Avezzano. Sesto appuntamento con la rubrica in collaborazione con la psicologa Giulia D’Ascanio.
Partiamo da uno spunto di riflessione: con l’arrivo dei social network (come Facebook e Instagram), la privacy di ognuno sembra essere solo un vago ricordo; anzi, è diventata consuetudine postare immagini e video per condividere con i propri followers dove si è, con chi e a fare cosa. Una domanda sorge quindi spontanea: da dove nasce ora la rivendicazione per la privacy personale, che ha reso l’App Immuni, oggetto di così tanti dibattiti e discussioni?
Come mai teniamo improvvisamente così tanto a custodire la nostra vita privata a scapito di un sistema che è stato teoricamente progettato per aiutare a limitare il contagio da Covid-19?
A prescindere però da questa considerazione iniziale, mi sembra opportuno analizzare l’argomento sotto un altro punto di vista. L’emergenza per il Coronavirus ha notevolmente accentuato l’ansia sperimentata da ognuno di noi rispetto alla preoccupazione per il contagio creando, in alcune occasioni, non poche difficoltà nella vita di tutti i giorni. Se questa da una parte può essere una condizione di sana, nonché doverosa premura per se stessi e per gli altri, dall’altra ha generato in molti soggetti comportamenti e sensazioni invalidanti e limitanti.
Andiamo quindi oltre le misure restrittive che di norma tutti dovremmo adottare per tutelarci da questo pericolo e proviamo a metterci nei panni di chi sta vivendo questo isolamento con estremo disagio psicologico. Da qui la domanda:
l’App Immuni, può essere un valido strumento per contenere l’ansia o al contrario potrebbe alimentarla?
Non è facile rispondere, perché l’ansia si manifesta e si dispiega in modo diverso a seconda delle caratteristiche personali di ognuno. A tal proposito, due sono le conseguenze da tenere in considerazione:
- Riduzione dell’ansia: grazie a questa applicazione telefonica, alcune persone potrebbero avere una sensazione di sicurezza e potrebbero sentirsi sollevate, addirittura incoraggiate a spostarsi, avendo come supporto un sistema di controllo che possa ridurre il rischio di contagio.
- Aumento dell’ansia: in soggetti già clinicamente ansiosi, un’applicazione che sia in grado di controllare spostamenti e contatti tra le persone, potrebbe alimentare stati di allerta e comportamenti compulsivi, sviluppando una vera e propria fobia o, in casi estremi, un disturbo ossessivo compulsivo; questo aggraverebbe non poco l’isolamento sociale e il malessere psicologico che queste persone già si trovano a dover affrontare.
Non dimentichiamoci inoltre, l’aspetto della sensazione di oppressione e controllo che questa applicazione potrebbe generare in soggetti che risentono molto di una libertà negata e del sistema restrittivo che stiamo vivendo; in tal senso questa soluzione dalle intensioni benevoli, potrebbe oltremodo creare maggiori fonti di stress e disagio psicologico.
Giulia D’Ascanio, psicologa clinica.