Avezzano. Una lunga maratona dedicata all’integrazione e alla cultura dell’accoglienza ha fatto da cornice all’incontro organizzato ieri nella palestra del Liceo Croce con il vice presidente del consiglio superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, e il capo della Polizia, Franco Gabrielli. Oltre 400 ragazzi delle scuole superiori di Avezzano hanno risposto a un questionario che permetteva loro di esprimere un giudizio sull’immigrazione e sull’integrazione nella Marsica. Ieri, invece, si sono incontrati e hanno raccontato l’accoglienza e la cultura dei vari popoli tra musica, teatro e arte. “È per noi un vanto ospitare iniziative come questa”, ha commentato la preside del Liceo Croce, Rossella Rodorigo, “i nostri ragazzi hanno lavorato attraverso dei progetti. Mi ha colpito un lavoro di un ragazzo che si concludeva “Siamo tutti dei fiori di campo e stiamo bene tutti insieme”. La scuola ha sempre puntato all’inclusione sociale ed è sempre stata aperta a tutti”.
L’appuntamento, organizzato dall’avvocato Loreto Ruscio e dal professore Vincenzo Rea con Michele Fina, marsicano ed esponente di Rifare d’Italia, ha permesso anche a tanti ragazzi di dialogare con le istituzioni e spiegare loro esigenze e problematiche della scuola di oggi. “La mattinata è iniziata con un lavoro dei ragazzi del Liceo Classico sui flussi migratori, dai nostri nonni ai giorni nostri, seguito da un sondaggio dei ragazzi in forma anonima che ha interessato 470 studenti sul tema dell’immigrazione”, ha precisato la docente del Liceo Scientifico Maria d’Agostino, “una classe ha deciso di drammatizzare il viaggio attraverso la musica e hanno recitato. I ragazzi dell’artistico hanno disegnato i volti degli immigrati”. A entrare poi nel clou del progetto è stato Fina. “Abbiamo voluto che questo evento fosse in una scuola e con una scuola”, ha affermato l’esponente del Pd, “tutto gira intorno alla conoscenza, sfida della conoscenza e voglia di conoscenza. Ci interessava tessere un filo tra i giovani e le istituzioni e attraverso questo filo ci siamo riusciti. L’idea iniziale di tutto questo è venuto da un libro che racconta dell’immigrazione di tutti gli spaccati del fenomeno migratorio partendo dai morti, dall’occupazione, dalla demografia. Poi i numeri nella scuola e della scuola perché è uno dei terreni di confronto più importante. Poi ci sono i numeri del crimine, i numeri delle carceri e poi il numero di un fenomeno terribile che è la tratta sessuale che riguarda le donne. La legge sul caporalato non colpisce solo i caporali ma anche chi sfrutta queste situazioni. Gli ultimi provvedimenti riguardano i discorsi di odio che ci sono. Basta andare sulla rete per rendersene conto delle notizie false che vengono messe in circolo”.
Ha portato la parola del Vangelo nel dibattito, ma ha anche invitato tutti a riflettere sull’accoglienza il vescovo dei Marsi, monsignor Pietro Santoro. “Un giornalista ateo raccogliendo un episodio di un paese con tensioni per la presenza degli immigrati diceva che non ci rimaneva che sperare nei preti che con la parola del Vangelo potesse redimere questi fenomeni”, ha sottolineato il vescovo, “non siamo delle anime belle ma ce le vogliamo creare. Nell’apocalisse c’è scritto: sto alla porta e busso. Ogni giorno bussano donne, uomini e bambini che bussano prima alle nostre anime e poi a quelle delle nostre parrocchie. Raffrancati da un viaggio che li ha portati stremati alle nostre porte. I ragazzi marsicani sono culturalmente favorevoli all’accoglienza. Solo l’incontro con l’altro può dissipare ogni dubbio. Solo guardare l’altro negli occhi può farci capire la bellezza e la scoperta della passione dell’uomo per l’uomo. Un quarto dei migranti che hanno richiesto asilo solo nelle strutture della chiesa come anche qui nella Marsica”. Un dettaglio tecnico della situazione in Italia è stato fornito invece dal capo della Polizia Gabrielli. “Avrete sentito l’equazione migrante terrorista o migrante criminale”, ha dichiarato Gabrielli, “io credo che sia un’equazione sbagliata. Lo dicono le statistiche, lo dovrebbe dire prima di tutto il buon senso. Il delinquere dovrebbe essere il termine di un processo che non ha funzionato e si chiama integrazione. Dobbiamo avere la consapevolezza che se queste persone non trovano adeguata accoglienza sono costretti poi a prendere altre strade. Tanto maggiore sarà la loro integrazione tanto maggiore sarà la nostra sicurezza. In multi culturalismo buonismo è l’anticamera degli sfaceli. Ci vuole un’accoglienza consapevole. Noi gestiamo le criticità nell’emergenza rispettando la legge e facendola rispettare”.
A concludere il dibattito è stato Legnini che ha voluto fare un quadro della situazione evidenziando alcuni aspetti dell’integrazione spesso non valutati. “Sarebbe da irresponsabili decidere di accogliere tutti”, ha precisato il vice presidente del Csm, “c’è un problema di sicurezza di capienza delle carceri ma dobbiamo capire che non possiamo emarginarci e distaccarci da quello che sta accadendo nel mondo. I demografi ci dicono che avremo 18 milioni di italiani in meno e per rispondere alle esigenze del lavoro abbiamo bisogno di 1.6milioni di non italiani. Questa visione che si fonda sul diritto che è universale è scolpita nella nostra carta costituzionale che obbliga le istituzioni all’accoglienza, l’articolo 10 lo dice. Quindi non dobbiamo accogliere tutti ma dobbiamo attenerci alle regole che ci dicono chi dobbiamo accogliere e in che modo. Fino a qualche anno fa gli uffici non avevano a che fare con l’immigrazione. Oggi invece sì, ogni giorno. A Prato ci sono 30mila cinesi, i magistrati mi hanno detto che hanno difficoltà a fare le traduzioni perché parlano tantissimi dialetti. Oggi hanno un compito nuovo: decidere sul riconoscimento del diritto d’asilo significa decidere sulla vita delle persone e tanti queste ci sono tanti minori. Non si tratta più solo di redimere di un reato ma decidere sulla vita delle persone, se possono rimanere o non possono rimanere. E capite quindi qual è il coinvolgimento delle persone e dei tecnici. Negli ultimi anni non siamo stati interessati da grandi sciagure, che in ogni caso ci riguardano, perchè nel nostro paese abbiamo imparato a fronteggiare le emergenze e ci siamo dotati degli strumenti per farlo”.