Capistrello. Si è svolto sabato, nei locali del centro anziani, il convegno sulla ludopatia organizzato dall’amministrazione comunale. Alla presenza di numerosi cittadini, i relatori hanno illustrato i vari aspetti del problema. Dopo i saluti del sindaco Franco Ciciotti, che ha definito il gioco d’azzardo come “una dipendenza che distrugge la persona e la famiglia e sulla quale le istituzioni hanno il compito di mantenere alta l’attenzione”, la dottoressa Monia Giordani, assistente sociale – mediatore familiare Aims, ha relazionato sull’aspetto sociale della dipendenza da gioco.
“Il gioco d’azzardo patologico – ha esordito – è entrato prepotentemente nella nostra comunità. Alle persone che nel nostro paese vivono questo problema vogliamo far sentire che ci siamo e che si possono rivolgere al proprio medico di base ed avere da lui tutte le informazioni necessarie sull’iter da seguire”. Secondo la dottoressa Giordani il gioco d’azzardo è un fenomeno che ha rilevanza sia livello economico sia a livello sociale. Non sono solo gli uomini a giocare, ma anche le donne, soprattutto tra i 40 e i 70 anni, gli adolescenti, che spesso in mancanza di denaro si rendono anche autori di furti, e gli anziani che nel gioco sperperano tutta la pensione. La crisi economica non ha portato ad un abbassamento del numero dei giocatori, ma anzi è successo il contrario e le fasce più deboli sono quelle che giocano di più. Le cause sono da ricercare nello stress in ambito lavorativo, in periodi di difficoltà e nell’ insorgenza o aggravamento di stati d’ansia.
Il dottor Stefano Croce, biologo-ricercatore presso l’Università La Sapienza di Roma, è invece intervenuto sugli aspetti biologici della ludopatia spiegando le similitudini tra dipendenza da sostanza e dipendenza da gioco. “La dipendenza da gioco rientra tra le cosiddette dipendenze da sostanza perché genera gli stessi comportamenti. Il livello di noradrenalina in giocatori d’azzardo patologici è inferiore rispetto a quello dei giocatori occasionali e questo spinge i primi a giocare sempre di più per poter provare più eccitamento. Guarire non è affatto facile. Bisogna rendere consci del problema, far recuperare ai pazienti il controllo delle proprie azioni. Se non trattato per tempo, il gioco può avere effetti devastanti. La terapia può essere farmacologica con antidepressivi o con antagonisti dei narcotici”.
Ha chiuso gli interventi il dottor Moreno Marcucci, docente presso la facoltà di psicologia dell’Università di Chieti: “Il problema della dipendenza è che la persona non ha consapevolezza del fatto che il suo comportamento sia sbagliato. La persona tende a proiettare nel mondo altro le sue ambizioni, i suoi desideri. Il giocatore ha estremamente bisogno d’aiuto e prima si richiede una consulenza meglio è. La famiglia in questo gioca un ruolo importante. Le situazioni molto gravi vanno trattate in strutture specializzate”. Ha moderato il dottor Mauro Croce.