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Vertenza LFoundry, ecco il documento consegnato dalla Fiom – Cgil a Sorial: subito l’incontro al ministero

Redazione Attualità di Redazione Attualità
21 Gennaio 2019
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Avezzano. Una panoramica a 360 gradi sulla storia del sito LFoundry è stata consegnata ieri dalla Fiom – Cgil al vice capo di gabinetto del ministero dello Sviluppo Economico Giorgio Sorial sulla vertenza in atto. Un quadro chiaro e preciso per chiedere al ministero di tornare quanto prima a parlare di questa azienda dove attualmente vige il contratto di solidarietà per 1.400 lavoratori. “Lo stabilimento di Avezzano, attualmente LFoundry, muove i suoi primi passi, grazie ai finanziamenti dell’allora cassa del mezzogiorno, con una imponente ed innovativa struttura creata da Texas Instruments, che rappresentava negli anni ’90 un punto d’eccellenza mondiale per dotazione e produzione”, hanno spiegato nella nota i responsabili della Fiom, “da allora diversi passaggi ci hanno portato ad oggi, con un patrimonio di know how di grande rispetto. Andando per gradi, lo stabilimento è passato da Texas instruments a Micron Tec, una società statunitense che soppiantò in tutto il mondo la Texas nel settore della produzione di memorie, in seguito conosciute con l’acronimo Dram e Ram.
Si tratta di prodotti di punta nel panorama dei semiconduttori e, grazie anche ad un cospicuo investimento da parte della nuova proprietà, lo stabilimento di Avezzano rimane sullo scenario mondiale a pieno titolo. Un mercato molto competitivo e nuovo assetto globale fanno sì che gli interessi di Micron si rivolgano sempre più  verso il sud est asiatico. Inizia da qui per lo stabilimento di Avezzano un nuovo corso che porta a un cambio produttivo, non più memorie, ma i meno complessi sensori
d’immagine, acquisendo tuttavia commesse importanti, come la produzione del sensore CMOS per il blasonato IPHONE3.
Ben presto anche questo mercato diventa oggetto di interesse da parte di diversi soggetti, al punto che alcuni competitors, attuando politiche molto aggressive, mettono in discussione la  produttività del sito di Avezzano, che comunque già pativa la mancanza di investimenti per un adeguamento tecnologico.
Comincia così il periodo più duro per il sito produttivo marsicano, con le maestranze che conoscono per la prima volta gli ammortizzatori ed il terrore della crisi. La mobilitazione sindacale, unita a quella di tutto il territorio, convince il Ministero per lo Sviluppo Economico a aprire un tavolo di crisi. Siamo a inizio 2014. La soluzione che ne scaturisce è una scommessa, un managment buyout supportato da una realtà franco tedesca, che però ha come biglietto da visita la chiusura di 2 stabilimenti (Landshut DE e Rousset FR).  Lo stabilimento di Avezzano prende il nome di LFoundry e accompagna il processo con un contratto di solidarietà. Ben presto il sito marsicano viene individuato dalla Cina che prova a creare un avamposto  per i semiconduttori nel vecchio continente con una delle sue realtà produttive di semiconduttori, SMIC.
La scommessa iniziale viene  dunque apparentemente vinta, sicuramente dai manager che portano a casa 42 milioni di euro; per lavoratori la non scontata conservazione del posto di lavoro, almeno per quelli che non avevano avuto alternative, perché comunque gli occupati passarono da oltre 1700 a 1420 unità, impoverendo di conseguenza il know how del sito.
Presto, però, cominciano a soffiare i nuovi venti della competizione economica mondiale, in particolare USA-CINA.
Lo stabilimento resiste grazie al suo unico cliente ON SEMICONDUCTOR. Arriviamo a oggi. I cinesi di SMIC non ci sono più e ancora una volta sono venuti meno gli investimenti programmati per l’adeguamento tecnologico. Riparte una CDS senza prospettive, sebbene la direzione aziendale a novembre 2018 abbia dichiarato presso il Ministero del Lavoro di avere
almeno due soluzioni in tasca e che a gennaio avrebbe portato sullo stesso tavolo una proposta d’acquisto che avrebbe messo tutti d’accordo.
Ad oggi tutto ciò non è successo, aleggia lo spauracchio della frammentazione della società, con nuovi soggetti che potrebbero entrare per prendere ciò che ancora di buono dovessero trovare, compreso il cliente che ci ha garantito la sopravvivenza fino ad oggi. C’è il rischio concreto che una situazione oggi apparentemente sotto controllo si riveli domani una mina pericolosa, che potrebbe lasciare la Marsica senza il suo sito di produzione più grande e la regione Abruzzo priva di quella realtà industriale che produce più del 20% del suo PIL e del suo export. Non essendo affatto convinti che gli interessi del territorio coincidano
con quelli di chi  oggi tira le fila della trattativa per il nuovo assetto societario, la richiesta è che il Ministero dello Sviluppo
Economico sia parte attiva nella delicata fase di transizione industriale e assuma quel ruolo di garante per i lavoratori e per il
territorio, che altrimenti  potrebbero essere solo meri spettatori di in una scelta che più di ogni altra guiderà questa terra o verso un futuro o verso una grave crisi economica e sociale.
Abbiamo un tavolo aperto presso il Ministero del Lavoro con la partecipazione del Ministero per lo Sviluppo Economico e chiediamo che si svolga con urgenza quell’incontro programmato per gennaio, magari incontrando i vertici più alti della proprietà e non solo chi la gestisce”.

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