoi.
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