Villavallelonga. Lettera aperta dell’associazione di promozione sociale di Villavallelonga sul caso della strada dei Prati d’Angro. “Esprimiamo profonda amarezza per quanto è accaduto e sta
accadendo relativamente all’asfaltatura della strada dei Prati d’Angro”, hanno scritto nella lettera i responsabili dell’associazione, “è ampliamente nota a tutti l’attività di volontariato e promozione sociale svolta da moltissimi anni e la particolare attenzione riservata alla tutela delle risorse naturali (a nostro parere l’unica ricchezza per il Paese), alla sensibilizzazione dei cittadini e alla denuncia di ogni forma di abuso commesso sul territorio. Visti gli sviluppi della vicenda, per dovere di trasparenza e di informazione, ci è sembrato giusto condividere pubblicamente alcune considerazioni e porre alcune domande su svariati aspetti che non appaiono molto
chiari. Quali sono i benefici attesi per la popolazione residente e per il territorio derivanti dalla strada? Ad oggi sono noti solo gli elevati costi sostenuti per la realizzazione dell’opera (500.000 euro reperiti a titolo di debito da rimborsare in più di 20 anni e non a titolo di finanziamenti ricevuti), costi che potrebbero, a
nostro avviso, addirittura raddoppiare o triplicare qualora venisse ordinato il ripristino della situazione
originaria, il pagamento delle spese legali e dei risarcimenti delle parti civili che si sono opposte al progetto.
Come si pensa di rimborsare tali spese?
Come può una strada che conduce ad un “santuario naturale” favorire l’occupazione e contrastare lo
spopolamento del Paese? Magari ci sono altri progetti futuri che verranno realizzati successivamente alla
strada e dei quali la popolazione non è al corrente? E quanto costeranno?
Perché spendere tutti questi soldi per asfaltare una strada che permetteva già comodamente di
raggiungere il fontanile Aceretta anche con una semplice auto utilitaria? Non si poteva sistemare la strada
esistente nei tratti maggiormente dissestati spendendo una cifra di gran lunga inferiore, anche per
impedire che le macchine deviassero sui prati? Non è stato valutato il rischio di investimento che la
maggiore velocità dei mezzi motorizzati, facilitata dall’asfaltatura, unitamente alla scarsa visibilità della
strada, potrebbe determinare?
Perché non è stata adeguatamente informata la popolazione prima della realizzazione della strada,
organizzando ad esempio un comizio in piazza (come venne fatto ad esempio nel 1994 quando l’Amministrazione Comunale di allora voleva chiudere la stessa strada con la stessa sbarra) in modo da
raccogliere le diverse opinioni dei cittadini e delle tante associazioni ambientaliste che hanno dichiarato la
loro contrarietà al progetto? Un gesto di democrazia e di coinvolgimento attivo dei cittadini e di tutti i portatori di interesse avrebbe sicuramente evitato, a nostro avviso, che la situazione degenerasse e ridimensionato l’esborso economico sostenuto. La predetta cifra non poteva essere impiegata in altri progetti di investimento, magari concentrati sul centro storico del Paese oppure scelti insieme alla popolazione in base ai bisogni e alle esigenze collettive? La messa in opera della sbarra (anzi delle sbarre) per la chiusura della strada in piazzale Madonna della Lanna (e degli accessi ai vari Valloni) era già chiaramente prevista nel primo nulla osta rilasciato dal Parco (in data 30 Gennaio 2015), allora come mai si è deciso di protestare solo adesso e a lavori iniziati? La popolazione era al corrente che la messa in opera della sbarra era già prevista all’inizio del 2015? Nel primo nulla osta era espressamente rappresentato come lo stesso “non costituisce autorizzazione alla
realizzazione delle opere, e che, per poter realizzare le stesse dovranno essere acquisite tutte le altre
autorizzazioni degli Enti competenti. Come mai è stato deciso di asfaltare anche il tratto di strada che va dal Pozzo/Val Cervara al fontanile
Aceretta quando era espressamente vietato dal secondo nulla osta rilasciato dal Parco (in data 29 Giugno
2016), quindi notificato prima dell’inizio dei lavori? Perché non sono state rispettare le prescrizioni delle
Autorità competenti e non si è cercato di evitare l’avvio del procedimento istruttorio che ha portato al
sequestro dell’area non autorizzata da parte della Magistratura?
