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Dal 1657 ad oggi: si rinnova la multisecolare festa di Sant’Antonio abate a Villavallelonga

Antonio Salvi di Antonio Salvi
15 Gennaio 2016
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Villavallelonga. La festa di Sant’Antonio abate costituisce in tutta la Marsica un evento unico nello scenario festivo tradizionale; in molti paesi della zona infatti, nella notte tra il 16 ed il 17 gennaio alcune famiglie, o nella maggior parte dei casi Pro Loco ed associazioni di differente natura, si adoperano a distribuire cibi e bevande in quantità, in un clima di generale euforia che assegna alla nottata invernale un’impronta del tutto particolare. Villavallelonga è uno dei centri più vivi della tradizione per diversi motivi. Il rito della Panarda, che si svolge nella notte del 16 di gennaio, è, senza ombra di dubbio, l’elemento principe della festa, il suo nucleo essenziale. La Panarda è un copioso banchetto preparato in casa di circa 90 famiglie del paese, come elemosina offerta al Santo, per onorare un voto contratto dagli antenati della famiglia dei Serafini nei confronti di Sant’Antonio in memoria di una grazia ricevuta. L’obbligo di allestire la Panarda viene tramandato di generazione in generazione ai discendenti di queste famiglie. La nottata si distingue per il clima di unione tra i partecipanti al banchetto, che attraverso il cibo rievocano la provenienza di una stessa identità. Le stradesant'antonio 2011 150 ed i vicoli del paese durante l’intera notte sono rallegrate dalla presenza di persone, specialmente giovani, provenienti anche da molti altri paesi della Marsica, allettati dalla festa e dall’ospitalità dei cittadini. Molte compagnie di questua poi, formate sia da ragazzi locali che da “forestieri”, passano da una Panarda all’altra riproponendo i canti della tradizione folkloristica legata al santo eremita. Molti sono i paesini dell’Aquilano nei quali si rinnova annualmente questo rito, ma la Panarda di Villavallelonga presenta alcuni elementi strutturali che, per quanto a prima vista, sembrino comuni a quelli dei paesi vicini, presentano delle caratteristiche singolari e dei passaggi procedurali che rendono unico il rituale tanto da essersi guadagnato l’attenzione di studiosi e antropologici nonché delle istituzioni locali per la candidatura a patrimonio immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco. Inoltre recentemente ha suscitato l’interesse di molti un riconoscimento per la Panarda di Villavallelonga che viene dall’avvincente articolo della scrittrice e giornalista di origini abruzzesi Domenica Marchetti sul quotidiano statunitense Washington Post, paper nel quale si evidenziano le peculiarità uniche di questo luculliano banchetto notturno d’ispirazione per un ristorante di Philadelphia. Un altro aspetto fondamentale della festa è la favata, ossia la distribuzione casa per casa nella mattina del 17 e nei giorni precedenti secondo un preciso criterio di suddivisione delle zone del paese, appannaggio esclusivo della famiglia Bianchi per grazia ricevuta, di una minestra di fave e della panetta (pane impastato con le uova). Alcune considerazioni merita l’alimento principale della festa di Sant’Antonio: le fave, presenti in tutte le case dei cittadini durante il periodo di festa, anche solo per addobbare i piccoli altari in onore del santo. Le fave custodiscono senza dubbio una valenza allegorica, in quanto rappresentano l’offerta alla comunità e quindi, indirettamente al Santo affinché alla modica quantità offerta possa ricambiare una copiosa quantità di raccolto. Le fave si distribuiscono nelle prime ore dell’alba in riferimento al fatto che gli uomini originariamente avevano già accudito gli animali nelle stalle ed erano tornati a casa per poi recarsi nei campi; in questo contesto la favata rappresentava proprio una sostanziosa colazione e veniva quindi attesa con ansia. La festa di Sant’Antonio abate a Villavallelonga ha subìto nel corso del tempo, analogamente a quanto è avvenuto in tutte le manifestazioni popolari, delle variazioni che si sono ripercosse sulla realtà della festa attuale, delineandone alcune peculiarità, ma la favata e la Panarda, nucleo multisecolare della tradizione secondo studi demologici che attestano abbia avuto inizio almeno dal 1657, la rendono una delle rappresentazioni più ricche da un punto di vista antropologico di tutto l’Abruzzo. Un altro elemento importante che si svolge il 17 pomeriggio è la sfilata in costume tradizionale e dei carri allegorici, evento che sancisce l’inizio del carnevale, a cui partecipano principalmente giovani e bambini. La sfilata ha come principali protagonisti Sant’Antonio, il diavolo ed il lupo, i bambini in costume che portano piccoli cesti contenenti statuine rappresentanti Sant’Antonio attorniato da animali, la pupazza, o, come viene chiamata a Villavallelonga, la Segnòra ed altre figure di carta sotto la cui pesante struttura metallica si avvicendano giovani che “la fanno ballare” a ritmo di musica, i suonatori di fisarmoniche e percussioni (anche loro ragazzi del paese), le ragazze in costume tradizionale, portanti dei cesti addobbati con prodotti alimentari dal chiaro valore propiziatorio (granturco, fave, pane) e legati alla tradizione locale della Panarda (maccheroni, panette, corone di Sant’Antonio). Con la fine del ballo della Segnòra in piazza ha inizio la distribuzione, a tardo pomeriggio, delle fave ed altri cibi a conclusione della festa.

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