Avezzano. Don Aldo Antonelli, ex parroco di Antrosano e responsabile di Libera, rompe gli schemi e interviene in vista del ballottaggio con una sua riflessione politica. “Scrivo nel giorno del silenzio elettorale, rompendo il silenzio che mi sono imposto in segno di rispetto verso i candidati e verso gli elettori”, ha precisato, “silenzio sofferto e, comunque, di coscienza. Scrivo prima della consultazione, dei sondaggi e dello scrutinio onde evitare interpretazioni strumentali e/o di comodo. La campagna elettorale appena conclusa, letta da parte di chi, non avendo alcun interesse personale o familiare o di parte (visto che i partiti sono scomparsi), si aspettava un confronto civile su idee e programmi per la città, non è stata affatto entusiasmante. Abbiamo dovuto assistere ad una serie di attacchi personali ed offensivi, frutto di odio più che di critica.
Siamo stati spettatori di propagande pubblicitarie il cui unico intento era da una parte “piazzare” i “candidati” come “prodotto” da vendere e dall’altra “convincere” noi “elettori” a “dare il nostro voto”…: ti, noi elettori, come terra di conquista! E’ mancato ciò che per una democrazia costituisce il presupposto fondamentale, che si esplica nel duplice movimento dell’ascolto e della “comunicazione”. Sarebbe stato bello vedere in giro candidati sindaci e candidati consiglieri non a chiedere voti, in una specie di moderno, umiliante pezzentaggio ai fini di un personale predominio ; ma a porre domande, chiedere informazioni in vista di una rappresentanza alta e significante. Niente di tutto questo. Solo una fiera di vanti presunti e di promesse impossibili. In una società altamente interconnessa, nella quale i problemi sono tra loro fortemente collegati non sono possibili “isole felici”. Non è possibile risolvere a livello locale problemi, quali per esempio la disoccupazione, le cui radici affondano in ambito nazionale e internazionale. La politica locale può solo decondizionarli in parte, attutirne gli effetti sociali, ma non risolverli in toto.
Si è ripetuto, poi, quell’inversione di ruolo che fa della democrazia un semplice “contenitore”, quella per cui non è più il popolo che elegge il candidato, bensì è il candidato che si fa eleggere dal popolo; come a significare che è sempre il vertice che condiziona la base, le masse, non viceversa. Tra individualismi sfacciati per cui si chiedono, a volte si pretendono, voti “ad personam” e ragioni strumentali per le quali l’importante è “vincere”, la Democrazia è stata svuotata, restando i suoi istituti, ma con un valore puramente formale. Alla fine degli anni novanta, sui muri di San Francisco apparve una frase che trovo quanto mai attuale: “Se il voto cambiasse qualcosa, sarebbe illegale”. Non sappiamo ancora chi abbia “vinto: l’unica perdente, comunque, risulta essere la Democrazia, e noi con lei. Sia chiaro: la critica non è a questa o quella persona, a questo o quel candidato, ma al sistema in sé; alla mentalità diventata costume. Al sindaco eletto e ai consiglieri tutti, maggioranza e minoranza, vadano i miei più sinceri e “carichi” auguri!”.