Non si ritiene che l’asfaltatura della vecchia strada sia un’opera palesemente in contrasto con la politica di
conservazione intrapresa in primis dall’illustre Botanico Loreto Grande (e al quale precedenti
Amministrazioni Comunali hanno intitolato negli anni 80 un Giardino Botanico e da ultimo una Fondazione)
e che è solo grazie a questa storica e gratuita azione di conservazione che potremmo ricevere un futuro
riconoscimento da parte dell’Unesco? Non si pensa che quanto accaduto possa compromettere l’esito della
candidatura richiesta dal Parco per la faggeta vetusta della Val Cervara?
Non si è pensato che esistono dei vincoli ambientali sull’area interessata in quanto Sito di Interesse
Comunitario della Rete Natura 2000 e che il Parco e le altre Autorità preposte stanno semplicemente
facendo il loro lavoro tutelando interessi che non sono solo locali ma di carattere più generale?
La chiusura della strada inoltre è prevista dalla Legge Regionale 3/2014 (articolo 45) e quindi, di fatto,
stiamo spendendo 500.000 euro per asfaltare una strada che dovrà comunque restare chiusa al traffico.
Non si sta riflettendo sul danno di immagine e di reputazione causato al Paese dalle numerose foto
pubblicate sui social network, dagli articoli apparsi anche su quotidiani nazionali, dai servizi dei telegiornali
e dai tanti esposti presentati delle associazioni ambientaliste oltre che sul danno arrecato al paesaggio e
all’ambiente (l’asfalto è ricavato con il petrolio quindi non basterà semplicemente cambiare colore alla
strada per trasformarlo in materiale ecologico)?
Il nostro Paese, insieme a Gioia e Lecce dei Marsi, è stato tra i primi, nel lontano 1922, ad concedere in
affitto i propri boschi dando origine al Parco Nazionale d’Abruzzo, il più antico d’Italia. Alcuni paventano la
folle idea di uscire dal Parco, mentre i Paesi limitrofi farebbero di tutto per entrarvi per beneficiare così del
sistema di valori conosciuto a livello internazionale, dei canoni di affitto dei boschi e dei finanziamenti
europei previsti a sostegno della Rete Natura 2000. Cosa si ci aspetta dal Parco oltre alle strutture e alla
visibilità che ci ha offerto e che continua ad offrirci? Il Parco non ha certo erogato sussidi e contributi
assistenziali, costruito alberghi, ristoranti, botteghe e altre strutture negli altri Paesi. Forse bisognerebbe
impostare un clima di dialogo e di collaborazione con l’Ente nell’interesse collettivo, sfruttando al massimo
la notorietà internazionale del suo marchio, piuttosto che farvi la guerra?
Infine ci facciamo due ultime domande:
Come si può pensare che la nostra Associazione non voglia il bene del Paese semplicemente perché non è a
favore della strada?
Bisogna avere rispetto per chi ha una opinione diversa, senza aggredire e offendere, magari confrontandosi
per trovare un punto di incontro, valorizzando le differenze e non cercando di appiattire a tutti i costi i
pensieri delle singole persone o delle associazioni.
Siamo tutti sulla stessa barca, ben consapevoli che stiamo affondando!
Non dimentichiamoci però che per anni la nostra Associazione ha raccolto rifiuti di ogni genere, cancellato
scritte sulle pietre, cercato di impedire che le volpi venissero uccise, cercato di contrastare il randagismo, organizzato convegni scientifici e attività di educazione ambientale oltre ad aver ristrutturato i locali che
ospitano l’attuale Biblioteca Comunale che gestiamo dal 2010, organizzato numerosi eventi e attività a
sostegno del turismo, delle relazioni sociali, dei giovani e dei bambini, dell’arte e della cultura in generale.
Questo non significa voler bene al Paese?”.