Avezzano. I fatti risalgono al 2002 e 2003, anni in cui un giovane ragazzo di Avezzano P. M. di anni 27, unitamente ad altre 74 persone della Marsica, veniva coinvolto nell’inchiesta denominata “Flasch Down” condotta dalla Squadra Mobile della Questura dell’Aquila relativa al reato di detenzione finalizzata alla cessione di sostanze stupefacenti. Dall’inchiesta, condotta prevalentemente grazie all’ausilio delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, era emersa l’esistenza di una rete di scambio di sostanze stupefacenti nel territorio marsicano e nella capitale. Molti dei giovani, infatti, trovandosi a Roma per motivi di studio o di lavoro provvedevano a procurarsi la sostanza stupefacente in Avezzano durante il fine settimana per poi portarla nella capitale al fine di venderla a terze persone e in alcuni casi per farne un uso esclusivamente personale. Nei confronti di molte persone erano state richieste e non applicate diverse misure cautelari, stante l’iniziale rigetto del Gip del Tribunale di Avezzano dell’epoca, Dr. G. Grieco, parziale accoglimento davanti il Tribunale del Riesame e definitivo annullamento della Suprema Corte di Cassazione, per cui nessuno degli indagati fu oggetto di arresto. La maggior parte dei giovani ragazzi sono stati giudicati dal Tribunale Penale di Avezzano in diversi momenti davanti a diversi giudici, mentre per P. M., assistito dall’avvocato Roberto Verdecchia, e per D. E., assistito dall’avvocato Laura Spinelli del Foro di Roma, il procedimento penale è stato trasferito per competenza al Tribunale Penale di Roma poiché i fatti a loro contestati si sarebbero verificati proprio nella capitale. Inizialmente incardinatosi dinanzi il Gup di Avezzano, Stefano Venturini, il relativo procedimento a carico di P. M., in seguito ad una eccezione di incompetenza territoriale avanzata dal Pubblico Ministero, Dott. Guido Cocco, veniva rimesso alla competenza del Tribunale romano. P.M., in particolare, era stato coinvolto nell’inchiesta per mezzo di alcune intercettazioni telefoniche, rivelatesi poi prive di ogni rilevanza penale. Durante la fase dibattimentale dinanzi il Giudice del Tribunale di Roma Laura D’Alessandro, l’avvocato Roberto Verdecchia, difensore di fiducia dell’imputato, è riuscito a dimostrare che ben altro era il tenore delle telefonate e che queste non alludevano in alcun modo all’ipotizzata attività di cessione di sostanze stupefacenti o altri illeciti di natura penale. Sebbene in molti casi durante le comunicazioni telefoniche venivano utilizzate frasi in codice per riferirsi ad illecite attività, in questa circostanza le accuse mosse nei confronti di P. M. si sono rivelate del tutto infondate ed infatti il giovane è stato assolto con formula piena per non aver commesso il fatto dal Giudice del Tribunale di Roma.