Civita d’Antino antica città dei Marsi Antinates; Municipium romano dopo la Guerra Sociale, godeva di cinta muraria ancora visibile a tratti, con 3 accessi: Porta Campana, Porta Nord, Porta Flora. Governata dagli Svevi, dagli Angioini dagli Orsini, dai Piccolomini, dai Colonna la cui torre difensiva con struttura a “U” e tronco- quadra è oggi visitabile. Parte importante ed ineludibile della sua storia è stata la Famiglia Ferrante fin dal 1500, il cui palazzo con quadri del Botticelli e del Renie una ricca biblioteca, oggi è un altro testimone muto tra i tanti che sopravvivono in questo luogo. Il Mommsen vi rimase a lungo per decifrare le epigrafi romane incise su statue e colonne tornate alla luce dal sito del santuario marso di Terra Vecchia e dall’area dell’antica Porta Campanile, oggi conservate nel Museo Antinum. A PIEDI PER IL BORGO, IN CIMA ALLA TORRE COLONNA E SUL BELVEDERE DEL MUSEO ANTINUM Visite a cura dei Volontari FAI e degli Apprendisti Ciceroni del Liceo Linguistico di Avezzano “B.Croce” la Civita d’Antino di Zahrtmann, la“Civita d’Antino dei danesi” così scriveva J. Jørgensen (1866-1956). Alla fine dell’800, sulla scia del Grand Tour, Kristian Zahrtmann (1843-1917) si era avventurato nell’Italia meno conosciuta, in Abruzzo, giungendo nel 1883 in un piccolo paese sulle montagne, Civita d’Antino, che divenne la sede estiva della sua scuola d’arte. Rimase colpito dalla bellezza dei paesaggi della Valle Roveto, dalle alte cime dei monti che fanno da contorno al paese, dalla ospitalità della famiglia Cerroni e dal carattere della gente. Quella che doveva essere semplice tappa di un viaggio, divenne il punto di riferimento fondamentale della sua vita, non solo artistica. Nacque così un’intensa stagione creativa che influenzò l’arte scandinava, culminando in una mostra presso il Kunstforeningen a Copenhagen nel 1908. PALAZZO FERRANTE E LA CAPPELLA GENTILIZIA DELLA S.S. CONCEZIONE CIMITERO NAPOLEONICO “Venuto come straniero morto come amico”Il cimitero è raggiungibile solamente percorrendo l’antico sentiero italico che un tempo collegavaSora a Civita d’Antino . Alle 12.00 e alle 16.00 di domenica il prof Marco Nocca (ABA Roma) leggerà presso il monumento alcuni versi de “I Sepolcri” di Ugo Foscolo.Occasione storica offerta dal FAI su concessione dei proprietari dott. Manfredo Ferrante e prof. Felice Casucci è la riapertura del piano terra del palazzo, dove sarà allestita un’esposizione di dipinti degli artisti nordici, proveniente da collezioni private; domenica 15 aprile sedute di pittura “en plein air”, con il coinvolgimento degli allievi del corso triennale di Pittura dell’Accademia di Belle Arti di Roma, sede di Velletri. Il Palazzo Ferrante costituisce un monumento architettonico di grande valore – attualmente sono in procinto lavori di restauro. Indivisibili dal Palazzo e in parte espropriati, i giardini all’italiana chiamati popolarmente per la loro bellezza “i giardini vaticani di Civita d’Antino”, presente un cippo con epigrafe sormontato da un obelisco. Annessa al palazzo la cappella gentilizia con accesso dall’epistamio, pavimento in maiolica di Vietri, quadri del Seicento napoletano, sotto l’altare custodisce le spoglie di San Lucio martire donate ai Ferrante da Papa Pio VII. Ferdinando II di Borbone ospite nel 1832 lasciò in dono una grossa catena simbolo di extraterri- torialità ancora presente davanti al portone d’ingresso. Il cimitero napoleonico è uno dei pochissimi esemplari nazionali di architettura cimiteriale, l’unico in Abruzzo, che risponde puntualmente ai rigidi canoni dell’Editto di Saint Cloud (emanato nel 1804 ed esteso ai territori italiani nel 1806); in particolare, la logica della sepoltura comune ed anonima dei defunti, senza nessuna lapide (almeno sino al 1893 per il primo sepolto straniero, l’inglese John Heugh e di sua moglie avvenuta nel 1901); è presente un piccolo hortus conclusus dedicato alla sepoltura dei non cattolici, vi sono conservate le ceneri del pittore svedese Anders Trulson(1874-1911), la struttura cimiteriale ha una pianta rettangolare e un orientamento nord-sud. Capistrello: Grande opera ingegneristica, il prosciugamento, diretta a regimentare le acque del Lago Fucino per ovviare alle periodiche esondazioni e creare nuove terre fertili. Il primo a riuscire fu l’imperatore Claudio che fece costruire un inghiottitoio per drenare le acque del lago verso il fiume Liri. Il collegamento tra il Fucino ed il Liri prevedeva: un tratto a cielo aperto, il canale collettore; un complesso di vasche e chiuse, l’incile; un tratto in galleria, l’emissario, che prendeva aria dall’esterno tramite numerosi pozzi raggiungibili da cunicoli. L’impresa durò 11 anni l’inaugurazione avvenne nel 52 d.C.; ma in età tardoimperiale, forse per la scarsa manutenzione, il canale progressivamente si interrò. Alcuni terremoti, provocando il crollo parziale del canale collettore, furono responsabili del ritorno del lago ai livelli originari: i primi due avvenuti rispettivamente nel 346 e nel 375 ed il terzo, ben più devastante e che provocò gravi danni ad Alba Fucens, nel 508 . La funzionalità del collettore scavato sotto il monte Salviano sembra cessare del tutto dopo la guerra greco-gotica (535-552) e progressiva- mente il lago torna ai livelli naturali.La perdita di ampie superci coltivabili mette necessariamente in crisi l’economia agricoladella zona, che torna ai livelli di sussistenza, come attestato dall’abbandono delle villaerustiche fucensi nel VI secolo . Il primo a tentare di recuperare l’uso dell’emissario claudiano è Federico II di Svevia, il quale nel 1240 dà pieno mandato al nuovo giustiziere d’Abruzzo Boemondo Pissone, che sembra essersi inizialmente sottratto a proseguire l’opera portata già quasi a compimento dal magistrato che lo precede, e gli ordina sostanzialmente di terminare il lavoro. È una questione di prestigio che vale ogni sforzo una questione di prestigio che vale ogni sforzoeconomico e progettuale per compiere un’operazione che doveva essere assai complicata per i mezzi e le risorse a disposizione, in un momento che vede lo Svevo impegnato nella sua lotta personale con il Papa. Nel 1243 l’imperatore risiede perNel 1243 l’imperatore risiede per un mese e mezzo nei dintorni di Avezzano,forse per presenziare alla conclusione dei restauri della galleria e dell’incile. Dopo Federico II, anche altri sovrani sono intervenuti, nel restaurodell’emissario claudiano, o almeno hanno progettato di farlo, da Alfonso I d’Aragona a Ferdinando I di Borbone , ma non sembra con maggiorfortuna dell’imperatore svevo, _no al prosciugamento definitivo del lago della seconda metà del XIX secolo ad opera di Alessandro Torlonia edei suoi ingegneri de Montricher, Bermont e Brisse (1878).Visite a cura dei Volontari FAI, degli apprendisti ciceroni del Liceo Scientifico “Vitruvio Pollione” classe IIIC -IIIE di Avezzano e dell’Asse Amici dell’emissario.