Avezzano. La Fiom – Cgil scrive ai sindaci della Marsica: LFoundry di Avezzano è molto fragile, ci dovete aiutare.
Dopo la cessione dell’azienda più grande del territorio al partner cinese Jangsu Cas -igbt technology, come raccontato da MarsicaLive, la preoccupazione delle parti sociali è sempre costante. Si teme, infatti, che la promessa di sviluppo non venga mantenuta e che la situazione possa precipitare a danno dei 1.500 dipendenti del sito. Per questo i rappresentanti della Fiom – Cgil hanno scritto ai rappresentanti istituzionali del territorio chiedendogli un aiuto.
La preoccupazione delle parti sociali: temiamo per il futuro dei lavoratori.
“Abbiamo appreso dalla stampa dell’incontro fra il presidente Marsilio e i sindaci della Marsica, incontro nel quale si sono affrontate le priorità progettuali per le aree interne”, hanno precisato dalla Fiom – Cgil, “pur condividendo quanto emerso
da questi lavori vorremmo, però, richiamare l’attenzione della politica sulla vendita in corso dello stabilimento LFoundry di Avezzano, con i suoi quasi 1500 dipendenti. Come delegati sindacali e lavoratori di quell’azienda temiamo che la narrazione degli eventi di questi ultimi giorni non dia la giusta misura degli effetti che questo passaggio di proprietà potrebbe avere.
Negli ultimi anni gli ammortizzatori sociali hanno avuto un forte impatto.
LFoundry è una delle realtà più importanti d’Abruzzo, di gran lunga la più grande della provincia di L’Aquila e di sicuro le sue vicende sono determinanti per l’economia del territorio. Nell’ultimo decennio abbiamo assistito a un costante declino di questo sito, sia in termini di produzione che in termini occupazionali e di reddito. Negli ultimi dieci anni oltre il 50% del tempo è stato interessato dall’utilizzo di ammortizzatori sociali che, specie nell’ultimo anno, hanno avuto un forte impatto sul potere d’acquisto degli stipendi dei lavoratori di LFoundry.
Lo stabilimento ha perso più di 500 dipendenti e ridotto pressoché a zero l’indotto. Dal 2016 l’assetto societario della LFoundry
vede il 70% delle azioni in mano alla cinese SMIC e il restante 30% al management italo-tedesco. Oggi assistiamo ad un ulteriore passaggio di proprietà verso una startup, la Jiangsu cas-igbt technology co. ltd, a quanto pare controllata dallo stesso governo cinese. L’accordo vincolante tra acquirente e venditori è stato presentato ai lavoratori e all’opinione pubblica con grande enfasi ma quell’accordo, per sua natura, non affronta i temi altrettanto importanti per le persone ed il territorio, aspetti che meriterebbero di essere trattati e accuratamente definiti nell’accordo finale, con garanzie autorevoli ed esigibili non lasciate al mero gentlemen agreement.
Nel dettaglio: occorre che la nuova proprietà assuma davanti alle nostre istituzioni il preciso impegno a non delocalizzare le produzioni o trasferire verso altro sito le dotazioni dello stabilimento. C’è poi il reale rischio di una caduta in termini di contenuto
tecnologico e valore aggiunto delle produzioni visto che lo stabilimento dovrebbe realizzare, a regime, dispositivi denominati Power mos, la cui fabbricazione, sebbene presenti le proprie peculiari criticità tecniche, vede una complessità notevolmente inferiore rispetto agli attuali dispositivi (CIS).
Questo rischio è tanto più concreto se si tiene conto di quanto dichiarato dalla delegazione aziendale (venditori), in
occasione del recente incontro presso la sede di Confindustria a L’Aquila, sul fatto che sulla linea non sono in programma investimenti ma solo piccoli interventi. Come sarà, quindi, accompagnato il passaggio dall’attuale produzione
alla nuova, tenuto conto che prima che si possa parlare di fabbricazione dei nuovi dispositivi passeranno almeno due anni? E cosa accadrà nel malaugurato caso in cui l’attuale unico cliente, On Semiconductor, trovi non più conveniente continuare a produrre ad Avezzano o venga, per scelta, “allontanato”? Quale sarà inoltre il salario reale dei dipendenti del sito, che hanno
davanti ancora un contratto di solidarietà di “almeno” 14 mesi che viene propagandato dall’azienda come lungimirante strategia e che invece sta costringendo le famiglie a grossi sacrifici, a fronte di una proprietà che per la seconda volta vedrà introiti eccezionali derivanti dalla vendita della propria quota del 30%?
Quale sarà il piano di recupero che farà tornare il sito alla piena occupazione? Sul fatto che non ci saranno problemi occupazionali siamo ancora sul piano della semplice dichiarazione d’intenti. Questo tema cruciale andrebbe affrontato non già con il venditore, che non può esercitare alcun potere di controllo, ma piuttosto con l’acquirente e nella sede
appropriata, ossia il Ministero dello Sviluppo Economico. Tutto questo potrà essere chiarito solo con il vostro contributo,
incontrando la nuova proprietà affinché, a differenza delle precedenti, presenti un piano industriale credibile sul quale possa rinnovarsi la fiducia e l’impegno di tutti, colmando quella enorme distanza che c’è oggi fra dirigenza-proprietà e lavoratori.
Per quanto qui esposto riteniamo opportuno che nel documento programmatico sottoscritto dai sindaci marsicani, i consiglieri
regionali eletti nella Marsica ed il presidente Marsilio, compaia anche l’impegno a far sì che ci sia questo incontro istituzionale, con le parti sociali ed il ministero, che possa portare a condividere un documento serio a garanzia dei lavoratori LFoundry e dei territori coinvolti.