Antrosano. Il prossimo 2 settembre, in occasione della festa patronale, si esibirà Pino Marino, cantautore italiano noto sia per la sua musica che per le collaborazioni con alcuni artisti di spicco della scena musicale italiana, come Al Bano. In attesa dell’esibizione marsicana, riportiamo di seguito una breve intervista per conoscere più da vicino il musicista tricolore.
Quale è il ruolo dell’arte nell’Italia di oggi?
L’Italia è un paese in forte regresso e pesante crisi culturale. Quella economica è solo conseguente. Per un’inversione di tendenza occorre che l’arte la smetta di specchiarsi e torni in piazza mostrandosi come esempio di lavoro. E in piazza occorre portare anche quello che la piazza non vuole sentirsi dire o che fatica a comprendere. Limitarsi a portare in piazza solo ciò che la piazza vuole o che riconosce come somigliante, non fa bene alla piazza. A questo ci pensa già il mercato dei consensi e la politica dei like.
Qual’è il senso che dai tu alla canzone oggi e che ruolo secondo te ricopre?
La canzone è una forma che rende possibile una sintesi più facilmente comprensibile rispetto a quanto possa la poesia. Sono per la poesia e non credo che le due forme vadano accostate, però mi occupo di canzoni dando loro lo stesso rigore che per natura si attribuisce alla poesia. Il sorriso che le abita è una chiave personale, non una scorciatoia.
Tu allora cosa fai, come ti poni, dove intendi arrivare con il concerto che verrai a proporci?
Quello che io propongo in questo live così come in tutto quello che faccio, è non compiacere né me né altri. Mi occupo di cercare e inventare, andare a braccio senza rete di protezione (tanto al massimo si cade sbattendo il muso, tutto qui). Una qualche via si cerca solo così, accade nei sentieri meno battuti di montagna come nella scienza. La scoperta della penicillina è il frutto di un errore, di una caduta di muso, non certo di un calcolo strategico volto al consenso.
Che rapporto hai con il movimento Indie che sta conquistando il mercato?
Ascolto quanto più possibile e cerco di comprendere sempre. L’Indie è di fatto il nuovo pop, i numeri perlomeno sono quelli che confermano questa visione personale. Di questo movimento non mi piace la tendenza puramente descrittiva e di fatto anaffettiva. Non trovo quasi mai emozioni e/o visioni emotive (che avremmo chiamato sogno o immaginario fino a pochi anni fa) in questa tendenza di movimento che tende ad assomigliare il più possibile alla piazza post adolescenziale. Gli ascoltatori smartphonizzati hanno sempre la sensazione di somigliare a chi propone l’ascolto. Il che significa che manca lo slancio verso una crescita o un spostamento dello stato statico delle cose. Ci sono eccezioni ovviamente sempre e ovunque, ma si chiamo eccezioni.
Parlaci allora di chi sarà con te sul palco il 2 settembre..
In questa occasione le canzoni e le storie saranno rivissute e accompagnate da due fra gli amici storici e musicisti che amo. Andrea Pesce pianista, tastierista e compositore, anche produttore e musicista di Tiromancino (fra le altre cose) e Fabrizio Fratepietro batterista, vibrafonista e arrangiatore (già da tempo in tournée con Paola Turci). Amici storici e musicisti che negli anni hanno lavorato con alla produzione dei miei dischi, già dal primo disco: Dispari, pubblicato 18 anni fa.
Quale è il tuo rapporto con l’Abruzzo?
Io l’Abruzzo l’ho scelto. Lo abito e lo vivo volontariamente. Sono nato a Roma come i miei genitori e non ho parenti stretti qui. Mi piace semplicemente molto questa terra che sembra un’isola al centro del suolo italiano. Mi piace la parte non litoranea, la zona marsicana dell’agricoltura, degli animali e delle montagne di roccia e cardi. Ho più difficoltà con i suoi abitanti (fra i quali non mancano cari amici), ma ho difficoltà con la parte non curiosa che spesso li caratterizza, ho difficoltà in genere nei confronti di chi sembra bastante a se stesso e nel suo sta come in un avamposto di certezze limitrofe. Anche questo lo dico con amore, l’amore di una scelta non necessariamente reciproca. Posso chiudere questa risposta dicendo che in assoluto questa è la regione dove ho suonato meno nella mia vita professionale e con grande distacco dalla seconda in classifica [ndr. ride]
Come possiamo rimediare, come possiamo migliorare questo rapporto?
Semplicemente facendo, fare bisogna, fare. Come dice Anton Cechov nello Zio Vanja (Opera teatrale che ho avuto modo di musicare lo scorso anno con la regia di Vinicio Marchioni). Fare, impegnarsi a fare, le parole non bastano in tempo di crisi. Tutto qui. Vale per me, vale per noi, per voi e per tutti. Io ringrazio chi fa e chi permette, sempre.
Lascio a te lo spazio per chiudere questa nostra piacevole chiacchierata..
Lascio opportunamente spazio a “Canzone numero 8”, presente nella scaletta del concerto del 2 settembre ad Antrosano. Lì ci sono le risposta a tutte le domande non poste. Un abbraccio grande a voi e che il sorriso vi colga inaspettatamente ovunque. Andate dai vostri genitori e portategli una carezza, dite loro che è la mia. [ndr. ride]