Canistro. La Santa Croce ha presentato una denuncia per peculato e abuso di ufficio alla Procura della Repubblica di Avezzano nei confronti di Angelo Di Paolo, sindaco di Canistro, con l’accusa di utilizzare senza autorizzazione alcuna l’acqua minerale della sorgente Sant’Antonio Sponga, “per usi domestici nella sua abitazione, e in quella di suoi parenti stretti, per di più mediante condutture abusive che partono dalla vasca di calma di proprietà della società”. Lo rende noto la società Santa Croce, che era concessionaria della sorgente di acqua minerale Sant’Antonio Sponga di Canistro prima della revoca dalla Regione nell’ambito di un serrato e lungo contenzioso ancora in corso. La Santa Croce, proprietaria dello stabilimento di Canistro, è tornata ad imbottigliare con la più piccola sorgente Fiuggino. L’acqua minerale della sorgente più grande finisce invece da circa due anni nel fiume Liri, a causa dello stallo del bando del 15 dicembre 2016 che ha portato finora alla sola aggiudicazione provvisoria al gruppo nazionale Norda.
La nuova iniziativa giudiziaria fa seguito ad un duplice ricorso al Tribunale amministrativo regionale in cui i legali della Santa Croce hanno chiesto in primo luogo l’annullamento dell’ordinanza del 29 gennaio 2018 del Comune di Canistro, con la quale si preclude l’accesso da parte di terzi alla vasca di calma di località Capranica, di proprietà della Santa Croce, per ragioni sanitarie, consentendolo solo al personale del Comune autorizzato espressamente dal sindaco. In secondo luogo è stato chiesto l’annullamento della delibera di giunta comunale del 23 febbraio 2018 che autorizza la realizzazione di un acquedotto per continuare ad alimentare, con l’acqua minerale proveniente dalla sorgente Sant’Antonio Sponga, proprio le abitazioni di Di Paolo e parenti, in località “Case sparse”, oltre che la clinica sanitaria privata Ini.
La vasca di calma al centro della vicenda è collocata tra le sorgenti Sant’Antonio Sponga e lo stabilimento della Santa Croce, vasca di cui la società dell’imprenditore molisano Camillo Colella al termine di una lunga controversia giudiziaria aveva ripreso il possesso, a seguito della decisione del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avezzano, Anna Carla Mastelli, che ha disposto l’immediata restituzione delle chiavi che erano state consegnate in affidamento momentaneo all’allora responsabile dell’Ufficio tecnico del comune di Canistro, Massimo Iafolla.
In tutta risposta il Comune di Canistro ha con l’ordinanza di nuovo inibito l’ingresso ai legittimi proprietari. Ad essere collegate, evidenzia la Santa Croce, utenze che da anni sono servite da condutture che partono dalla vasca di calma e che sono abusive, come è confermato dalla Regione in una comunicazione del 2016, e da successive richieste di accesso agli atti da parte della Santa Croce.
In queste condutture, per di più, scorre acqua minerale, che appartiene ai beni del patrimonio indisponibile della Regione, che possono essere sfruttate ed utilizzate solo attraverso un provvedimento concessorio, di cui però non vi è traccia. I ricorsi della Santa Croce sono mirati all’annullamento da parte del Tar dei due atti ritenuti illegittimi.
La denuncia penale intende ora inchiodare alle sue eventuali responsabilità il sindaco di Canistro. Nella querela si sottolinea innanzitutto che “a seguito di ulteriori accertamenti, è emerso che le cosiddette Case sparse sono un nucleo di 4-5 abitazioni alimentate abusivamente dall’acqua della sorgente Sant’Antonio Sponga, tramite una derivazione abusiva della condotta di proprietà della Santa Croce, e che queste abitazioni appartengono allo stesso sindaco del Comune di Canistro Angelo Di Paolo, al figlio ed ex sindaco Antonio Di Paolo, al signor Virgilio Garofalo, cognato di Angelo Di Paolo”.
Inoltre si denuncia che il Comune di Canistro, nella persona dell’attuale sindaco, ha posto in essere anche “una serie di atti e condotte strumentalmente finalizzate a mantenere inalterata tale condizione, ossia lo sfruttamento dell’acqua minerale da parte della clinica Ini e delle Case sparse”. Il sindaco si è reso dunque responsabile “di gravi illeciti penali, per aver abusato dei suoi poteri e del ruolo rivestito”, “per aver emesso, oppure omesso atti amministrativi, in evidente conflitto di interessi, e finalizzati al perseguimento di un profitto proprio”. Tra questi atti proprio l’ordinanza e la deliberazione di giunta citati, che di fatto “hanno procrastinato sine die lo sfruttamento illegittimo dell’acqua. Temendo che la riacquisita disponibilità della vasca di calma da parte della Santa Croce, potesse impedire tutto ciò”.
Nella querela si contesta che “il sindaco fosse pienamente edotto di tale acclarata condizione di abusività, ma incomprensibilmente non ha adottato nessun provvedimento di verifica e controllo volto ad accertare e far cessare tale attività”. Nella denuncia si ribadisce che nell’ordinanza comunale che ha inibito a terzi l’accesso alla vasca di calma, “non sono minimamente illustrate le ragioni per le quali il sindaco abbia ritenuto di dover derogare all’ordinario riparto delle competenze, proprie del Prefetto, e non sono spiegate le ragioni di estrema urgenza che avrebbero consentito l’intervento diretto del sindaco”.
Si sottolinea inoltre che l’uso da parte di privati cittadini e di una struttura sanitaria privata di acqua minerale in assenza di concessione comporta la mancata corresponsione del canone concessionario alla Regione, la mancata valorizzazione nello sfruttamento della risorsa, il mancato pagamento da parte degli utilizzatori del costo della fornitura al Consorzio acquedottistico marsicano, e dell’aliquota Iva. Infine l’utilizzo illegittimo che si è protratto negli anni di acqua proveniente dalla Sorgente Sant’Antonio Sponga ha causato un ingente danno economico al legittimo concessionario Santa Croce.