Avezzano. Erano accusati di aver collaborato a operazioni contro il narcotraffico al limite della legalità. Ora invece il giudice del tribunale di MIlano ha stabilito che quelle operazioni sotto copertura furono portate a termine correttamente. Si tratta di cinque carabinieri del Ros, rimasti coinvolti nel caso Ganzer, ex generale dei carabinieri al comando del Ros, per presunte irregolarità in operazioni antidroga condotte negli anni ’90. I militari appartenenti al Raggruppamento operativo speciale dell’Aquila, due avezzanesi, uno teramano e a due chietini, dopo la richiesta di archiviazione del procuratore aggiunto della Repubblica di Milano Ilda Boccassini, sono stati prosciolti dal giudice del tribunale di Milano, Carlo Ottone De Marchi. Si chiude così una vicenda nata da uno stralcio del fascicolo sul generale Ganzer e che aveva gettato fango ingiustamente sull’intera Arma, ma anche sui cinque militari marsicani e abruzzesi. La decisione è arrivata in primo luogo come conseguenza di una sentenza della Cassazione che ha ridimensionato le accuse nei confronti del generale Giampaolo Ganzer, riducendo a poco più di nulla i fatti contestati dalla procura di Milano. Secondo il giudice, “non emerge nella vicenda un momento in cui vi sia stata adesione al ‘pactum sceleris’ da parte dei cinque militari del Ros, che si trovavano ad operare insieme non per scelta, ma perché erano stati assegnati dai superiori a quegli specifici reparti”. Secondo il giudice, è emersa anche “l’assenza dell’intenzione da parte dei carabinieri di mantenere un rapporto stabile con i compartecipanti nell’ambito della stessa struttura criminale, per altro inesistente”. Non emerge, infine, sempre secondo il giudice di Milano, “alcuna prova in relazione ai tempi e ai modi in cui si sarebbe delineata la loro partecipazione e i singoli ruoli, che nella sostanza sono stati sempre gli stessi derivanti dal rapporto gerarchico e del rapporto d’ufficio”. Il caso risale agli anni compresi tra il 1991 e il 1997. Secondo l’accusa, i militari del Ros avrebbero condotto operazioni sotto copertura contro il narcotraffico al limite della legalità, agendo con metodi “all’americana” e mettendo su anche una grossa raffineria di cocaina gestita a Rosciano (Pescara) dai narcos colombiani che riforniva il mercato italiano e europeo. Si sarebbero mossi sul filo di rasoio e ai limiti della legge, trasformando la caccia ai trafficanti di droga in una partita dove tutto era lecito e dove in nome del risultato si potevano importare, raffinare, vendere chili di droga, in modo da accaparrarsi il mercato sotterraneo gestito dai clan. L’accusa parlava di operazioni gestite “fuori da ogni regola”, con narcotrafficanti che riescono a “ottenere la libertà e a godersi i proventi dei loro traffici”, ma anche di agenti sotto copertura che “ordinano, vendono e raffinano” la droga pur di portare a termine l’operazione. Tutte pratiche utilizzate in passato dalla Drug enforcement administration (Dea) soprattutto in Messico e in Sudamerica (per questo i giudici parlavano di operazioni “all’americana”), ma vietate dall’ordinamento italiano. Anche perché il rischio che qualcuno potesse approfittarne era troppo alto. L’assoluzione di Ganzer e il proscioglimento dei militari del Ros dell’Aquila riabilita l’attività portata avanti dall’Arma nell’iportante operazione antidroga.