Avezzano. C’era un avezzanese dietro all’associazione a delinquere venuta alla luce nell’inchiesta della Procura di Roma in base a uno stralcio di Mafia Capitale. Si tratta di Giampiero De Michelis, fino a dicembre 2015 alla guida dei cantieri per la navetta. Arrestata anche la figlia Jennifer. Il Gip della capitale contesta a vario titolo i reati di associazione per delinquere, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e tentata estorsione. Ipotizzate condotte corruttive finalizzate a ottenere contratti di subappalto nell’ambito dei lavori per la realizzazione della tratta Tav “A.V./A.C Milano-Genova-Terzo Valico Ferroviario dei Giovi” (Alta Velocità Milano-Genova), del 6° Macrolotto dell’Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e della People Mover di Pisa.
«Senza la sopraffazione… quello che si può — spiegava l’imprenditore calabrese Domenico Gallo illustrando il metodo dell’avezzanese Giampiero De Michelis, considerato suo socio occulto nonché il “regista” delle operazioni. Lui mi ha detto “la Liguria non la tocchiamo perché la diamo a TecnoPiemonte, sennò facciamo la guerra”». Molto meglio la pace, grazie alla quale le aziende accettavano di rivolgersi, per i sub-appalti, alle ditte indicate dallo stesso direttore dei lavori De Michelis.
«Gli baciano le mani, perché gli risolve pure i problemi — continuava Gallo —, perché a lui lo disturbano pure quando vogliono… però dice “stavolta mi date qualche cosa!”. Così è». La contropartita per gli appaltatori erano verifiche compiacenti, che coincidevano con le loro esigenze. Come si evince, nell’interpretazione dell’accusa, da un dialogo tra Ettore Pagani, direttore del Consorzio Cociv che fa capo a Impregilo, e lo stesso De Michelis.
«Cominciamo a scardinare un po’ il discorso delle non conformità progettuali, documentali», dice il primo; e il secondo replica: «E certo… Guarda, a me… la cosa che più mi fa piacere di questa situazione è che certi vincoli sono stati un po’ abbattuti, hai capito?».
Il problema è arrivato quando proprio De Michelis ha finito per incrinare quella pace «mettendosi in proprio», lasciando fuori da alcune assegnazioni Giandomenico Monorchio, il quale da amministratore della Sintel l’aveva indicato come direttore dei lavori per alcuni grandi cantieri. «Ovviamente sai bene che Sintel non c’entra un cazzo… che il buon romano (riferito a Monorchio, annotano gli investigatori, ndr) non c’entra niente», intimava a un suo collaboratore che doveva effettuare alcuni controlli per un altro appalto. Aggiungendo: «Vedi che tu c’hai anche un’altra persona da sistemare, da mettere dentro… Jennifer». Cioè sua figlia, anche lei ora agli arresti.
Poi riprendeva il discorso sulla necessità di tagliare fuori Monorchio: «Cominciamo a fare una società… comincia ad avere un incarico qua, un incarico là… Normale, perché poi sono come le ciliegie, una tira l’altra… Un giocattolo dobbiamo fare, ora piano piano diventa più grande… prima era di plastica, mo’ diventa di lamiera… diventa una macchina… Poi diventa veramente un gioco serio… D’altronde l’aveva fatto lui, no? … Visto che lo facciamo per noi, no?… Perché deve giocare lui?».
Quando però Monorchio, messo sull’avviso da altri manager, estromette De Michelis dall’incarico sull’Alta velocità, il giocattolo si rompe, e De Michelis minaccia di rivelare qualche pericoloso retroscena all’Autorità anticorruzione: «Perché intanto il circolo vizioso si conosce benissimo, tutti quanti sanno tutto… Un salto all’Anac lo faccio». Così, nella ricostruzione degli inquirenti, il malaffare gestito in comune prima diventa strumento di ritorsione e ricatto dopo, attraverso la minaccia di rivelare all’esterno gli imbrogli del passato.
Eloquenti anche le intercettazioni dell’altra avezzanese, Jennifer De Michelis, figlia di Giampiero, che parla con il findanzato. La scarsa qualità dei materiali è evidente, in primo luogo a chi dovrebbe vigilare sulla regolarità dei lavori. Il 24 luglio 2015 la De Michelis, indagata, responsabile Qualità e Sicurezza per società Grandi Opere Italiane e figlia di quel Giampiero ritenuto dai pm cardine dell’intero sistema corruttivo, parla al telefono con il suo fidanzato Enrico Conventi, indagato, ispettore di cantiere nella costruzione dell’Alta Velocità Milano-Genova, della scarsa qualità del calcestruzzo utilizzato e cerca di convincerlo, scrive il Gip, a “falsificare gli atti del controllo per garantire mediante soluzione condivisa la tenuta del patto criminale“.
“C’è il calcestruzzo della fondazione che che non ha una barriera fisica… ma defluisce un po’ a cazzo come gli pare a lui – protesta l’ispettore con la De Michelis – allora lì è un problema ancora una volta! Se mettiamo “non conforme” il problema è che non essendo conforme va aperta una non conformità per quello. Però io ho autorizzato il getto. Quindi sono nella merda anch’io. Quindi che cazzo dobbiamo fare?”. Conventi è terrorizzato perché “la firma è mia” e la responsabile Qualità e Sicurezza gli fornisce – scrive il gip – la “soluzione documentale al fine di occultare le irregolarità commesse e certificare la regolarità della gittata”: il suggerimento è quello di metterci “una bella X sopra (…) visto che sul progetto c’è scritto ‘gettato controterra‘ (…) O cresciamo tutti e ognuno si assume le proprie responsabilità e tutti quanti troviamo una soluzione condivisa o sennò ognuno pensa al culo suo. Poi vediamo chi se la cava peggio”.