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Santa Croce: Colella al consiglio Abruzzo, obbligo licenziare il patron dell’acqua minerale

Redazione Attualità di Redazione Attualità
21 Settembre 2016
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Canistro. “Ai consiglieri regionali ho ribadito che oramai è per noi una via obbligata procedere al licenziamento dei nostri 75 dipendenti”. Così Camillo Colella, patron della Santa Croce, marchio nazionale di acqua minerale che si produce a Canistro, al termine dell’audizione da parte Conferenza dei capigruppo del consiglio regionale d’ Abruzzo. L’imprenditore molisano, accompagnato da uno dei suoi legali, Roberto Fasciani del foro di Avezzano, ha ribadito anche l’intenzione della Santa Croce di chiedere risarcimenti milionari all’ente regionale “per i danni di immagine patiti alla luce delle vessazioni subite dalla Regione che ci perseguita dopo averci negato la concessione e la proroga”. Colella ha spiegato quanto a suo avviso accaduto in una vicenda che lo ha portato ad attivare le procedure di mobilità per i 75 dipendenti che dal 23 novembre prossimo avranno per 18 mesi l’ammortizzatore sociale per poi essere licenziati. La Regione ieri ha riconfermato che emanerà il nuovo bando a stretto giro visto che ha reso noto di aver apposto i sigilli per evitare che l’azienda capti ancora, circostanza smentita dalla società per azioni. L’impegno preso dai consiglieri è stato quello di approfondire la vicenda in una nuova conferenza dei capigruppo, a cui saranno Stabilimento dell'acqua Santa Croce a Canistrochiamati a riferire le parti sociali e anche il vice presidente della Regione Giovanni Lolli, che si è fatto carico, in prima linea e in virtù della delega alle “crisi industriali”, di una vertenza che vede contrapposta la società che accusa l’ente di “manifesta ostilità”, per non aver concesso proroghe alla concessione dell’utilizzo delle sorgenti, di aver sbagliato il bando, privo della valutazione di impatto ambientale, vinto a fine 2015 dalla Santa Croce, poi annullato dal Tar dopo un ricorso del Comune di Canistro. La Santa Croce ha impugnato la sentenza del Tar, e attende ora il pronunciamento del Consiglio di Stato. “Non abbiamo espresso ai consiglieri ­ aggiunge Colella ­ la richiesta di proroghe, che finora non ci sono state concesse, oramai è tardi e neanche il nuovo bando a questo punto è per noi prioritario, la nostra intenzione è quella di chiudere l’azienda, perché a queste condizioni non è possibile per noi andare avanti”. Sull’esito dell’audizione preferisce non esprimersi il presidente del consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio. Parla il capogruppo del Movimento 5 stelle, Sara Marcozzi. “È una vicenda che merita un urgente approfondimento ­ spiega Marcozzi ­ essendoci posti di lavoro a rischio, e procedimenti giudiziari pendenti. Chiarimenti che spero ci saranno forniti nella prossima conferenza dei capigruppo dal vicepresidente Lolli e le altre pari in causa”. L’avvocato Fasciani ha ribadito, a conclusione della riunione, l’intenzione della Santa Croce di richiedere i danni. “Nello scenario in cui la sentenza del Consiglio di stato sarà per noi favorevole ­ spiega il legale ­ e la Santa Croce sarà stata intanto costretta a chiudere, sarà inevitabile per noi una causa risarcitoria. Motivata dal fatto che il bando vinto dalla Santa Croce era regolare, e la Regione nel frattempo ha indetto un nuovo bando per aggiudicare le sorgenti ad un altro soggetto. In questo caso ci sarebbe un’unica concessione assegnata a due diversi soggetti. E uno di questi, la Santa Croce, ha nel frattempo perso incassi per milioni di euro di fatturato e clientela, ha subito un danno di immagine, fino ad arrivare alla chiusura”. L’avvocato ribadisce infine senza mezzi termini che “il comportamento della Regione, lo leggiamo come animato dalla volontà di voler far chiudere lo stabilimento Santa Croce, prima di procedere a nuovo bando”.

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